Commento su Is 62,1-5; Sal 88; At 13,16-17.22-25; Mt 1,1-25
Hoc tibi signum est: invenies puerum pannis involutum, iacentem in praesepio
E questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia.
Ecco il vero interrogativo che dobbiamo avere come cristiani: per che cosa e per chi vale la pena festeggiare questo "Natale", che non sia un giorno, non sia solo il 25 dicembre, che non siano pochi giorni dal Natale all'Epifania, ma che sia ogni giorno, fino alla Resurrezione eterna?
Qualche giorno fa avevo già preparato, come tutti gli anni, il commento al Natale, non so se troppo teologico-tradizionale, ma, dopo un ragionamento di mia moglie, l'ho messo da parte per rivederlo, tutto alla luce più concreta della famiglia, del sociale, della relazione meditativa che sa metterti in crisi.
Prima di tutto, nella vita, noi abbiamo bisogno continuo di "segni" di rassicurazione, come il popolo ebraico che continuerà a chiedere "segni" per sentirsi rassicurato dal suo Dio, ma non sappiamo coglierli perché non sappiamo farli nostri, come singoli né come collettivi: "è per voi il segno".
E qui veniamo al "per chi". Vogliamo avere segni forti e, come riporta il vangelo lucano, "un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia", di certo un bambino e una madre, sottoposti ad un parto ad alto rischio per le condizioni ambientali-igieniche, di certo non è "un segno forte" per tutti.
Un po' quello che è successo nella mia famiglia; anni '50, da poco in una nuova città, appartamento scadente, una donna-madre in preda ai dolori per il parto allo scadere delle ventitré, nella notte del 1 gennaio..., ma "venni alla VITA", grazie al nonno pseudo-ostetrico, che i miei primi vagiti furono il "gloria" della mia vita, quasi ora 68enne.
Anche oggi succede in tante parti del mondo, si avverano le stesse condizioni grazie a quel "segno potente" che è voler dare la VITA, e essere "testimone" del dolore per sentire la gioia di due cuori, in un battito unisono più forte della guerra e della povertà, ma anche dell'opulenza e falsa gioia.
E adesso, fra poco, è NATALE.
Sarebbe bello che per Natale ci si dimenticasse del Natale dei "regali" utili ed inutili, dei pranzi e delle cene, delle luci e delle musiche "tradizionali", della "allegria" stampata sulla faccia per l'occasione, ma ognuno di noi guardasse negli occhi con vera e sincera gioia nel cuore ogni prossimo in cui si rivela, e rivelerà, il "bambino" che ci dona il Natale dell'Amore ogni giorno.
"Gloria in excelsis Deo et pax in terra hominibus quos diligit."
DOMANDA
Come singolo, come coppia, come famiglia, come comunità, riusciamo a far entrare Cristo nella nostra vita, non un giorno, ma tutti i giorni, per non perdere nulla, assolutamente nulla, di ciò che rende la vita libera, bella, significativa di viverla con il prossimo?
Claudio Righi