Omelia (25-12-2023)
padre Gian Franco Scarpitta
Tutti a festa per un Dio Bambino

Stamattina ci si risveglia un po' tardi e con un'aria particolarmente festosa, forse anche dimentichi dei vari problemi da cui solitamente siamo tartassati. Le chiese pullulano di fedeli come mai nel resto dell'anno e ci si scambia tutti gli auguri dandosi appuntamento per la consumazione del pranzo insieme. Aleggia nell'aria un senso di soddisfazione, di serenità, di particolare trasporto che comunque e in un certo qual modo supera le nostre barriere e ci rende uniti.
Che ci si creda o no, questa festosità che ci conquista fin dentro dell'anima, non è data solamente a una giornata diversa dalle altre che possiamo concederci sospendendo le nostre attività e il nostro lavoro. E neppure si giustifica con la consuetudine vacua dello scambio reciproco dei regali o con la prassi del poker o di altri giochi dalla posta molto alta.
Si tratta piuttosto di un senso di armonia e di letizia che solo un Evento può giustificare, un avvenimento unico che ha contrassegnato la storia realizzatosi oltre due millenni or sono e il cui riverbero si protrae fino ad oggi. Non se ne vive solo la commemorazione di ricorrenza, ma la ripresentazione. Dio, che sappiamo essere Uno solo ma in Tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo, si è fatto uomo. La seconda Persona, che esisteva fin dall'eternità e per mezzo della quale Dio Padre aveva creato il mondo, chiamata anche Verbo o Parola, ha deciso di incarnarsi. La divinità ha assunto l'umanità non tuttavia in modo da smentirsi o da sottomettersi ma in modo da armonizzare l'una con l'altra. In altre parole, Dio si è fatto uomo senza cessare di essere Dio. Ha scelto di vivere sottomesso allo scorrere del tempo e della storia; ha accettato di asservirsi alle leggi terrene e alle umane disposizioni, lui che sarebbe il fautore di ogni legge e di ogni imposizione. Ha assunto anche un nome: Gesù Cristo, dal significato eloquente: Il Salvatore Unto (=Messia) da Dio. E tutto questo non è avvenuto nella forma dirompente o impetuosa tipico di chi vuole irrompere e imporsi improvvisamente nella nostra realtà, ma si è manifestato nell'innocenza di un Bambino nato e accudito in uno scomodissimo alloggio di fortuna. Il Verbo di Dio, cioè Dio stesso nella seconda Persona, si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14), facendosi servo di tutti e a tutti sottomesso.
Nel Bambino di Betlemme Gesù è il Dio con noi, di cui avevano parlato i profeti e del quale si aspettava la venuta quale Salvatore e Messia apportatore di giustizia e di pace. Dio che diventa uno di noi, maturando anno per anno nella crescita e nella formazione a cui qualsiasi uomo necessariamente si sottomette, formandosi culturalmente e professionalmente con gradualità e con impegno, addestrandosi nelle varie attività lavorative anche professionali; apprendendo come tutti gli altri l'interazione, la socialità, la lotta per la vita. Dio che patisce come tutti quanti noi il dolore, la prova, l'angoscia, affrontando spesso anche il pericolo e la persecuzione altrui.
Terenzio diceva "Uomo sono, nulla di ciò che è umano mi è estraneo". Gesù nulla disdegna di ciò che è proprio della vita umana, al contrario assume ogni situazione della concretezza e della realtà, abbracciando l'umanità più precaria e abbandonata. Solo una realtà non può essere compatibile con la sua scelta di farsi uomo: il peccato.
Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo e in quanto tale non può assumere imperfezione o peccaminosità alcuna; al contrario, la sua esperienza da uomo collocato in mezzo alla gente comune, gettato perfino nella mischia dei soggetti più deprezzabili del suo tempo, lo conduce a distogliere anche noi dalla realtà perniciosa del peccato, dalle sue illusioni e dalle sue approssimazioni, come pure dall'illusione di vita che esso infonde.
Gesù cammina con noi per liberarci da questa dannosa schiavitù, ma innanzitutto per dimostrarci, con un linguaggio del tutto umano e diretto, che dal peccato scaturisce qualsiasi altro malessere pernicioso per se stessi e per l'intero assetto sociale. Uomo fra gli uomini solidale con i peccatori, Gesù dimostra l'ineluttabile carattere distruttivo del peccato e l'alternativa della via, della verità e della vita nella concretezza della fede, della speranza e della carità. Vivere secondo Dio equivale infatti a scongiurare l'autodistruzione che il peccato comporta e Gesù, con la sua parola e con la sua ortoprassi indiscutibile ci indica l'estrema concretezza della vita secondo Dio.
Morte, distruzione, belligeranze, guerre e carestie che imperversano ancora nel mondo, accompagnate dal mancato raziocini di chi spara sulla folla o di chi si da al femminicidio e alla soppressione, ci descrivono un mondo ancora succube dell'illusione di vivere che toglie a tutti la pace e che prende il nome di peccato.
Farla finita con il peccato pone le basi per la costruzione di una nuova società fondata sui valori e sulle prerogative di giustizia e di pace, poiché fuggire al peccato comporta considerare gli atri alla pari di noi stessi e procacciare anche l'utile degli altri. Dio si è fatto Bambino per condurci tutti a vivere come "fanciulli quanto al male e adulti nel giudicare." (1 Cor 14, 20) e perché realizziamo da uomini l'innocenza propria dei bambini.
Appunto questo è il significato della festa odierna: il Natale di Dio nella carne che cambia la nostra storia infondendoci amore alla fede, all'impegno e alla radicalità secondo la scuola del Vangelo.
Come profetizzava il profeta Isaia (I Lettura) "un bambino ci è stato dato" e nelle sue esili membra riscontriamo un invito alla speranza che le nostre attese non resteranno deluse e che il mondo può davvero trasformarsi in meglio.

BUON NATALE A TUTTI DI VERO CUORE