Omelia (29-01-2006) |
Suor Giuseppina Pisano o.p. |
Commento a Mc 1, 21-28 "...io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò In bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto lo gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto..." ( Dt. 18,17-19 ); sono, queste, le parole che Mosé, da parte di Dio, riferisce al popolo, e che la liturgia eucaristica ci fa rileggere in questa domenica, quasi a creare un parallelo tra l'antico Patriarca, e Cristo, del quale egli è prefigurazione. Anche il Vangelo parla di una parola " autorevole", di una predicazione che stupisce, tanto che, la fama di Gesù "si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea. " Se l'antico popolo dell'Alleanza, non comprendendo l'amore col quale Dio lo aveva scelto e condotto alla libertà, ne avvertiva la presenza con paura, tanto da chiedere un intermediario, come Mosè, con Gesù, questa paura non ha più ragion d'essere; perché, nel Figlio, unico, vero mediatore, ogni uomo può sentirsi figlio, ed avvertire la dolcezza dell'amore del Padre. E' questa la novità portata da Cristo, rivelata nella sua predicazione e nelle opere che la suggellano, ed è anche il messaggio che oggi, Marco col suo Vangelo, ci dà. Siamo a Cafarnao, agli inizi del ministero pubblico, e Gesù entra nella sinagoga per commentare le scritture; l'episodio è narrato, con maggiori particolari, anche da Luca ( 4,31-32 ), mentre il racconto che Marco fa è semplice, lineare, sintetico, così come è tutto il suo Vangelo, dal quale deve emergere, con una luce crescente, il volto del Figlio di Dio, che egli delinea lentamente. Se Luca riporta il testo di Isaia, che Gesù lesse in quella circostanza, concludendo con quelle parole sconcertanti: «Oggi si è adempiuta questa scrittura per voi che mi ascoltate», parole che sono una autorivelazione, Marco, lascia che sia l'uditorio a cogliere, la forza straordinaria presente nelle sue parole, forza che non aveva l'insegnamento degli altri rabbini o scribi: "... insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi" Incomincia, così, a delinearsi la fede in quest'uomo, che è il Figlio di Dio, ancora non pienamente rivelato: in questa circostanza, di Lui, parla proprio Satana: " Gesù Nazareno.. Io so chi tu sei il santo di Dio "; tuttavia, a parte questo episodio, la sua rivelazione non è folgorante, ma è un lento, graduale, condurre gli uomini alla Verità, che sarà piena solo alla fine, con la sua morte e resurrezione e con l'effusione dello Spirito. Tuttavia, sempre, la parola di Dio, è, feconda, vivificante e trasformante: essa libera e salva. Oggi noi lo affermiamo con fede certa, dopo secoli di vita e di storia cristiana, in quel lontano tempo, i presenti, potevano solo, intuire, avvertire che quell'uomo, non era uno scriba qualunque, né un rabbi come gli altri, e restavano " presi" dai suoi discorsi, dalla forza che essi contenevano. Nella stessa sinagoga, mentre Gesù predicava, ci fu un fatto insolito, ed è il primo miracolo che Marco racconta di lui. "..un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare. "«Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio» Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo» E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore...." Un fatto evidentemente straordinario, quasi l'eco di quelle parole altrettanto fuori dal comune; tuttavia, il senso di questo e degli altri miracoli compiuti da Gesù, non è di suscitare meraviglia: Cristo non è un taumaturgo né una persona da gesti spettacolari, egli è il Figlio di Dio che salva, perciò, anche il miracolo è in ordine alla salvezza. Il miracolo è come il sigillo del Padre nell'operato del Figlio Redentore; sigillo che è espressione dell'amore, che lega il Padre al Figlio e, in Lui, a tutti gli uomini, che da questo stesso amore sono redenti. Ed ecco che alle parole di Gesù, il demone, o diavolo, pur straziandolo, esce dall'uomo di cui aveva il possesso. Il "diavolo " l'antico nemico, è colui che genera e pone divisione, la terribile divisione tra l'uomo e Dio, come è nella storia delle origini; Cristo liberando quest'uomo, simbolo di ogni altro uomo, schiavo del peccato, si rivela ai presenti e a tutti gli uomini come il Salvatore, Colui che, solo, può liberare l'uomo dal male. Gli astanti non capiscono a pieno, non possono ancora capire tutta la portata di questo evento, ma avvertono la sua grandezza e si interrogano su questo nuovo Profeta: " «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!»." Si, anche gli " spiriti immondi" obbediscono alla Parola del Cristo: si allontanano per lasciare che sorga un nuovo " Regno " e, in esso, un'umanità nuova, liberata e rigenerata dalla parola e dal sacrificio del Figlio di Dio, morto per noi, e, per noi risorto, per ricondurci al Padre. Il miracolo, segno forte dell'amore che salva, è una sollecitazione a vivere il desiderio della comunione con Dio, dalla quale poi ogni altra comunione, sul piano delle relazioni umane, discende; ed è l'esortazione che troviamo nelle parole di Paolo, contenute nella seconda lettura di questa domenica:, che è quella di restare " uniti al Signore senza distrazioni! " (2 Cor 7, 32 35 ) "Fa' che ascoltiamo, Signore, la tua voce", recita il ritornello del salmo responsoriale, un' invocazione che deve accompagnare la vita di ogni battezzato, che con Cristo ripete "non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio " sr Mariarita Pisano o.p. Monastero Domenicano SS.mo Rosario Marino Laziale RM |