Omelia (22-01-2006) |
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"Paziente e misericordioso è il Signore, lento all'ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature" (Sal 144,8-9). * Il messaggio della liturgia odierna è una chiamata, un pressante invito alla conversione e alla fede. Dio tramite il profeta Giona chiama gli abitanti di Ninive città pagana, a convertirsi (Ia Lettura). Gesù predica la buona novella in Galilea terra semipagana (Evangelo). Da queste due letture possiamo capire che la salvezza è per tutti; ma per accoglierla è necessario non essere attaccati alle cose caduche, perché "passa la scena di questo mondo" (IIa Lettura). * Dal libro di Giona sappiamo che quel profeta non era affatto disposto ad eseguire l'ordine del Signore che lo mandava a predicare a Ninive. Come purtroppo succede anche ai nostri giorni, nella storia del popolo eletto i profeti non erano sempre ascoltati perché il messaggio che dovevano trasmettere al popolo e ai suoi capi da parte del Signore era spesso sgradevole. Esigeva un cambiamento di vita a chi si era allontanato dal Signore. Tanto più doveva essere sembrata una cosa inverosimile a un ebreo chiamare a conversione i niniviti pagani, appartenenti all'Assiria, nazione per eccellenza nemica di Israele. Di fatto Giona escogitò il modo di sfuggire al Signore, ma ahimè! finì in mare e inghiottito da una balena. Ma Dio non si dà per vinto e chiamò il profeta per la seconda volta per indurre Ninive alla conversione. * La conversione è il ritorno a Dio, un ritorno alla propria origine, a Lui che ci ha dato l'esistenza creandoci a sua immagine. Quando l'uomo si allontana da Dio è come un torrente che si stacca dalla sua sorgente e si perde in meandri paludosi, diventando acqua stagnante e putrida, incapace di dare vita, oppure addirittura si secca. Il richiamo del Signore è sempre un richiamo d'amore perché l'uomo rivolga nuovamente a Lui lo sguardo, apra il suo cuore alla fede, ritrovi il suo baricentro, il suo equilibrio, la sua realizzazione profonda, perché le sue radici sono in Dio. La voce dei profeti era risuonata spesso per chiamare a conversione: "Torna Israele al Signore tuo Dio" (Os 14,2). "Ritornate a me con tutto il cuore... Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perché è misericordioso e benigno" (Gioele 2,12-13). "L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui, al nostro Dio che largamente perdona" (Is 55,7). "Ritornate figli traviati, io risanerò le vostre ribellioni" (Ger 3,22). "Purifica il tuo cuore dalla malvagità" (Ger 4,14). Alla predicazione di Giona gli abitanti di Ninive aprono il loro cuore, accolgono con fede la parola di salvezza. E' il cuore che ha bisogno di conversione: "Dal cuore infatti provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie" (Mt 15,19) e: "Nel cuore dell'empio parla il peccato" (Sal 35,1). Il richiamo di Dio pone sempre delle scelte decisive, perché: "La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto" (Eb 4,12-13). Queste frasi così incisive scritte dall'autore della Lettera agli Ebrei, non erano certamente conosciute dai Niniviti, vissuti secoli prima, ma di fronte alla Parola di Dio essi hanno creduto ed hanno cambiato vita. * L'ultimo dei profeti del Primo Testamento era stato arrestato e giustiziato proprio a causa della sua predicazione. Ma la Parola di Dio non è incatenata e continua il suo corso: "Dopo che Giovanni Battista fu arrestato, Gesù si recò in Galilea predicando il Vangelo di Dio". Gesù inizia a predicare proprio in Galilea. "Galilea delle genti" come dirà Matteo (4,15), perché crocevia di popoli pagani, regione lontana dal cuore di Gerusalemme. Gesù, venuto per "le pecore perdute della casa d'Israele" (Mt 15,24), fa capire che la salvezza è per tutti. Gesù inizia a chiamare quelli che sono i più lontani, come Giona che è inviato ai pagani. Gesù annunzia la Buona Novella di Dio, il suo disegno d'amore sull'umanità, nascosto da secoli, ma ora svelato nel Figlio e attraverso il Figlio, nel quale "il tempo è compiuto", la Parola eterna di Dio si è fatta carne, ha preso un volto, ha fissato la sua tenda in mezzo a noi, ha realizzato l'attesa dei profeti. Con la venuta di Gesù è compiuto il tempo dell'attesa e sono iniziati i tempi nuovi. La Buona Novella è l'Evangelo, la Persona stessa di Gesù. Il Regno di Dio è vicino, è tra noi. Non è un regno basato sulla potenza, sulla forza, sulla ricchezza, sul dominio, sulla sopraffazione, ma sulla mitezza, sulla mansuetudine, sull'umiltà, sulla povertà, sul servizio, in una parola: sull'Amore. Un regno che sconvolgerà le mire e le aspettative dei potenti di tutti i luoghi e di tutti i tempi e giungerà al cuore dei poveri, degli ultimi, dei miseri, di quelli che agli occhi del mondo non contano. * "Convertitevi" è la parola chiave della liturgia di oggi! "Convertitevi e credete all'Evangelo" A questo ci chiama la Parola di Dio. In altre parole: intraprendete un nuovo orientamento, cambiate vita, mentalità, aprite il vostro cuore, non per abbracciare una dottrina diversa, ma per aderire a una persona, per accogliere il Figlio di Dio: Gesù Cristo, per entrare nel Regno di Dio da cui nessuno è escluso. La conversione è necessaria per giungere alla fede, e per attuare tale conversione bisogna credere all'Evangelo di Dio, credere alla salvezza che Gesù è venuto a portare. Conversione e fede sono collegate: non esiste l'una senza l'altra. * Nella seconda parte dell'Evangelo ci viene presentato Gesù lungo il mare di Galilea. Egli vede dei pescatori intenti al loro mestiere. Li chiama. Essi lasciano tutto all'istante e lo seguono. Non si chiedono dove li porterà e neppure chi è colui che li chiama. Lo sguardo di Gesù, la sua persona, la sua parola dovevano esercitare un fascino straordinario e un'attrattiva irresistibile. Gesù non chiede una preparazione a chi è chiamato, ma raggiunge l'uomo là dov'è, nella quotidianità della sua vita, delle sue occupazioni. La parola di Gesù che chiama è potente ed efficace come la parola creatrice di Dio: "Egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste" (Sal 32,9). La parola di Gesù, pur essendo sulla scia dei profeti (Cfr. 1Re 19,19ss), è caratterizzata da una maggiore radicalità. E' una chiamata a vivere intimamente la sua vita, a seguire le sue orme e a condividere il suo destino, i suoi successi e i suoi fallimenti fino alla morte. E' la chiamata a vivere il mistero pasquale nella sua totalità, dalla passione alla resurrezione. Coloro che seguono Gesù lasciano beni materiali e certezze passeggere, per conseguire realtà che non vengono meno. * La IIa Lettura che richiama a non attaccarsi ai beni di questo mondo, ma a guardare alle vere realtà, va inquadrata nel suo contesto. La lettera è indirizzata agli abitanti di Corinto, famoso porto molto popolato, centro della cultura greca, crocevia delle correnti di pensiero più varie e luogo d'incontro delle religioni allora conosciute; città tristemente nota per il rilassamento dei costumi che dovette creare seri problemi all'apostolo Paolo. Infatti Paolo rivolgendosi ai Corinzi li deve rimproverare sia per l'immoralità sia per l'eccessivo ascetismo nei riguardi del matrimonio e cerca di renderli consapevoli della situazione nuova creata dalla venuta di Cristo. Non si tratta d'incrociare le braccia senza più lavorare, in attesa della fine imminente, né di usare sfrenatamente di quello che la vita offre, ma di dare alle cose e agli avvenimenti il giusto valore alla luce di Cristo. Con la venuta di Cristo, il tempo non è più soltanto un fattore cronologico, ma è tempo di salvezza, donato da Dio per la comunione con Lui. Comunione che ha inizio in questa vita terrena per essere definitiva con la morte, la quale non è che un passaggio, una conformazione alla morte di Gesù per sfociare nella resurrezione che ci associa definitivamente alla sua gloria nel seno del Padre. E' questa la nostra vera e definitiva meta, la vera realtà a cui mirare, realtà definitiva, duratura, eterna. Quella che noi ora viviamo è realtà effimera e limitata, qualcosa di non definitivo che dovremo lasciare. Per questo Paolo può dire: "Passa la scena di questo mondo". Con la venuta di Cristo la meta è conosciuta, la strada è tracciata, l'attesa è finita, la pienezza dei empi è iniziata: Gesù è il nostro compagno di viaggio per guidarci nel seno del Padre. Per questo Paolo può dire anche che il tempo si è fatto breve ed esortare a vivere in conseguenza, perché veramente "passa la scena di questo mondo" che non è soltanto il mondo materiale, la creazione come tale, ma tutto ciò che è sotto il dominio di satana, "il Dio di questo mondo" (2 Cor 4,4), il quale ha un tempo limitato come ci dice l'Apocalisse. E' questa soprattutto la scena del mondo che passa per fare spazio definitivamente al Regno di Dio che è già venuto e va verso la sua pienezza: Non si tratta di disprezzare né la creazione uscita dalle mani di Dio, né i beni di questo mondo che sono suoi doni, ma di non essere schiavi dei beni e della mentalità di questo mondo - usandone come non usandone - per mantenere la libertà del figli di Dio che sono nel mondo, ma non appartengono a questo mondo. Essi sono radicati nella certezza che Cristo con la sua morte e resurrezione ha già vinto e trionfato sul male di questo mondo e appartengono già alla schiera di coloro che seguono l'Agnello di cui parla l'Apocalisse (14,4). Salmo responsoriale * E' un inno alla misericordia di Dio, un riconoscimento del suo amore, della sua fedeltà, della sua bontà in cui sempre si può trovare rifugio, perdono, nuova forza e fiducia. Quella fiducia che non delude, perché è misericordia senza limiti. Il Signore Dio è la guida sicura e la fedeltà che non mentisce. Il salmista riconosce Dio come autore della salvezza, lo supplica perché lo guidi sulla via della verità a cui anela. Commento a cura delle Benedettine di Citerna |