Omelia (15-01-2006)
padre Antonio Rungi
Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo.

"Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo". E' l'espressione che il sacerdote utilizza nella liturgia della celebrazione eucaristica prima di comunicarsi e prima di distribuire la comunione ai fedeli che si accostano alla mensa del Signore, avendo partecipato alla celebrazione della Parola e dell'Eucaristia, sui cui si struttura la Santa Messa. Un'espressione che è tratta dal Vangelo di Giovanni e che oggi noi ascoltiamo durante la liturgia della Parola della II Domenica del Tempo Ordinario dell'Anno Liturgico (Ciclo B). L'assemblea liturgica, a simile espressione di fede, risponde con un'altra dichiarazione di fede nel Signore, che si rifà al Centurione: "O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa (ovvero che tu entri nella mia casa, cioè nel mio cuore e nella mia persona), ma soltanto una parola ed io sarò salvato".
La liturgia odierna ci riporta alla Festa del Battesimo di Gesù, celebrata domenica scorsa, come per richiamarci alla vera ed essenziale missione di Cristo nel mondo, quella appunto di eliminare il male ed il peccato. E' ancora Giovanni sulla scena della professione della fede dell'atteso Messia, Figlio di Dio. "In quel tempo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele". Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio". (Gv. 1,29-34).
Gesù, Figlio di Dio, è Colui che ci salva dal peccato, è Colui che con la sua Pasqua di Morte e Risurrezione riconcilia l'umanità con Dio Padre. Comprendiamo perfettamente la porta della missione salvifica di Gesù Cristo, apertamente dichiarata dal suo precursore e cugino, Giovanni Battista. Una portata di valore inestimabile, tanto da non essere compresa, allora, in un contesto religioso e sociale molto diverso dal nostro. "Come Costui può togliere il peccato" si chiedevano i sapienti del tempo, coloro che presumevano di gestire la misericordia di Dio a loro discrezione e ad indicare la presenza di Dio nel mondo mediante categorie del tutto sociologiche e politiche. Gesù si presenta e viene presentato da coloro che l'attendono con animo diverso secondo le categorie del vero Messia, dell'Agnello pasquale, che viene immolato per celebrare il vero passaggio alla libertà. Difatti, Cristo, Agnello immolato sull'altare della Croce è Colui che una volta e per sempre ha riconciliato il mondo con Dio, dopo la disastrosa caduta delle origini. Ora, noi comprendiamo nella fede che la Chiesa ci ha trasmesso la vera missione di Cristo nel mondo. Una missione che si rinnova, perché si rinnova e si attualizza il memoriale della Pasqua di Cristo nella celebrazione del suo sacrificio, in modo incruento, con la celebrazione eucaristica, memoria della sua Passione, Morte e Risurrezione.
La comprensione della missione di Cristo se oggi teologicamente risulta più chiara, non sempre trova riposta nella testimonianza di vita di coloro che, liberamente, hanno deciso di seguirlo, ovvero dei cristiani.
"Giovanni rese testimonianza dicendo: Questi è il Figlio di Dio"(Gv.1,29-34). Sull'esempio di Giovanni anche noi siamo chiamati a rendere testimonianza con gli occhi della fede sincera ed autentica che Gesù Cristo è davvero colui che è l'unico Salvatore del Mondo, ieri, oggi e sempre. Si tratta di vedere davvero in Cristo questa sua identità e sua missione. C'è chi potrebbe vedere ancora oggi una persona buona e giusta, che ha portato al mondo un messaggio ben preciso, che forse fu rivoluzionario al suo tempo, ma non vede in lui il Figlio di Dio ed il Salvatore, colui che è venuto a liberarci dal peccato. Per cui, chi non coglie questo aspetto importante della persona e della missione di Gesù non avverte il bisogno della conversione, della riconciliazione. Forse, a stento, avverte la necessità di vivere alcune dimensioni, come quella filantropica, del suo messaggio innovativo e rivoluzionario proposto nel suo Vangelo. Ma qui c'è un appello molto più profondo da fare nostro e da rilanciare mediante profonde convinzioni religiose personali. C'è l'appello a fare di Cristo il centro della nostra vita e della vita del mondo. Perché egli è venuto proprio per salvare il mondo. Accostarsi a Cristo sotto questo aspetto significa, oggi più di ieri, comprendere la nostra pochezza e debolezza, la nostra vera condizione, che è quella di essere peccatori. Ma sappiamo quando sia scemata la coscienza del peccato in un mondo come il nostro, ove tutto è permesso e legittimato e tutti si credono santi e, per ciò stesso, non bisognosi di salvezza e redenzione. Diventa difficile mediare il vero significato della venuta di Cristo tra l'umanità in una cultura atea, materialista, secolarizzata, globalizzata, tecnologica, scientifica che colloca ogni spiegazione nell'orizzonte della concezione scientifica. Concezione che si rivela incapace di spiegare ogni cosa, perché si arresta di fronte a tanti misteri della vita, tra cui quello dello stesso morire, della cattiveria e della perversione umana, dell'ingiustizia e dell'odio, della guerra e della sopraffazione tra gli uomini. Il mistero dell'iniquità come è chiamato biblicamente il peccato va compreso e spiegato alla luce della debolezza e della fragilità umana, che è conseguente al peccato originale. Cristo è venuto proprio per liberaci da tale schiavitù primordiale, per ridare la vera libertà dei figli di Dio a noi che, mediante la fede, vogliamo camminare in santità e giustizia davanti a lui, non senza fare scelte che richiedono forti rinunce, soprattutto a quelle che nella professione della fede sono chiamate e classificate come promesse battesimali. Noi, alla luce della Parola di Dio, anche oggi vogliamo rinnovare tali promesse e renderle effettive nella nostra vita.
Una linea di condotta morale la possiamo scorgere nel testo della II Lettura odierna, tratta dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi: "Fratelli –ci ricorda l'Apostolo delle Genti- il corpo non è per l'impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impudicizia, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo". Tra i maggior peccati della nostra società c'è proprio l'offesa al proprio ed altrui corpo mediante la totale inosservanza del sesto comandamento di Dio. Su questi argomenti è opportuno interrogarci. Tutto è diventato lecito al di fuori e nel matrimonio. Non ci sono più freni morali a livello sessuale. Da qui le difficoltà che oggi si incontrano nell'assumersi l'impegno coniugale della fedeltà, della castità e della verginità per il Regno dei cieli, circa coloro che scelgono di seguire più da vicino nostro Signore. Il nostro corpo, ovvero tutta la nostra persona, è tempio dello Spirito Santo. Verso di esso è necessario avere grande rispetto. Per cui, è necessario superare la cultura edonistica e permissivista dei nostri giorni, per fare spazio alla cultura della semplicità, innocenza, purezza e bellezza interiore.
Bisogna diventare come Samuele, cioè testimoni della Parola di Dio nel nostro tempo, come ci ricorda la prima lettura di oggi, nella quale ci viene presentata la chiamata di Samuele a servizio dell'autorità. E Samuele rispondendo in pienezza alla chiamata di Dio "acquistò autorità poiché il Signore era con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole". Solo se Dio è con noi e dentro di noi che possiamo parlare agli altri con autorità, perché non sono le parole che assumono significato e acquistano potere, bensì tutta la propria vita, che ci auguriamo possa essere davvero santa. Il Papa, i Vescovi, i sacerdoti, i genitori e qualsiasi altra autorità nella Chiesa e nella società si rendono credibili non tanto per le cose che dicono, ma come vivono e testimoniano il Vangelo. Perciò, Giovanni Battista, indica in Gesù Cristo l'unico Figlio di Dio al quale credere e prestare fede. E noi vogliamo rinnovare questa fede ogni giorno, fortificandoci nel lottare contro le forze del male ed eliminando dalla nostra esistenza, per quanto ci è possibile, il peccato ed il male.