Omelia (14-01-2024) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Giovanni 1,35-42 Storie di vocazioni: Samuele, poi i primi due discepoli del Signore. Samuele è poco più che un bambino, vive nel Tempio a Gerusalemme, a servizio di Eli sacerdote-profeta. Che ci fa un bambino nel Tempio? ...un bambino ha bisogno dell'amore di mamma e papà! Oggi chi entra in convento, o in seminario è almeno maggiorenne... Ma cinquant'anni fa si entrava a dieci, undici anni... Chissà, questi bambini, questi ragazzini, a quell'età, ce l'avevano già la vocazione? Sì? No?... magari nasceva dopo, magari anche no... Qualcuno tornava a casa, altri invece continuavano, per convinzione, o perché non avevano il coraggio di manifestare le loro vere intenzioni, correndo il rischio di deludere le aspettative della famiglia e dei formatori. La questione è delicata e non è il caso di affrontarla ora. Un bel "No comment" e andiamo avanti. Tornando al nostro Samuele, costui viveva nel Tempio a causa di un voto fatto da sua madre Anna: Anna non aveva figli e questo costituiva una maledizione per lei e suscitava la riprovazione e il dileggio familiare e sociale... Disperata, Anna si recò al Tempio, si prostrò a pregare e promise al buon Dio che, se le avesse donato un figlio maschio, questo sarebbe stato consacrato per sempre al Signore, avrebbe vissuto per tutta la vita nel Tempio e sul suo capo non sarebbe passato rasoio. E così avvenne. Anna partorì un bel maschietto e, dopo averlo svezzato lo condusse al Tempio e lo affidò alle cure di vecchio Eli. La Scrittura non ci informa sulla reazione del bambino alla decisione di sua madre. Evidentemente per l'autore ispirato è un dettaglio di scarsa importanza (!). Valli a capire sti autori ispirati!... Avete notato, il Signore chiamò il giovane ben quattro volte! il racconto chiaramente (un po') romanzato, rivela un particolare importante nella storia di una vocazione alla vita consacrata e/o al sacerdozio. Quasi mai la chiamata di Dio intercetta la volontà dell'uomo "al primo colpo"... Affinché l'uomo, la donna giungano a comprendere il disegno di Dio su di loro passerà del tempo, durante il quale si verificheranno delle circostanze che, a posteriori, potrebbero essere interpretate come altrettanti indizi che Dio sta chiamando a seguirlo... Nessuna scelta è del tutto chiara e sicura. Se fosse così, molte coppie non si lascerebbero, e molti frati, suore, preti non abbandonerebbero la veste. Ma ci sono anche gli scandali all'interno della Chiesa che spingono i candidati alla professione dei voti o al ministero presbiterale a cambiare direzione, e tornare sui loro passi... Di questo la Chiesa è gravemente responsabile - volevo scrivere "colpevole", ma poi ho preferito un'espressione meno tranciante... -. Gesù pronuncia parole durissime contro chi scandalizzerà anche solo un piccolo che crede in Lui: "Meglio per lui che gli fosse appesa al collo una mola da macina, e fosse gettato in mare." (Mt 18,6). Veniamo al Vangelo: Giovanni ci racconta la sequela dei primi due discepoli: letteralmente, non si tratta di vere e proprie chiamate pronunciate dal Signore, quanto piuttosto della Sua reazione a una curiosità manifestata dai futuri apostoli. Anche questa modalità è abbastanza diffusa ai giorni nostri; Ordini, Famiglie religiose, Seminari Diocesani,... organizzano weekend dichiaratamente vocazionali, o anche solo spirituali, senza un immediato scopo di reclutamento vocazionale... Per non parlare poi delle proposte serie e articolate, che troviamo su INTERNET, tutte riassumibili nelle parole di Gesù: "Vieni e vedi". L'esperienza è fondamentale, più che leggere un'intera biblioteca di pastorale vocazionale! La domanda che Gesù rivolge ai due discepoli del Battista: "Che cosa cercate?" è cruciale! Che cosa spinge, oggi, un giovane a iniziare un percorso di discernimento vocazionale? Il desiderio di servire Dio, servendo il mondo? Questo è un desiderio del tutto in linea con il discorso vocazionale. Un modo diverso di definire la fedeltà del Cristo, fedeltà duplice: a Dio e agli uomini. Fede e opere sono mirabilmente sussunte in questa (duplice) fedeltà. Ma, forse, sarebbe meglio usare il condizionale; nel senso che la fedeltà a Dio e agli uomini, dovrebbe essere il desiderio che muove un giovane a bussare alle nostre porte - ripeto, giovane! non si può concepire di iniziare un cammino di formazione in vista dei voti o del ministero sacerdotale, che dura 10 anni e più, alla vigilia della pensione!... -. Il miraggio di una vita comoda, in un ambiente protetto, insidia la fantasia, il cuore e la mente di coloro i quali, magari fragili di costituzione e dalla coscienza manipolabile, entrano in monastero o in Seminario, nella convinzione di vincere con questa scelta la paura del mondo che non capiscono e che non li capisce, o, peggio, evitare la sfida di innamorarsi... Terzo e ultimo aspetto del Vangelo odierno, meritevole di una parola, è il racconto dell'esperienza vissuta che i due discepoli condividono con gli altri: nella fattispecie, Andrea incontra Simone, suo fratello, e lo mette a parte della sua scoperta: "Abbiamo trovato il Messia!". Quando Simone arriva al cospetto di Gesù, questi lo guarda dritto negli occhi e gli cambia il nome in Cefa che significa Pietro. Ecco un altro particolare che connotava nel secolo scorso la scelta della consacrazione: l'imposizione di un nome nuovo, simbolo dell'ingresso in una vita del tutto nuova. Oggi, la decisione di cambiare eventualmente il nome non è presa dai Superiori, ma indicata dallo stesso candidato, al momento di pronunciare i voti. Ecco, il tempo a nostra disposizione è terminato... per pochi minuti abbiamo "sbirciato dal buco della serratura" una scelta di vita che, specie oggi, non è frequente incontrare e soprattutto conoscere; al di là dei soliti, troppi stereotipi, sulla vita consacrata e sul ministero sacerdotale, che ancora impediscono alla gente, ma anche ai potenziali candidati, di intendere che cosa significa vocazione al dono totale di sé, a Dio, sommamente amato.... |