Omelia (22-01-2006)
don Romeo Maggioni
RITO AMBROSIANO - Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Sir 3,2-6.12-14 - Col 3,12-21 – Lc 2,41-52

Ci è presentata la famiglia di Nazaret come modello e riferimento per la santità, cioè per la riuscita, delle nostre famiglie.
E' una famiglia normale, per nulla idealizzata, che vive le nostre stesse vicende e disgrazie quotidiane (censimento, fuga in Egitto...), e i conflitti generazionali tra genitori e figli (Gesù a dodici anni al tempio:.. "non compresero").
Ma è tutta pervasa di fede, trovando lì motivazione, forza e coraggio per vivere l'amore e la missione propria di una famiglia secondo il disegno di Dio.

1) UNA FAMIGLIA CHE VIVE LA FEDE

Gesù anzitutto onora Giuseppe e Maria - fino a stare in casa per trent'anni -: "stava loro sottomesso". La prima lettura richiama la necessità delle virtù umane del rispetto, della delicatezza nei rapporti in casa; anche nei confronti degli anziani e malati. Con larga benedizione (.. "in isconto dei peccati"!). E' nel Decalogo questo precetto fondamentale; dice quanto sia originaria e decisiva la sorte della famiglia entro la vicenda umana. La seconda lettura parla dell'amore come "vincolo della perfezione". Sant'Ambrogio conclude: "Onora i tuoi perché anche il Figlio di Dio ha onorato i suoi".
Gesù onora poi il Padre celeste - "Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" -. E l'ha onorato così tanto da essere "obbediente fino alla morte" (Fil 2,8). A dodici anni era là al tempio (come oggi all'oratorio) ad ascoltare e interrogare i dottori della legge, cioè a conoscere con passione il disegno di Dio, o il catechismo! A dirci appunto che abbiamo anche noi un Padre che sta nei cieli da onorare: siamo figli di Dio prima che figli dei nostri genitori. Per divenire alla fine Suoi eredi. Proprio questo è l'unico progetto di vita. I genitori non sono proprietari dei loro figli: li ricevono da Dio perché li aiutino a realizzare il loro specifico disegno e, in sostanza, perché appunto vivano da figli di Dio.
Tutti e tre vivono una grande obbedienza a Dio. Giuseppe è il giusto attento ai segnali di Dio (sogni e angeli); Maria è la serva del Signore che ha sempre creduto. Gesù dirà di sé: "Mio cibo è fare la volontà del Padre mio" (Gv 4,34). Ogni anno a pasqua andavano a Gerusalemme: vivevano profondamente i loro momenti di fede anche assieme. La preghiera in comune è la "formula magica" più sicura per tener unita la famiglia. La celebrazione festiva deve essere il momento vertice di una famiglia che vive di fede.

2) L'IDENTITA' DI FEDE DELLA FAMIGLIA

Ogni stato di vita è una vocazione/missione. Significa che ogni uomo e donna sono chiamati a vivere da figli di Dio secondo modalità proprie, realizzando un disegno di Dio come impegno di donazione. Troppo privatizzata è l'idea dell'amore e della famiglia, col risultato di non capirla e non saperla più vivere. Oltre a tutti i valori umani, è assolutamente necessario il riferimento a Dio, sia per superare momenti difficili (es. perdonare), sia per dare più profonda motivazione al fare non sempre gratificante (es. delusioni nei figli), sia per aprire alle prospettive eterne (quindi di riuscita piena) una vicenda umana - anche la più fortunata - che non sazia mai pienamente il cuore. E comunque sempre per avere davanti un metro di misura di bene che non sia l'interesse dell'uno o dell'altro che vuol prevalere.

La missione è quella di incarnare l'amore e la tenerezza di Dio verso il rispettivo coniuge, e tutti e due i genitori verso i figli. Ai genitori Dio ha come ceduto la sua prerogativa di creatore, chiamandoli a generare un figlio e ad accompagnarlo alla maturità con la premura e la passione propria di Dio padre. Con l'impegno di trasmettergli la fede, cioè l'unica concezione di uomo che ne definisce fontalmente l'identità e il destino. Guai se un giorno il figlio, guardando indietro, dicesse ai suoi genitori: Mi avete dato tante cose, ma non l'unica chiave che apre l'eternità; voi mi avete imbrogliato sulle cose che più contano!
Da qui tutto l'impegno - ci richiama oggi Paolo - a mettere al centro la vita di fede, nell'ascolto della Parola, nella preghiera, nella santificazione della domenica: "La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali". Senza questo spazio, necessariamente siamo diseducati ai valori, bombardati come siamo da una società pagana. Salvare la vita di fede della famiglia significa semplicemente salvare la famiglia. In particolare è nella comunità cristiana il luogo normale della propria crescita. Una comunità che oltre a offrire Parola e Sacramenti deve aiutare anche una "socializzazione" delle famiglie, per avere un reciproco sostegno in mezzo ad un mondo pagano che ci "socializza" con ben altra compagnia. "La fede può realizzarsi solo se ha anche un corpo. Dato che la vita sociale si è allontanata dalla fede, dobbiamo offrire modi di una socializzazione della fede che formi comunità, luoghi di vita e convinca in un insieme di pensiero, di affetto, di amicizia di vita" (Benedetto XVI).

Uno dei drammi più pesanti che vive la famiglia cristiana oggi è la difficoltà di trasmettere la fede ai figli, premuti come sono, questi ultimi, da un bombardamento pagano. Anche l'antica forma della catechesi parrocchiale e l'iniziazione oratoriana alla vita ecclesiale è sempre più in crisi. Che fare?
Tutta la finezza e la passione di trasmettere presto una fede intelligente e saporosa finché è recepita dai figli; che ne abbiano una intuizione come valore importante e decisivo per la vita. Secondo: il buon esempio sempre con la coerenza e - quando appena c'è occasione - un richiamo convinto. E poi c'è solo la preghiera, tanta preghiera perché sia Dio a operare sulla libertà dei figli. Quando una mamma prega, .. i miracoli ci sono, alle scadenze di Dio! L'esempio e i risultati di santa Monica per il suo Agostino - non proprio un figlio facile - ci sono di incoraggiamento e di speranza.