Omelia (07-01-2024)
padre Gian Franco Scarpitta
Il battesimo, nuova Epifania

Il battesimo che oggi Gesù riceve, sebbene avvenga almeno trent'anni dopo la sua nascita a Betlemme e la successiva visita di pastori e magi, ha un legame strettissimo con le due Solennità suddette. Se nel fascino del Natale Dio si rivela nell'umiltà di un Bambino che converte tante persone, fra queste persone impure e rozze come i pastori, peccatori convenuti accanto a loro quali tanti altri nel circondario e finalmente anche dottissimi miscredenti come i magi che apprendono in lui la rivelazione della verità e della salvezza, adesso a Betania, al di la' del Giordano dove Giovanni sta battezzando, lo stesso Dio Onnipotente si manifesta nell'umiltà di un Uomo ormai adulto, formato e con una forte ossatura in grado di far fronte alle contrarietà della vita, anch'egli vicino ai rozzi, ai peccatori e ai refrettari della Parola di Dio e anch'egli proclive a manifestare ad essi la stessa verità e la stessa salvezza. Anche il battesimo di Gesù è un'Epifania, perché manifesta ancora una volta l'umiltà e allo stesso tempo la misericordia di Dio che, incarnatosi, vuole raccogliere tutti quanti in unità e concordia.
A presentarsi a Giovanni è adesso una persona matura, consapevole e provata da molteplici esperienze di interazione sociale, collaudata dalla fatica del lavoro e dalle ansie e dalle preoccupazioni della vita quotidiana. Ha fatto esperienza cioè di tutto il vivere umano senza nulla tralasciare. Ha conosciuto così da vicino il mondo e per ciò stesso la realtà del peccato, del vizio, della perversione e della lussuria che ne sono la causa, come pure ha conosciuto, interagendo con altri uomini, l'ambizione spropositata, l'ingordigia, l'arrivismo e la corsa al potere e al successo economico, quindi l'amore per il denaro, che è all'origine di tutti i mali (1Tm 6, 10). Ha conosciuto queste nefaste realtà che lo hanno certamente sfiorato, ma non vi si è sottomesso. Piuttosto, ha saputo controbattere ad esse con le alternative del distacco dalle effimeratezze, della povertà e della semplicità di vita e la fedeltà ferma alla Parola di Dio lo ha indotto a radicarsi nell'amore e nella donazione di sé. Tutto ha esperito insomma, eccetto il peccato.
Per questo motivo, la cosiddetta Epifania del battesimo di Gesù è una vera e propria rivelazione: facendo la fila in mezzo a tutti i peccatori che ambiscono essere lambiti dalle acque dal Battista, nonostante non abbia peccato alcuno, vuole farsi trattare da peccatore. Fra lo stupore dello stesso Giovanni e di altre persone antistanti, chiede di ricevere il battesimo anche lui, alla pari di tutti coloro che, piangendo la loro defezione morale e le loro imperdonabili colpe, manifestano serio pentimento di ogni male commesso e vengono battezzati in un lavacro di remissione.
Gesù manifesta la vera umiltà, quella estrema che si avvale di specifici atti di umiliazione per essere autentica. E in questo egli si rende solidale con i peccatori, poiché vuole sentirsi uno di loro, condividerne le angosce e i dolori che scaturiscono dal pentimento dei peccati e viverne appieno l'amarezza e il dolore. "Egli che non ha conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore perché in lui potessimo diventare giustizia di Dio" affermerà poi Paolo (2Cor 5, 21). Lo scopo di tanta umiltà e sottomissione è infatti quello di accompagnare tutti nel percorso dal peccato alla salvezza, dalla cattiveria alla giustizia, dal male alla carità piena nel miglior modo possibile, cioè adoperando strumenti e connotati del tutto umani. Gesù insomma si lascia trattare da peccatore perché con i peccatori vuole vivere, interagire e camminare, ai fimi di mostrare loro la bella alternativa della verità e della vita, quindi per ciò stesso della salvezza.
Nella comunione con Gesù, soprattutto i peccatori possono partecipare della gioia del banchetto espresso da Isaia con le immagini allusive del "vino e latte" distribuite gratuitamente a piene mani (Is 55, 1 prima Lettura); mettersi all'ascolto della Parola vuol dire infatti mangiare cibi succulenti e raffinati, nutrirsi di ciò che sazia realmente, evitando di spendere denaro per ciò che è frivolo e melense. Gesù stesso è il "vino e latte", poiché in lui si portano a compimento tutte le antiche promesse. Radicarsi in Gesù vuol dire quindi trarre il vero nutrimento per se stessi e per gli altri.
C'è un'altra Epifania, questa volto molto più esorbitante e solenne, subito dopo il battesimo di Gesù: il Padre manifesta in lui tutta la sua gloria e la sua potenza, preconizzandolo come il suo Figlio prediletto e invitando tutti ad ascoltarlo. E' un anticipo dell'innalzamento e della glorificazione che conseguiranno all'umiltà e alla vita dimessa; ma allo stesso tempo questa voce indica che Dio come Padre è vicino a tutti quanti gli uomini nel suo Figlio e in lui tutti siamo identificati come suoi figli. Figli nel Figlio di Dio. Partecipi della sua stessa dignità e della sua stessa gloria, specialmente quando si riceverà un altro battesimo, quello dello stesso Gesù Signore, che andrà oltre la semplice simbologia esteriore dell'acqua. Come lo stesso Giovanni spiega, il battesimo di Gesù (al quale prepara quello del Battista) sarà amministrato con la materia dell'acqua, ma sarà nello Spirito Santo. Ciò vuol dire che esso stesso avrà l'efficacia di santificare e di elevare, perché esso stesso eliminerà il sordido e la putredine che albergano in noi. Lo Spirito Santo, farà in modo che lo stesso Cristo per volontà del Padre ci rigeneri a nuova vita e ci renda così figli di Dio nella comunione perenne con lo stesso Gesù suo Figlio.
Giovanni dirà che ci sono tre cose che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue (1Gv 5, 7 - 8), tutt'e tre scaturiti non appena Gesù morì sulla croce, e tutti atti ad attestare che solo in lui c'è salvezza. La loro testimonianza si estende anche alla nostra salvezza, quando con lo stesso spirito di umiltà e di amore che Egli ci ha trasmesso, ci disponiamo a vivere intensamente il nostro battesimo, senza riserve.
Ecco perché considerare il nostro battesimo non sarà mai abbastanza, come anche non è mai sufficiente porci la domanda se nella nostra vita ci ricordiamo di averlo ricevuto e se ci preoccupiamo di metterlo costantemente in atto per viverne l'efficacia ed esserne anche noi testimoni.