Omelia (14-01-2024) |
Agenzia SIR |
Commento su Giovanni 1,35-42 "Sarai chiamato Cefa" che significa Pietro " (Dal Vangelo di Giovanni). Seconda del tempo ordinario. In questa domenica siamo invitati a riflettere sul tema della vocazione. Dio continua a chiamare sempre i suoi figli alla pienezza della vita e lo fa già a partire dalla nostra giovinezza. Samuele sente pronunciare più volte il suo nome, perché quando Dio ama un figlio, lo chiama al bene della sua vita e gli prepara una missione specifica. Per compiere la missione e per saper rispondere occorre ascoltare la voce. Chi ascolta la Sua voce comprende chi è realmente e come Pietro abbraccia una vita nuova e accoglie il nome nuovo donato da Dio: "tu Simone sarai detto Cefa". Samuele ascolta, come servo, la voce del Signore. Dobbiamo imparare ad ascoltare i segnali che Dio ci dona in questo rumore assordante di cose e di situazioni. In questo marasma Dio ci chiama e ci guida verso di lui. Nella disponibilità dei servi fedeli c'è tutto l'impegno della sequela: Eccomi, io vengo per fare la tua volontà. Che bello poter essere presenti e consapevoli di questo annuncio divino. Non è vero che non ci sono vocazioni, il problema è che non sempre si riesce a trovare il tempo per dare una risposta. Molti arrivano in ritardo oppure chiedono proroghe inutili come chi, all'invito di Gesù risponde: "lascia che vada a seppellire mio padre e poi ti seguirò". Ma la chiamata di Gesù è radicale, esigente, e non può che rispondere: "lascia che i morti seppelliscano i propri morti ma tu vieni e seguimi". Noi tutti vogliamo seguirlo, anche Andrea e Pietro nel Vangelo, entusiasti, si innamorano del maestro ma chiedono sicurezze: dove abiti? Potrebbe risuonare come "dove vai" o "chi sei"? Un po' come capire che tipo è costui e valutare a priori se conviene seguirlo. La vocazione non è un protocollo di sicurezze e di garanzie, ma un uscire in mare aperto, nel profondo di noi stessi. Seguire Gesù vuol dire prendere il largo e investire sull'Amore. Dio è amore e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio in lui. Impariamo a fidarci come Andrea, che desidera condividere la sua scoperta con il fratello e lo chiama affinché insieme possano seguire il maestro. Che bello essere fratelli, non solo per il Dna ma perché si ama uno stesso Padre e si segue lo stesso maestro. Gesù disattende le attese e le speranze politiche dei suoi e li porta in un luogo in cui lui stesso non ha una pietra dove posare il capo. La dimora di Dio è in realtà il nostro cuore e il corpo. Per questo nella seconda lettura Paolo ci invita a rispettare il nostro corpo quale dimora dello Spirito Santo. In esso troviamo Dio e incontriamo gli altri... "un corpo mi hai preparato e allora ho detto io vengo"! Siamo in cammino con Gesù in questa domenica vocazionale. Seguiamo i suoi passi, ascoltiamo la sua voce e lasciamoci condurre dallo Spirito per imparare, da discepoli, ad essere fedeli ai suoi insegnamenti e diventare apostoli. Senza un vero discepolato non può esistere una Chiesa apostolica che annuncia, testimonia e ama i fratelli. Impariamo dall'agnello di Dio a togliere i peccati del mondo. Togliere in latino si dice "tollere", che vuol dire portare. Solo portando il peso degli altri lo riusciremo a toglierlo dalle loro spalle. In questa missione di Gesù si realizza anche il senso del nostro apostolato e della nostra missione. Non possiamo togliere i peccati degli altri ma possiamo accompagnare le fatiche degli altri. La missione del cristiano è conformarsi a Cristo in ogni momento attraverso l'opzione fondamentale per i poveri e gli ultimi, rimettendo al centro il regno dell'Amore e della solidarietà. Ecco il luogo dove abita Dio, ecco dove è possibile accoglierlo e dove è possibile sperimentare la fede, fino all'effusione del sangue. In questo Maestro di Nazareth c'è tutto il programma di Andrea e di Pietro così come quello di ciascuno di noi. Non importa capire ora dove andremo a finire, occorre solo rimanere e stare con Lui. Fino alla fine. Commento a cura di Andrea Fulco |