Omelia (21-01-2024)
don Michele Cerutti
Gesù, luce che rischiara le tenebre

Ogni volta che mi imbatto in questo brano e penso alla scena iniziale vorrei poterla rappresentare con un quadro caratterizzato da tinte molte fosche e in cui sullo sfondo troviamo un punto di luce che rappresenta Gesù che cammina su una spiaggia sabbiosa dove vi sono i pescatori, della narrazione odierna, che rassettano le reti quasi in una sorta di rassegnazione.

I colori scuri del quadro sono rappresentati dal contesto di terrore che vive la Palestina del tempo con Erode che non ha nessuno scrupolo e fa arrestare Giovanni Battista, voce che grida nel deserto, ma che diventa invece per lui una parola fastidiosa da eliminare a tutti i costi.

In questo quadro la luce di Gesù ci dice che non c'è situazione della storia anche la più difficile che non possa essere illuminata e che anche in mezzo alle difficoltà abbiamo il compito di alzare lo sguardo su di Lui.

Gesù per primo posa lo sguardo su di noi.

In una situazione complessa necessita di uomini e donne che si mettano a servire e cerca tutti senza distinzione anche coloro che sono delusi dalla storia per costruire il Regno.

Ancora oggi, cari amici, rimane valido l'invito a convertirci, che il Signore rivolge nella Palestina del tempo.

Ancora oggi pur in mezzo alle tante difficoltà anche a livello ecclesiale Gesù ci dice volgete lo sguardo sulla vera Luce e non sulle tenebre.

Allora veramente il cielo si rischiara.

Penso al Sabato e Domenica appena passato e non posso che gioire e trasmettere questa gioia a voi pensando che a Claro, nel monastero vicino a Bellinzona, una ragazza di 19 anni ha emesso la prima professione di vita claustrale e a Roma un giovane ha professato per la prima volta presso la Basilica di San Giovanni di Porta Latina nella Congregazione fondata da Rosmini.

Voglio condividere la gioia di chi assume nelle parrocchie vicine i ministeri laicali.

Non c'è Erode che potrà mai eclissare la vera Luce.

Mi viene in mente l'aneddoto, ormai famoso ma che può calzare, di Napoleone e il cardinal Consalvi,Segretario di Stato di Pio VII.

Il Bonaparte nel 1806 mentre portava via prigioniero verso la Francia papa Pio VII, si rivolse sprezzante al cardinale, dicendogli: «In pochi anni, io avrò distrutto la Chiesa!». Ma il cardinale, uomo di Chiesa e anche di prudenza terrena, gli rispose con tranquilla franchezza: «No, Maestà! non ci siamo riusciti noi preti, a distruggerla, e in 17 secoli" Non ci riuscirà neppure lei». I fatti dicono che Napoleone pochi anni dopo era a Sant'Elena, dove finì i suoi giorni, che Pio VII rientrò a Roma il 24 maggio del 1814, e che Chiesa e Papi sono arrivati fino ad oggi. Ebbene, nei mezzi di comunicazione gira ancora qualche "napoleone", ma peggiorato. Nel 2006, a un anno dalla morte di Giovanni Paolo II, in un giornale scriveva: "Un anno fa è morto il Papa. Purtroppo se n'è fatto un altro". Già. Anche lui come Napoleone vorrebbe farla finita, con questi papi e con questa Chiesa! Che volete farci, jene di tutto il mondo? Rassegnatevi".

A noi il compito di essere tanti Giona che annunciamo alle diverse Ninive in cui ci troviamo, possono essere i nostri ambienti familiari o lavorativi, la necessità di convertirsi e di costruire il Regno.

Non si abbia paura Ninive ci dice la Scrittura si convertì. Non siamo soli nell'annunciare perché Giona è stato spronato da Dio. "Tutto possiamo in coLui che ci dà la forza".(Fil 4,13).