Omelia (06-01-2024)
don Alberto Brignoli
A ogni giorno la sua stella

Mi è capitato spesso, nei miei precedenti incarichi, di trovarmi all'estero nei primi giorni del nuovo anno, per incontrare i missionari italiani nei loro luoghi di missione; e nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo, soprattutto nell'emisfero Sud, il giorno dell'Epifania non è una festività civile. È un giorno feriale, come tanti altri. Trovandomi in quella situazione di "ferialità", spesso mi è venuto da pensare a una cosa forse ovvia, ossia che anche i Magi abbiano vissuto quel giorno dell'incontro con la Santa Famiglia così, come un giorno come tanti altri, un giorno di ordinaria amministrazione.
Erano con ogni probabilità astrologi, saggi osservatori delle stelle, che interpretavano i segni dei tempi a partire dalla posizione degli astri nel cielo o da qualche particolare fenomeno celeste: quindi anche quel giorno, avendo visto una stella particolare nel cielo di Israele, si sono mossi per cercare di capirne meglio il significato, a loro detta legato alla famiglia reale di Giudea. Ma forse, niente di così diverso da ciò che ogni giorno scrutavano nel cielo: chissà quante altre famiglie reali avranno onorato, nel momento della nascita di un erede al trono! Erano uomini in cammino, in costante ricerca, nomadi di una sapienza da cercare e insieme da offrire.
Eppure, è nella quotidianità delle loro speculazioni celesti che un giorno alzando gli occhi al cielo scorgono una stella così particolare che non può che essere abbinata a una persona o a un fatto di grande importanza. E così, senza pensarci più di tanto, preparano i loro omaggi e si mettono in cammino, diretti verso la casa reale più prossima alla posizione della stella. Il viaggio si rivela da presto una delusione: arrivati alla reggia, nessuno - nemmeno il re - sa nulla di un erede al trono che abbia visto recentemente la luce. Anzi, il re si agita a tal punto che insieme a lui fa agitare tutta quanta Gerusalemme... Consulta i suoi sacerdoti e i suoi studiosi di corte, ma anche dalle profezie non emerge nulla di nuovo: qualche accenno a uno sperduto villaggio di Giudea, Betlemme, ritenuto dal profeta Michea come possibile luogo della nascita di un importante erede al trono, ma niente di più.
Erode, più che altro per calmare la propria ansia, invita questi saggi a rimettersi in viaggio, incaricandoli ufficialmente di tornare da lui con notizie rassicuranti. Ed essi ripartono, ma senza nessuna certezza: finché giunge un momento in cui il loro cuore si riempie di gioia perché tornano a vedere nel cielo la stella, che li precede e indica loro il cammino da seguire. Stavolta sì, raggiungono una casa dove c'è un bimbo nato da poco: non sarà certo una reggia, ma il segno che si tratti dell'erede al trono è inequivocabile, perché da lì la stella non si muove più. Ed entrati, lo onorano come è loro abitudine, facendogli omaggi che parlano di regalità, di divinità, e insieme di umana fragilità.
Poi se ne vanno, ma non sarà più la stella a guidarli: essa ha terminato la sua funzione. Sarà il sogno - all'evangelista Matteo piacciono tanto i sogni - a dire loro che non è il caso di passare da Erode, il quale, forse, non aveva intenzioni del tutto benevole nei confronti del bambino. E tutto questo, avviene nell'ordinarietà del quotidiano vivere, del quotidiano scrutare, del quotidiano camminare. Perché Dio, in fondo, preferisce la quotidianità della vita per manifestarsi a ognuno di noi. E la sua quotidianità è fatta di cielo.
Noi tante volte guardiamo al cielo, ma il nostro cuore è cieco, e non vi scorge nessun segno e nessun destino; anche noi ci mettiamo in cammino, come faremo lunedì, dopo tanti giorni di festa, alzandoci come ogni mattina, andando verso il nostro luogo di lavoro, verso l'ufficio, la fabbrica, il negozio, la scuola, l'ambulatorio, la posta, la banca, e non ci verrà neppure per l'anticamera del cervello che c'è un stella sopra di noi; andremo ancora, come sempre - spesso senza accorgerci - nei vari templi del potere, economico, politico, culturale, religioso, convinti di poter capire dai "grandi" qual è la strada che dobbiamo percorrere, e ci accorgeremo, come i Magi a Gerusalemme, che i grandi che stanno nei palazzi ne sanno meno di noi, che sanno solo balbettare qualcosa, e anzi vogliono che siamo noi a informarli di ciò che avviene lungo la strada (perché loro, del mondo fuori, non sanno nulla).
Poi, finalmente alziamo lo sguardo al cielo e scopriamo che c'è ancora almeno una stella, anche nel nostro quotidiano, a dirci che dobbiamo andare avanti e che non è finita; questa stella parla a noi, che grazie a lei siamo ancora capaci di meravigliarci della vita, e di scoprire che in fondo non è poi così brutta, ma che bisogna saper ripartire da capo, bisogna - come ha fatto il nostro Dio - tornare a essere bambini e avere il coraggio di non tenere per noi l'oro delle nostre ricchezze materiali e l'incenso con cui quotidianamente ci auto-esaltiamo, ma di condividerli con un'umanità nuova, fragile come noi, cosparsa di mirra perché mortale, ma anche perché profumata come uno sposo per la sua sposa, e quindi carica di speranza perché nuova, perché diversa dal solito, perché "regale" pur senza essere nata nel palazzo...
Al palazzo, non ha più senso tornare: là, le stelle difficilmente si posano per risplendere, anzi, il più delle volte quando arrivano si spengono...
Il sogno di poter essere ogni giorno, in Cristo, uomini veri, re, e addirittura figli di Dio, ci rimette in viaggio lungo un'altra strada, per far ritorno - rinnovati, dopo queste suggestive feste natalizie - alla quotidianità della nostra vita.