Omelia (05-02-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Malattia, croce, e Regno di Dio Nonostante le innumerevoli conquiste della scienza in campo sanitario, la malattia costituisce ancora oggi una piaga nelle dimensioni del vissuto sociale, specialmente quando presenzia nei vari casi di infermità grave e disperata. Vi sono situazioni di malessere fisico molte volte davvero insostenibili, che comportano l'accettazione di mali atroci e dolori continui contro i quali qualsiasi provvedimento è risultato vano o si è costretti all'immobilità degli arti e di altre parti del corpo che non di rado raggiunge le piaghe; altri malesseri finora sconosciuti, che colpiscono soprattutto i bambini, sono subentrati nel corso di questi ultimi anni, forse (chissà) in conseguenza di fenomeni di portata mondiale quali l'inquinamento ambientale della famosa nube tossica di Cernobyl o altre trasformazioni atmosferiche che hanno inciso sullo sviluppo della costituzione umana, che tuttavia comportano situazioni di paralisi e di deformazione fisica e mentale, che non di rado conducono alla morte. E vi sono circostanze nelle quali viene messo alla prova non soltanto il malato nella sua condizione di precarità e di sofferenza fisica, ma anche chi gli sta accanto prodigandosi continuamente per la sua assistenza e per la sua cura non di rado affrontando le continue sfide della burocrazia, non sempre prontamente sollecita nei confronti di chi soffre. Come non considerare tutti quei disabili e i portatori di handicap o gli infortunati sul lavoro e gli affetti da distrofia muscolare che necessitano di assistenza continua da parte dei familiari, nonché di farmaci urgenti e tuttavia proibitivi nei prezzi, che la cassa mutua a cessato di dispensare? Come non considerare la difficoltà economica in cui versano tante famiglie costrette al ripetuto pagamento di ticket mostruosi e di spese mediche nella circostanza di gravi infermità? Senza considerare il fatto che parecchie persone non hanno l'opportunità di concedersi uno svago, una passeggiata, una serata di divertimento, perché costrette a casa dalla continua necessità di prestare assistenza alla mamma o la nonna ammalata e non deambulante. Un caso a parte costituiscono poi le infermità mentali di parecchia gente che vede messi alla prova i parenti, gli amici e i vicini di casa, votati molto spesso a subire violenze e ad esercitare oltremisura la pazienza e l'immolazione sacrificata.... Anche se non si nega che l'aids è un morbo colossale da affrontarsi urgentemente, non si può non considerare come esso in fin dei conti sia facile ad evitarsi come non lo sono invece parecchie malattie per le quali non si muore, ma senza opportuni provvedimenti di assistenza non si può vivere. La malattia interpella però anche la fede. In ciascuna delle sue manifestazioni, essa infatti ci rapporta al mistero di Dio, invitandoci ad individuare il senso della sua esistenza, nonché la motivazione fondamentale per cui essa è permessa da Chi potrebbe debellare ogni sorta di sofferenze. Perché Dio permette il dolore? Noi possiamo rispondere attingendo al libro di Dostoijesvsky (I fratelli Karamazov) nel quale il giovane seminarista soddisfa il fratello ateo in questa domanda: "Tutto il male e tutta la sofferenza del mondo Dio le fa' proprie, avendo egli stesso patito il dolore del supplizio della croce": noi confidiamo in un Dio onnipotente, certo, ma che intanto vuole soffrire accanto all'uomo nelle varie forme di dolore e di abbandono ponendosi dalla sua parte per impartire coraggio. Nella pagina evangelica di oggi si riscontra un Gesù continuamente attanagliato dalla folla che gli fa' ressa da tutte le parti mentre si trova a casa della suocera di Pietro, appena guarita da un malore gravissimo: chi gli chiede di essere guarito da un morbo, chi da una malattia, chi da un'infezione... Addirittura un'intera città si descrive abbarbicata davanti alla porta di quella casa. E Gesù non lesina a guarire tutti, evidentemente sacrificando la propria tranquillità personale e rinunciando (come si dice in altri brani) perfino a mangiare; fenomeno che in questi giorni si ripete ancora, visto il ricorso ai Santuari mariani e soprattutto ai carismatici guaritori (a volte solo presunti) che si verifica a furor di popolo nel nostro mondo cristiano tutte le volte che la medicina è stata incapace di risolvere il problema, tuttavia occorre considerare che l'obiettivo primario di Gesù non è forse l'eliminazione della malattia in quanto tale, ma quello dell'inculcare fiducia e coraggio quando questa debba presenziare nelle su varie articolazioni, fortificare lo spirito nella sua sopportazione, assistere chi soffre nella sua lotta e negli spasimi. In una parola, attribuire il senso del dolore nella configurazione al suo patimento sulla croce comunque destinata a diventare resurrezione. Per dirla con Schweizer, "Il mistero di Gesù diverrà veramente palese soltanto soltanto sulla croce e solo chi lo segue sulla via della croce può veramente comprenderlo." Ed è principalmente questo che dovrebbe motivare la nostra fiducia al presenziare della malattia: che in questi casi non si è mai soli nonostante la parvenza di abbandono, perché si è assistiti e incoraggiati da un Dio ancora capace di far proprie tutte le nostre sofferenze e nella misura in cui ci si offre a Lui nella fede coltivando la speranza tanto più la malattia si rivelerà tollerabile. Gesù tuttavia non omette di guarire gli ammalati, non di rado intervenendo anche nei processi soprannaturali; ma prende sempre le distanze dall'essere considerato un medico eccezionale o un taumaturgo: in ogni guarigione manifesta se stesso come Dio Salvatore che accompagna l'uomo anche prescindendo dalle malattie aspettando il fiducioso assenso di fede da parte sua. Consideriamo poi un altro particolare: in questo brano evangelico accanto alle guarigioni vengono citati gli esorcismi, ossia quei provvedimenti imperativi con cui Gesù toglie spazio all'azione dei demoni affermando la propria autonomia. Ciò vuol dire che nell'azione di Gesù, operata con autorità ferma e convinta, il sistema delle tenebre è definitivamente sconfitto: Gesù ha la meglio sul principe di questo mondo perché instauratore della dimensione nuova del Regno di Dio, una nuova dimensione vitale che costituisce la novità di salvezza indirizzata a tutti gli uomini e che appunto si instaura nello stesso Signore Gesù Figlio di Dio E anche suppone una logica di rinnovamento che possa partire dal cuore dell'uomo soprattutto attraverso la rimozione di quanto è alla radice di tutti i mali, ossia il peccato; se anticamente si consideravano le infermità fisiche come conseguenza di una colpa propria o dei propri antenati, oggi fortunatamente tale convinzione ha cessato di sussistere, ma rimane pur fermo che il peccato è all'origine di ogni malessere e costituisce la radicale infermità dell'uomo. Se il Regno di Dio è apportatore di vittoria su questo male, come l'uomo potrà ancora ostinarsi nella sua pratica? |