Omelia (22-01-2006) |
Omelie.org (bambini) |
Convertitevi Convertitevi Domenica scorsa abbiamo visto che Dio chiama Samuele.. e anche ciascuno di noi. Dio ci chiama alla comunione con Lui. Ci chiama perché ci ama. Dio sa che la nostra felicità consiste nello stare con Lui, desiderare quello che desidera Lui. Ma desiderare quello che vuole Dio significa, prima di tutto, smettere di pensare a quello che voglio "io". "Insegnami, Signore, i tuoi sentieri; guidami nella tua verità e istruiscimi.." [salmo] Ecco cosa significa questa strana parola: "convertitevi"... "Convertitevi" significa: "cambiate il vostro modo di pensare". Gesù dice anche: "credete al vangelo" Significa: credete a me, seguite me, pensate come me, ascoltate quello che vi dico, fate come me. Chiamata...urgente La chiamata di Dio è urgente.. • «Ancora quaranta giorni» [I lettura] • «Il tempo ormai si è fatto breve» [II lettura] • «Il tempo è compiuto» [Vangelo] • ...e urgente è anche la risposta! • «Gesù disse: "Seguitemi"». E subito, lasciate le reti, lo seguirono». • «D'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che gioiscono come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero...» Non rimandare a domani la conversione (www.pensieridelgufo.it) La cosa incredibile incominciò quando Giacomo aveva sei anni. La sua mamma era morta quando lui aveva solo due anni ed era stato affidato alle cure di una bambinaia un po' distratta. Suo padre era un avvocato molto serio e importante, sempre preso da mille affari, che si occupava poco o niente del bambino. Così Giacomo aveva preso l'abitudine di girovagare nei dintorni della casa. Un giorno di novembre trotterellava per una via sconosciuta. Sulla destra la strada era fiancheggiata da un lungo muro bianchissimo. C'erano foglie di ippocastano sul marciapiede: grandi foglie gialle e verdi. Giacomo aveva una castagna in mano e la strisciava contro il muro camminando. Improvvisamente, al centro del muro, vide che c'era una porta verde, con una maniglia dorata. La porta aveva un'aria invitante. Sembrava dicesse: "Aprimi, entra!". Giacomo esitò un istante. Tirò diritto fischiettando ancora un po' fino alla fine del muro. Là in fondo la via riprendeva con negozi e case, che avevano l'aspetto normale di tutti i giorni. Travolto da un desiderio intenso, il bambino tornò indietro all'improvviso. Spalancò la porta ed entrò. Si trovò di colpo nel giardino più incantevole che avesse mai immaginato. Anche l'aria era cambiata di colpo. Non era più quella triste e pesante della città. Aleggiava in essa un profumo esaltante, che dava una sensazione di leggerezza, di felicità e di benessere. E nei colori c'era qualcosa di magico che li rendeva incredibilmente vivi, perfetti, luminosi. Giacomo sentiva di respirare felicità. Vide due pantere enormi dal manto di velluto. Non provò paura. I due animali giocavano a palla in mezzo a un viale tutto bordato di fiori. Una di esse gli venne vicino e si lasciò accarezzare dalla manina di Giacomo, facendo le fusa come un grosso morbido gattone. Il bambino era affascinato dalle meraviglie che vedeva. Quello era un altro mondo o forse, era un modo diverso di vedere e di vivere nel mondo. Gesù, con un sorriso dolcissimo, comparve sul viale e gli venne incontro. Lo baciò e lo prese tra le braccia con tenerezza infinita. Giacomo non si era mai sentito così bene. Gesù lo prese per mano e lo portò a visitare il giardino. Gli fece visitare un palazzo stupendo, pieno di belle fontane, di cose splendide, di tutto ciò che si può desiderare e sognare. Giacomo trovò anche dei meravigliosi compagni di giochi, che gli volevano bene. Poi, Gesù mostrò a Giacomo un grande libro. Lo prese a sfogliare, indicando al bambino le pagine. Sbalordito, Giacomo vide nel libro la sua storia: tutto ciò che gli era successo da quando era nato. Finché si trovò sotto gli occhi se stesso esitante davanti alla porta verde nel lungo muro bianco. Giacomo fece per voltare pagina, ma Gesù glielo impedì. Giacomo ebbe paura di non avere più il controllo della sua vita. E scelse di uscire dal giardino mentre sentiva affievolirsi le voci dei compagni di gioco che gridavano: "Torna da noi! Giacomo vieni con noi!", e si ritrovò nella lunga strada grigia, nell'ora fredda del pomeriggio, prima che si accendessero i lampioni. Nel muro, malinconico e screpolato, non c'era più nessuna porta. Il bambino tornò a casa. Raccontò alla mamma e al papà quello che gli era successo, ma fu punito... Perché, dicevano, non doveva raccontare bugie. Giacomo mormorava la sua storia solo al cuscino. E ogni sera, dopo le preghiere ufficiali, aggiungeva sempre un'accorata preghiera personale: "Mio Dio, ti prego, fammi sognare quel giardino! Riportami al mio giardino! La prossima volta entrerò!". Dieci anni dopo, Giacomo era diventato uno studente modello, diligente e impegnato. Una mattina, mentre si affrettava verso la scuola, si trovò davanti all'improvviso il lungo muro bianco e la porta verde che dava sul giardino incantato. L'aveva tanto cercata... Ma non pensò neppure per un istante ad entrare. Era preoccupato solo di non arrivare a scuola in ritardo. "Tornerò nel pomeriggio", pensò. Ma aveva già molti impegni scolastici nel pomeriggio e così rimandò la visita al giardino dei sogni. Tornò il giorno dopo, ma non trovò più neanche il muro bianco. Chiese informazioni a qualche passante, ma nessuno aveva mai sentito parlare di un muro bianco e di una porta verde, da quelle parti. Non rivide più la porta verde fino a 22 anni. Proprio il giorno in cui doveva sostenere l'esame più importante dell'Università. Guidava la sua piccola automobile con molto nervosismo, sbirciando spesso l'orologio. Ad un certo punto, dopo aver svoltato un angolo, se la trovò improvvisamente davanti. La porta verde, con la sua dolce sensazione di qualcosa di indimenticabile e ancora raggiungibile. Giacomo arrestò l'auto, combattuto tra due opposte volontà: entrare nel giardino o affrettarsi per dare il suo esame. Tentennò un attimo, poi scrollò le spalle e ripartì verso l'Università. Si laureò e cominciò una brillante carriera di avvocato. "Quei cari amici e quella luminosa atmosfera", raccontò in seguito Giacomo, "mi sembravano molto belli, molto dolci, ma lontani. Il mio interesse si stava concentrando sul mondo. Ne vedevo un'altra, di porta aperta... La porta della mia carriera!". Giacomo rivide altre tre volte la porta verde e il muro bianco. La prima volta stava correndo all'appuntamento con la ragazza che sarebbe diventata sua moglie. Quella sera non poteva certo pensare a due pantere... La seconda volta, dopo altri anni ancora, la porta gli si presentò livida sotto la luce dei fari dell'automobile. Giacomo sentì come un dolore acuto al petto. Era come se il mondo avesse improvvisamente perso ogni attrattiva. Desiderava più che mai rivedere il giardino della felicità. Ma proprio quella sera aveva un incontro importantissimo con un noto personaggio politico che gli aveva promesso un posto sicuro nel suo partito. E non si fermò. La terza volta (era ormai diventato un famoso deputato), Giacomo vide la porta con la coda dell'occhio. Stava passeggiando con il ministro di un paese estero. "Abbiamo superato la porta continuando a chiacchierare. lo l'ho quasi sfiorata la porta. Era a meno di mezzo metro di distanza!", ricordava Giacomo. "Non potevo certo sparire in quel momento. Mi avrebbero preso per matto. E poi figuratevi i giornali!". Passarono altri anni. La nostalgia del giardino incantato si faceva sempre più forte. Giacomo rimpiangeva le volte che non aveva avuto il coraggio di fermarsi ed entrare nella porta verde. "La prossima volta entrerò di sicuro... La prossiva volta, qualunque cosa accada, mi fermerò..." continuava a ripetere. Voleva a tutti i costi risentire l'aria pura, la dolcezza, la tenerezza del giardino e dei suoi abitanti. Girava e rigirava per la città. Ogni volta che intravvedeva un muro bianco, il suo cuore raddoppiava i battiti. Ormai viveva soltanto per ritrovare quella porta verde. Ma non la ritrovò mai più. Giacomo, il protagonista del racconto, aveva scoperto la porta della felicità. Ebbe diverse occasioni di ritrovarla in seguito. Ma non l'aprì più. Soprattutto perché gli si aprivano davanti altre porte: quella della carriera, quella del successo, quella dell'amore. Ogni volta, queste porte gli parevano più importanti della "porta verde", che pure lo aveva portato nel giardino della felicità totale. Solo alla fine si accorse che erano in gran parte illusorie, che la vera felicità era quella della porta verde. Ma era troppo tardi. Aveva bruciato tutte le sue possibilità. Avrebbe dovuto decidersi prima. Qualcosa di simile avviene per la scelta cristiana. Troppo spesso la decisione di essere cristiani finisce sepolta sotto il peso delle preoccupazioni e delle ambizioni quotidiane. Viene rimandata e trascurata, quasi fosse una scelta secondaria, inutile. Eppure è la decisione più importante: l'unica che può dare senso e completezza alla persona umana. Ma è una decisione che deve essere presa o gli affanni quotidiani la faranno passare in secondo ordine... Non ho tempo (www.pensieridelgufo.it) Sono uscito, o Signore. Fuori la gente usciva. Andavano, venivano, camminavano, correvano. Correvano i motorini. Correvano le macchine. Correvano i camion. Correva la strada. Correva la città. Correvano tutti. Correvano per non perdere tempo. Correvano dietro al tempo, per guadagnar tempo. Arrivederci, signore, scusi, non ho tempo. Ripasserò, non posso attendere, non ho tempo. Termino questa lettera, perché non ho tempo. Avrei voluto aiutarla, ma non ho tempo. Non posso accettare.. per mancanza di tempo. Vorrei pregare, ma non ho il tempo. Il bambino, gioca, non ha tempo subito... più tardi... Lo scolaro, deve fare i compiti, non ha tempo subito... più tardi... L'universitario, ha i suoi corsi e tanto lavoro, non ha tempo subito...più tardi... Il giovane, fa dello sport, non ha tempo subito... più tardi... Il padre di famiglia, ha i bambini, non ha tempo subito... più tardi... I nonni, hanno i nipotini, non hanno tempo subito... più tardi... Sono malati! Hanno le loro cure, non hanno tempo adesso... più tardi... Sono moribondi, non hanno... Troppo tardi!... non hanno più tempo! Così gli uomini corrono tutti dietro al tempo, o Signore. Passano sulla terra correndo, frettolosi, precipitosi. E non arrivano mai a tutto, perché manca loro tempo. Signore, sembra che Tu abbia fatto un errore di calcolo. Le ore sono troppo brevi! I giorni sono troppo brevi! Le vite sono troppo brevi! Ma Tu sai quello che fai. Tu non ti sbagli quando distribuisci il tempo agli uomini. Tu doni a ciascuno il tempo di fare quello che tu vuoi che egli faccia. Ma non bisogna perdere tempo, sprecare tempo, ammazzare il tempo. Perché il tempo è un regalo che tu ci fai, ma un regalo che non si conserva. Signore, io ho tempo. Tutto il tempo che tu mi dai. Gli anni della mia vita. Le giornate dei miei anni. Le ore delle mie giornate. Sono tutti miei. A me spetta riempirli, serenamente, con calma, Ma riempirli tutti, fino all'orlo, Per offrirteli, in modo che della loro acqua insipida Tu faccia un vino generoso, come facesti un tempo a Cana per le nozze umane. Non Ti chiedo questa sera, o Signore, il tempo di fare questo e poi ancora quello che io voglio, ti chiedo la grazia di fare coscienziosamente, nel tempo che tu mi dai, quello che tu vuoi ch'io faccia. In questo sta la felicità. E' l'invito di Gesù ai suoi discepoli. "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta invece è la porta ed angusta la via che conduce alla vita e quanto pochi sono quelli che la trovano!" (Vangelo di Matteo 7,13-14). |