Omelia (22-01-2006) |
Totustuus |
Commento Marco 1,14-20 NESSO TRA LE LETTURE In tutte e tre le letture, il tempo è breve e la conversione è, di conseguenza, una questione urgente. Conversione è un "deviare da" un sentiero cattivo e un "volgere la propria vita verso" il regno di Dio che è imminente. In effetti, Gesù proclama che è già presente - e così deve essere, perché dove c'è lui, lì c'è il regno - sebbene "non ancora" nella sua pienezza. L'intero modo di vivere del credente è radicalmente scosso dalla diversa visione della vita che la fede gli fornisce (seconda lettura). Il nostro rapporto con le cose e persone di questo mondo ne risulta così profondamente cambiato, che Gesù può anche rivolgere a chiunque egli voglia una perentoria chiamata a lasciare tutto, anche i legami più sacri, per seguirlo; e mentre Giona fu profeta non volontario, che si arrese solo alle insistenti e inesorabili tattiche di Dio (Gio 1-2), la presenza di Gesù ottiene una risposta immediata e spontanea (Vangelo). MESSAGGIO DOTTRINALE Noi siamo un popolo di pellegrini, essenzialmente "di passaggio"; non c'è senso nell'agire come se il resto e il meglio della nostra esistenza fosse tutto compreso nella nostra attuale dimora che non è permanente (cf. Eb 13,14). Tutte le realtà di questo mondo passano, meri accenni della pienezza di vita che deve venire. San Paolo chiarifica con degli esempi il completo cambio di atteggiamento (conversione) che deve realizzarsi: "quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero", e "quelli che comprano, come se non possedessero". Le parole dell'apostolo potrebbero sembrare in disaccordo con ciò che abitualmente sentiamo dire circa il matrimonio dalla Sacra scrittura e dalla Chiesa, ma egli sta semplicemente traendo le conseguenze di quel che Gesù disse ai Sadducei: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito" (Lc 20, 34 ss.). Per quanto sia bello il matrimonio - e, come sacramento, immagine e realizzazione dell'amore reciproco di Cristo e della Chiesa, esso è particolarmente buono agli occhi del cristiano - è solo una pallida ombra dell'amore che sarà realizzato quando questo mondo finalmente passerà di scena, ed il regno dei cieli raggiungerà il pieno compimento, e sarà accolto da tutti. A partire da Cristo, il rapporto tra i sessi non è più ridotto ad unione coniugale, ma porta anche all'incontro personale di ognuno col Signore. Non solo questo migliora l'unione matrimoniale, ma implica anche l'insegnamento che la verginità o il celibato "per il regno", ancorché incompreso dal mondo, può essere una forma ancor più grande di amore per Dio, e per i nostri fratelli e sorelle. Sebbene i primi discepoli non ne siano consapevoli in quel momento, un amore così grande è all'origine tanto della chiamata di Gesù a seguirlo, quanto dell'accettazione di questa chiamata. Gesù spiega chiaramente che l'urgenza di "pescare" per il regno esige che essi siano pronti a sacrificare casa, legami familiari, proprietà e ogni altra cosa possa impedire loro di intraprendere e continuare l'inarrestabile marcia, sulla sua via, alla ricerca di tutti coloro che egli deve radunare nella dimora della salvezza (l'ekklesia). Pietro e i suoi compagni accettano l'invito senza sapere dove questo li porterà. Quando è Cristo che fa l'invito, è l'unica cosa da fare. SUGGERIMENTI PASTORALI Il matrimonio contestato. Dire che l'importanza dell'"appagamento sessuale", all'interno o all'esterno del matrimonio, è grossolanamente sopravvalutata nella nostra società, è un eufemismo, anche abbastanza ovvio (ed è pure impreciso, dato che, di fatto, attualmente la nostra società sottostima enormemente il sesso, incapace come è di cogliere un qualunque autentico significato umano o un qualche segno di trascendenza in esso, ignorandone la ricchezza e la sacralità nello schema cristiano delle cose). E davvero molti cristiani sono contaminati dalla visione neo-pagana, dalla ricerca di "tecniche", dall'ossessione di mantenere il corpo giovane e bello... Il messaggio di san Paolo è, dunque, altrettanto opportuno oggi quanto lo era quando egli scrisse ai nuovi cristiani di Corinto, una città il cui nome era divenuto sinonimo di licenziosità. Non è vero che per molti (e per la maggior parte? - anche se lo negano!) un "matrimonio perfetto" è un qualche genere di "dovere"? Questo vale anche per quelli che sanno che il loro matrimonio è ben lungi da ciò: ecco perché ne sono profondamente frustrati. Aspettarsi che il matrimonio possa portare in dote "la perfezione" è il modo migliore di renderlo più gravoso, oltre ad essere un'ottima ricetta per preparare la propria frustrazione. Quel che le parole di san Paolo implicano è che pure nel caso di un matrimonio fallito, o anche nel caso di chi non si sposa mai, proprio come nel caso statisticamente più frequente del matrimonio lungi dall'essere perfetto, una persona può vivere una vita meravigliosa agli occhi di Dio. Ma ciò esige che si accetti questa croce come un bene. Ciò richiede che si creda in un amore più grande di qualsiasi altro sulla terra. Per la persona sposata, richiede anche che si lavori al proprio matrimonio per renderlo un veicolo d'amore quanto migliore possibile su questa terra. Ma, in effetti, ogni autentica vita cristiana richiede tutto questo. Le proprietà contestate. Il sesso non è l'unica cosa sopravvalutata all'indice della vita. Come piace dire a un mio amico che lavora con i giovani in un ricco paese occidentale, sembra che molti pensino che la vita sia un gioco con un'unica regola: "alla fine, vince chi ha più giocattoli". Dove i "giocattoli" sono tutte quelle cose che prima non esitevano, e che ora si ritiene siano elementi essenziali imprescindibili, senza i quali si è irrimediabilmente poveri. Apparentemente, né Cristo né san Paolo compresero questo. San Paolo diceva: "Va bene, forse possiedi qualcosa, ma non devi dare nessuna importanza a questo fatto". Gesù, siamo riluttanti a rammentarlo, non solo chiese ai suoi discepoli di abbandonare i mezzi con cui si guadagnavano da vivere (le loro reti), ma arrivò a dichiarare che nessuno potrà possedere la vera felicità, se non abbandonerà ogni cosa (cf. Mc 10, 21 ss.). C'è chi penserebbe che Gesù si stesse riferendo a un gioco diverso. Chiaramente, ciascuno può decidere da sé quale gioco funzioni meglio. Senza comunque dimenticare che la posta in gioco è la vera ed eterna felicità. La miglior ricetta. Certo, chiunque senta l'invito di Gesù a seguirlo e lo accolga senza perder tempo, ha trovato il miglior percorso per giungere a quella mèta. Nessuno che abbia un sano amor proprio deve mai, mai, dubitare o ritardare la propria risposta alla chiamata di Cristo, qualunque essa sia e in qualsiasi modo e in qualsiasi momento essa arrivi. |