Omelia (05-11-2023) |
don Alberto Brignoli |
Un grido di libert? Si sentono spesso dire, tra i cristiani, frasi del tipo: "Io non vado pi? in chiesa al mio paese perch? non sopporto il mio prete"; "Io credo in Dio e negli insegnamenti della Chiesa, ma non frequento per via degli scandali che ci sono tra il clero"; "Io vorrei poter credere nel Vangelo, ma quando vedo e ascolto tutte le norme della Chiesa, soprattutto in materia morale, perdo la fede". Se devo essere sincero e onesto, non posso che ammettere che il pi? delle volte tutto questo corrisponde a verit?. Spesso, ? vero, si tratta di scuse pure e semplici per giustificare la propria accidia in materia di fede: sarebbe come dire "Non mangio pi? frutta e verdura perch? il fruttivendolo del mio paese ? antipatico"... Ci? nulla toglie, tuttavia, al fatto che noi, ministri dell'altare, o comunque chiamati a un ruolo istituzionale nella Chiesa, abbiamo tra le mani una grossa responsabilit?, che pu? fortemente condizionare la vita di fede dei nostri cristiani. Quanto viene espresso da Ges? nel Vangelo di oggi (una delle tante invettive contro le autorit? religiose del suo tempo), possiamo sintetizzarlo attraverso due proverbi, uno appartenente alla lingua italiana ("Predicano bene e razzolano male") e l'altro pi? "nostrano", pi? "locale", che traduco cos?: "Con preti e frati, togliersi il cappello e lasciarli andare per la loro strada". Tuttavia, questo semplificherebbe e banalizzerebbe pure la portata del Vangelo di oggi. Sarebbe sufficiente, infatti, prendere in considerazione la limitatezza umana che comunque contraddistingue i membri del clero o i rappresentanti religiosi, tanto al maschile come al femminile, e attribuire i loro errati comportamenti, le loro incoerenze, le loro infedelt?, il loro pessimo carattere al fatto di essere persone umane come tutte le altre: senza, per questo, doverli giustificare, soprattutto quando commettono cose aberranti. Ma il discorso di Ges? nel Vangelo ? molto pi? profondo, perch? non riguarda solo il comportamento, bens? l'insegnamento e la dottrina delle autorit? religiose del suo tempo. Proprio all'inizio del suo discorso alla folla, Ges? afferma che scribi e farisei si sono seduti "sulla cattedra di Mos?": la "cattedra" era lo scranno principale della sinagoga, collocato frontalmente rispetto agli altri posti, che in origine era stato pensato per essere lasciato di proposito vuoto e ben adornato perch?, qualora Mos? fosse tornato, avrebbe avuto la possibilit? di sedersi al posto che gli competeva come giudice e legislatore. Con il tempo, poi, ? stato occupato da scribi e farisei nella loro funzione di insegnanti della Torah, e Ges? approfitta di questo cambiamento storico per dire come essi abbiano di fatto "usurpato" quel posto, atteggiandosi a interpretatori ufficiali della Legge, al posto di Mos?. Qual era lo scopo principale di questo atteggiamento di interpretazione esclusiva della Legge di Mos? da parte delle autorit? di quel tempo? Ges? ce lo dice in maniera chiara nella seconda parte del testo: esercitare il potere sul popolo, ergendosi a maestri, padri e guide di quelle persone che, fidandosi di loro in quanto dotti e preparati, consegnavano nelle loro mani uno dei beni pi? preziosi che il Signore ha dato agli uomini, ossia la libert? della coscienza. Avere in mano le coscienze delle persone, soprattutto di quelle meno preparate di loro culturalmente e religiosamente, significava, per scribi e farisei, avere la possibilit? di manipolare il popolo in base alle loro scelte, alla loro linea politica, ai fini che decidevano di volta in volta di perseguire. Venendo ai nostri giorni, ci verrebbe da pensare che oggi, grazie a Dio, non ? pi? cos?: un'accresciuta preparazione culturale, anche solo attraverso un grado di alfabetizzazione maggiore rispetto al passato, difficilmente porta i cristiani di qualsiasi latitudine a lasciarsi manipolare da qualsivoglia autorit? religiosa, per quanto autorevole essa sia. Eppure, episodi di tentata manipolazione delle coscienze, di plagio delle convinzioni religiose e spirituali, e soprattutto di imposizione di dottrine che vengono legate sulle spalle della gente come "fardelli pesanti e difficili da portare" (per riprendere le parole di Ges?) nella Chiesa non sono mai venuti meno, e continuano a tutt'oggi. Sarebbe sufficiente parlare di tutti quei precetti, decreti e norme espressi nella dottrina morale della Chiesa in ordine, ad esempio, alla morale matrimoniale, sessuale e affettiva, con l'esclusione dalla Comunione Eucaristica - spesso fatta in modo arbitrario, tra l'altro - delle persone separate e risposate, oppure conviventi. A parte il fatto che certe normative (cos? come altre indicazioni relative alla vita affettiva e di coppia) vengano stabilite da chi, riguardo alla vita matrimoniale o di coppia non avrebbe da dire ?sto granch?, per via della scelta di vita celibataria, ci troviamo molto spesso - e non solo in questo ambito - di fronte a norme e dottrine pesantemente collocate sulle spalle della gente, che hanno certamente un loro senso e un loro significato, ma che spesso vengono imposte senza tener conto dei drammi, delle fatiche, delle sofferenze che stanno dietro a tante situazioni, e ancor peggio senza tenere conto dell'ineludibile primato della coscienza personale. Sono passati meno di 60 anni (e nella Chiesa significa l'altro ieri) da quel 7 dicembre 1965 nel quale, a conclusione del Concilio Vaticano II - nel cui solco ci auguriamo che il Sinodo attuale continui a lavorare - la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes recitava cos?: "Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non ? lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimit? del cuore. L'uomo ha in realt? una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire ? la dignit? stessa dell'uomo, e secondo questa egli sar? giudicato. La coscienza ? il nucleo pi? segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli ? solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimit?". Il riferimento alla coscienza personale, pur non essendo infallibile, non pu? essere spazzato via senza mezzi termini da dottrine, norme e precetti che servono solo a dare sicurezza a chi, nella Chiesa, ? chiamato ad applicarli ma non a rispettarli, visto che non lo riguardano. Ma il rischio pi? grande, in tutto questo, ? quello di passare sopra alla bellezza del Vangelo, che non pu? mai essere un fardello opprimente, bens? un annuncio e un grido di libert?. |