Omelia (02-11-2023) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il purgatorio ragione di vita Dopo esserci intrattenuti sul paradiso e sulla gloria degli eletti, oggi siamo invitati a considerare il purgatorio. Quanto all'inferno, sappiamo con certezza che purtroppo esiste e che non è spopolato, ma nulla sappiamo di chi vi sia precipitato. La misericordia di Dio è infatti molto superiore alle nostre congetture e alle nostre previsioni, per cui fino all'ultimo respiro di ciascun essere umano (e magari anche oltre), è sempre possibile che questi possa essersi contrito anche dai mali eventualmente più riprovevoli; come pure solo Dio conosce fino in fondo l'animo di ciascuno e il suo reale grado di responsabilità, Cosicché non è mai possibile pronunciarsi su chi possa essersi dannato in eterno. La Festa solenne vissuta ieri ci ragguaglia invece della gioia che vivono numerosi nostri fratelli che in eterno contemplano la gloria del volto di Dio (appunto il paradiso); come dicevamo, la giornata di oggi ci riferisce di quelle anime transitate in stato di grazia, ma non ancora non del tutto purificate, perché funestate dai residuati di colpa e di imperfezione. Anime che sono invitate a purgarsi prima di accedere alla suddetta salvezza eterna nella comunione con i Santi e con il Signore Risorto. Che cos'è esattamente il purgatorio? Cosa comporta per le anime che sono state chiamate a mondarsi definitivamente in questa dimensione? Di risposte a tale quesito ne sono state fornite diverse. La Bibbia ci parla indirettamente della realtà del purgatorio con attinenza a una salvezza che potrebbe avvenire "come attraverso un fuoco" in seguito a una punizione per un errore commesso (1Cor 3, 14 - 15). Oppure alla necessità oggettiva di dover pregare per i defunti in seguito a una battaglia (2Mac 12, 42 - 46); o ancora ai vari episodi nei quali Dio perdona delle colpe in seguito al pentimento, ma non esenta il reo da una penitenza da scontare, come nel caso di Uria l'Hittita o di Mosè, costretto a non entrare nella terra promessa pur ottenendo riconoscimenti. Secondo alcuni in purgatorio la sofferenza è pari a quella dell'inferno, anche se temporanea. Santa Caterina da Genova afferma invece che in questa dimensione intermedia le anime vivono uno stato di gioia e contestualmente uno di dolore; di pace e di benessere e allo stesso tempo di tormento e di disperazione; di esultanza e contemporaneamente di angoscia, come quando una mamma gioisce per la nascita di un figlio e allo stesso tempo piange per un altro figlio deceduto. A prescindere da tutte le possibili soluzioni, sono del parere che lo stato di purificazione delle anime prima dell'ingresso alla gloria dell'eternità sia un ulteriore evidenza della misericordia con cui Dio esprime il suo giudizio sulle anime, della premura e dello spasimo che ciascuno abbia l'opportunità di salvarsi anche all'ultimo momento e perfino al di fuori del suo corpo fisico. Se non esistesse un purgatorio per le anime non perfettamente purificate, probabilmente non avremmo l'opportunità di salvarci e saremmo costretti a confidare in un Dio out out, o ti salvi o ti danni. Inequivocabilmente Dio è invece Amore infinito che supera ogni limite umano e ogni umana prospettiva e al quale nulla è impossibile perché ci si salvi; Dio che tante volte e in tante maniere ha provveduto a riconciliarci con sé non poteva che predisporre uno stato privilegiato per coloro che avessero ancora necessità di purificarsi. Nel purgatorio vi è peraltro la dicotomia fra il bene e il male, della gioia e del dolore e di tutti i contrari di cui la vita è costitutiva, ma anche della provvisorietà dell'inefficienza e dell'imperfezione. Il purgatorio ci invita infatti a guardare oltre la nostra provvisorietà e a considerare i requisiti che lo spirito umano possiede da sempre per guadagnare la vita piena e l'eternità. Le anime dei nostri cari trapassati vanno quindi emendando sempre più se stesse. Ciò però non pregiudica che esse sostengano costantemente una stretta comunione con noi che siamo rimasti in questa vita terrena: pregano anch'esse per noi, presentano le nostre necessità e le nostre ansie al Dio misericordia che comunque attende con impazienza che esse lo raggiungano nella gloria definitiva. E intanto anche noi ne avvertiamo la presenza attraverso la preghiera, le opere di bene e i suffragi che a loro offriamo nell'applicazione delle Sante Messe e nell'acquisto delle indulgenze a loro vantaggio. Pregare, operare il bene, offrire suffragi e celebrazione per i nostri defunti è un espediente utilissimo a sentirli a noi vicini e a rilevarne la presenza constante in mezzo a noi; ma è soprattutto una procedura esaltante che ci si offre affinché esse possano avere alleviate le pene temporali per librarsi più speditamente verso le altitudini della gloria paradisiaca. Ogni celebrazione dell'Eucarestia applicata per un defunto, essendo Essa la ripresentazione del sacrificio di Cristo sulla croce e la presenza attiva dello stesso Signore nelle specie del pane e del vino, contribuisce ad estinguere notevolmente le pene alle anime dei nostri cari. Essa guadagna per loro gli effetti benefici dello stesso Sacrificio di Gesù, li rende partecipi dei suoi meriti e del tesoro spirituale della Chiesa e tutto questo determina per loro uno sconto notevole. Anche una sola opera buona, realizzata con amore, umiltà e trasparenza, dedicata ai nostri defunti guadagna anch'essa che i nostri cari si elevino a Dio con maggiore speditezza. In tal modo siamo certi di poter vivere nella fede, nella speranza e la carità, la gioia dell'incontro con coloro che ci hanno preceduti oltre questa vita, incrementando le nostre relazioni con loro e intensificando nello spirito la consapevolezza che essi non ci hanno abbandonati, ma continuano ad accompagnarci man mano che noi proseguiamo il nostro itinerario di perseveranza terrena. La fede e la speranza in Cristo che si trasformano in carità operosa e disinvolta sono matrice di immortalità già in questa vita, prolungano la vita nel ricordo che i fratelli avranno di noi ma soprattutto aprono le porte alla vera Vita nel destino che ci attende quando Cristo stesso, vera Vita, ci verrà incontro. Chi vive in Cristo, anche se muore fisicamente una volta sola, è destinato a vivere per sempre, secondo la sua stessa morte e risurrezione e secondo la sua promessa "Io sono la via, la verità e la vita." La comunione con i nostri defunti, sebbene ci ravvisi della certezza della morte, ci rende edotti soprattutto della vita, indicendoci a considerare che l'una e l'altra sono superate dall'amore (Oscar Wilde) che da' maggiore consistenza alla vita stessa essendo esso la caparra dell'eternità. |