Omelia (15-10-2023) |
Missionari della Via |
Commento su Matteo 22,1-14 La parabola di oggi prosegue la polemica tra Ges? e i capi religiosi. Ges? paragona il regno dei cieli a un re che invita a un banchetto di nozze con lui. Il banchetto rimanda a gioia, a bellezza; le nozze a comunione di vita. Ecco, Dio in Ges? ci chiama alla comunione con s? e in questa comunione, in questa relazione profonda d'amore, ? la nostra gioia, la vita eterna! Ma i primi invitati rifiutano: c'? chi banalizza un invito cos? bello, chi ha altre priorit?, chi se la prende con coloro che li invitano... Storicamente, simboleggia il rifiuto dei "primi" ai quali Ges? si ? rivolto, dunque al popolo di Israele, specie ai suoi capi e alle sue guide. Ma non ? forse anche la (triste) realt? di oggi? Quanti "invitati" rifiutano? Quante volte si invitano le persone a pregare, ad aprire il cuore a Ges?, a partecipare all'eucaristia, a vivere momenti di spiritualit?, di fraternit? ma la risposta ? sempre no! Hanno altre priorit?, hanno altre cose da fare "pi? importanti di Dio". Tu li inviti ad aprirsi al Signore, a sperimentarne l'amore, il perdono, ma loro rifiutano o peggio, ti scherniscono! Che fare? Quello che fa il re: non si scoraggia. Apre il suo invito tutti, senza insistere oltremodo con quelli. Oltre alla chiamata che Ges? rivolge ai peccatori (e non solo ai "giusti") e che la Chiesa rivolge a tutti i popoli, nell'esperienza quotidiana l'atteggiamento del re ci suggerisce che non serve insistere troppo, diventando pesanti e petulanti: a volte l'invito cade nel vuoto perch? non ? ancora tempo. Quando uno rifiuta c'? da continuare a pregare per quella persona, a volerle bene, "mostrando gli effetti" della comunione vissuta con Dio, parlandone solo quando serve. E nel contempo, portare ad altri il proprio annuncio, la propria testimonianza. Nel Vangelo si parla di un invito rivolto a tutti, cattivi e buoni. Cos? ? l'annuncio del Vangelo: va rivolto a tutti; cos? sono le porte della Chiesa, aperte a tutti. Poi coloro che si decidono per Ges? sono chiamati a vivere (e vanno accompagnati) nel loro cammino di conversione e maturazione. Se ? vero che l'annuncio va rivolto a tutti e che l'amore di Dio ? per tutti, ? altres? vero che tutti coloro che si decidono per Ges? sono chiamati a camminare (e ad essere accompagnati) sulla via della conversione e della maturazione personale. La fede ? chiamata ad incarnarsi, a diventare adesione concreta a Cristo e alla Chiesa. Ecco il senso dell'immagine successiva, quello dell'uomo presente alla festa ma senza abito nuziale: ?Nella tradizione biblica esso rappresenta le qualit? etiche o spirituali della persona: "la veste della salvezza e il manto della giustizia" (ls 61, 10); indica l'appartenenza alla comunit? dei salvati (Ap 3,4.5.18), il dono del battesimo, il cammino della conversione, le opere oppure semplicemente la dignit?. In questa parabola... il vestito ? il simbolo della fede perseverante e attiva che si concretizza in una prassi di amore? (don S. Grasso). Come ha ulteriormente esplicitato Benedetto XVI: ?San Gregorio magno spiega che quel commensale ha risposto all'invito di Dio a partecipare al suo banchetto, ha, in un certo modo, la fede che gli ha aperto la porta della sala, ma gli manca qualcosa di essenziale: la veste nuziale, che ? la carit?, l'amore. E san Gregorio aggiunge: "Ognuno di voi, dunque, che nella Chiesa ha fede in Dio ha gi? preso parte al banchetto di nozze, ma non pu? dire di avere la veste nuziale se non custodisce la grazia della Carit?" (Homilia 38,9: PL 76,1287). E questa veste ? intessuta simbolicamente di due legni, uno in alto e l'altro in basso: l'amore di Dio e l'amore del prossimo (cfr ibid.,10: PL 76,1288). Tutti noi siamo invitati ad essere commensali del Signore, ad entrare con la fede al suo banchetto, ma dobbiamo indossare e custodire l'abito nuziale, la carit?, vivere un profondo amore a Dio e al prossimo?. Ecco il punto: accogliere il Signore significa aprirci al suo amore, e seguirlo significa imitarlo, incarnarlo, donarlo a nostra volta! |