Omelia (25-12-2023) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di don Paolo Ricciardi Come sole che sorge dall'alto il Salvatore è venuto a visitarci. Nella santa notte appena trascorsa, quando ancora le tenebre ricoprivano la terra, Egli è nato per noi. E noi, come i pastori, abbiamo voluto incamminarci verso Betlemme, la città di Davide, per scoprire l'evento annunciato dal canto degli angeli. Entrati nella grotta, siamo rimasti stupiti della scena che si è presentata ai nostri occhi. Ora, nella Messa del giorno, siamo di nuovo qui, per ripetere la lieta notizia: "Regna il tuo Dio"! Oggi, sulle nostre città, come già un tempo sui monti umiliati della Giudea, risuona finalmente un annuncio di gioia. Un messaggero - come abbiamo letto nel libro di Isaia - viene da lontano, da Babilonia, per annunciare il ritorno dall'esilio. Erano partiti cinquant'anni prima nel pianto e nell'angoscia, adesso tornano nella gioia. Ecco perché colui che annuncia viene chiamato "evangelizzatore" e il suo messaggio è racchiuso in tre brevi parole: pace, bene, salvezza. Più precisamente il lieto annunzio, cioè il "vangelo", si riassume in questa semplicissima espressione rivolta a Sion: "Regna il tuo Dio". Queste parole sono di un'attualità enorme, in questo tempo in cui anche nella Terra Santa, come in tante altre parti del mondo, c'è guerra e la pace sembra sempre così lontana. Eppure Dio regna: dove? Dio esercita una sovranità di salvezza: dove? Ecco il messaggio del Natale, contenuto nel prologo del Vangelo di Giovanni: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità". Si parla dunque di una "carne", l'umanità reale di Gesù di Nazaret, con tutte le sue concrete determinazioni. Questa carne è identica alla nostra, limitata da spazio e tempo. Eppure è anche presenza del Verbo di Dio, rivelazione della gloria di Dio. È una umanità concreta, che si muove non secondo i condizionamenti del mondo ma secondo la volontà di Dio. Per questo possiamo dire che in essa si compie il "regno di Dio" tra gli uomini. Nella mia carne regna il mio Dio. Nella persona di Gesù c'è dunque qualcosa di nuovo: in lui tutte le parole dei profeti diventano l'unica definitiva Parola; in lui tutta la legge di Mosè diventa la definitiva verità di Dio, la rivelazione del suo amore. Questo è il senso dell'incarnazione. Avevamo bisogno che Dio venisse a regnare in mezzo a noi per poter sperare in un mondo nuovo. In Gesù di Nazaret, abbiamo visto che cosa genera il regno di Dio quando il Verbo si fa carne. In lui intravediamo il volto misterioso di Dio e, nello stesso tempo, riconosciamo il volto perfetto dell'uomo. L'uomo infatti era stato voluto "immagine" di Dio ma si era sfigurato in Adamo con il peccato e con la morte. Era restato privo della sua gloria, privo dunque della sua somiglianza. Dove trovare allora un uomo autentico, che riflettesse davvero la bellezza di Dio, la sua sapienza e il suo amore? La risposta cristiana è l'Incarnazione: Cristo, assumendo la carne dell'uomo, e quindi l'immagine di Dio, con la risurrezione ha restaurato quella somiglianza propria della natura umana. In lui riconosciamo la nostra misteriosa ma stupenda identità di uomini creati da Dio per la sua gloria. In Gesù, la bellezza di Dio si riflette di nuovo nell'uomo. La festa del Natale però è l'annuncio non solo del Verbo fatto carne, ma della carne che riceve il dono di diventare come Dio. Nella carne di Cristo, diventata rivelatrice di Dio, viene anticipata la nostra vocazione: "a quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". Notate bene: non il potere di essere ma di diventare, come se ''figli di Dio" indicasse non un'identità statica ma un processo dinamico, che si apre ad una crescita progressiva e senza fine. L'uomo nasce da sangue, da volere di carne, da volere di uomo. In lui c'è la radice del peccato: egoismo, avidità, orgoglio, "retaggio" comune degli uomini, proprio a causa della loro origine "mondana". Ma ora, in Cristo, viene offerta all'uomo la possibilità di una nuova origine, non dal mondo, ma da Dio. E se l'esistenza dal mondo si definisce come difesa o affermazione di se stessi, l'esistenza da Dio si definisce come fede e amore, come libertà e dono. Davanti a questo messaggio di salvezza rimane solo la tristezza per la risposta incerta od ostile dell'uomo: "egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto". Paradosso misterioso e tragico, che nel contesto del progetto di Dio fa risaltare ancor più la potenza vittoriosa della sua grazia. Sì perché, nonostante tutto, "Dio ha tanto amato il mondo - (questo mondo ostile e ribelle!) - da dare il suo Figlio unigenito". E se anche la luce è costretta a confrontarsi con la forza negativa delle tenebre, le tenebre non sono riuscite a vincerla. Davvero "la luce splende nelle tenebre". Il Natale è infatti un piccolo riflesso di quella luce nella quale ognuno di noi può scoprire la presenza di Dio e scorgere la strada che deve percorrere per arrivare al suo Regno. Irradiati dal nuovo fulgore apparso nel cielo della nostra anima, cerchiamo allora di essere anche noi luce nel Signore, di camminare nella luce e di "comportarci perciò come i figli della luce" (Ef 5,8). |