Gesù, entrato di sabato al Tempio, insegna. Sta scritto che «tutti erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava con autorità», cosa che forse gli scribi e i farisei del tempio non sapevano fare!
Noi possiamo correre il rischio di pensare che insegnare con autorità sia gridare, minacciare, parlare in modo assertivo o impositivo, e a volte capitare di incontrare persino pastori di anime che, dimenticando l'esempio di Gesù, guidano il gregge a forza di bastonate, senza comprendere che le pecore ascoltano la voce del pastore perché lo conoscono, perché egli dà la sua vita per loro, perché si sentono protette e amorevolmente guidate a verdi pascoli e ad acque tranquille. A volte non comprendiamo che l'autorità nasce dalla testimonianza. Insegna come uno che ha autorità chi vive una vita evangelica. Ciò che dà autorità (che non è l'autoritarismo da dittatori, piccoli o grandi che siano) è una vita che profuma di Cristo, che anche quando corregge sempre ama.
Nella sinagoga si trova un uomo posseduto, schiavo cioè del male che, al vedere Gesù, inizia a gridare: «sei venuto per rovinarci? Io lo so chi sei, sei il santo di Dio!». È paradossale: quest'uomo è lì, frequenta la sinagoga chissà da quanto tempo, ma nessuna parola lo aveva mai toccato nel profondo! La presenza di Gesù e la sua parola lo invitano a venire allo scoperto, non può più nascondersi! Possiamo dire che «Il demonio non si sentiva a disagio con i soliti maestri che annunciavano la futura venuta della salvezza, ma si sente sconvolto dalla salvezza che ora si rivela in Gesù: capisce che la sua rovina è giunta. Sì: Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l'uomo, a demolire ciò che lo imprigiona, è venuto a portare spada e fuoco, a rovinare tutto ciò che non è amore. Per edificare il suo Regno deve mandare in rovina il regno ingannatore degli uomini genuflessi davanti agli idoli impuri: potere, denaro, successo, paure, depressioni, egoismi. È a questi desideri sbagliati, padroni del cuore, che Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui (p. E. Ronchi).
Alle parole di Gesù, sta scritto che: «il demonio uscì da questo uomo straziandolo». Sì, ogni liberazione implica il desiderio di essere guariti e necessita fatica, lacerazione, combattimento contro tutto ciò che ci possiede. E ciò non è cosa di un singolo momento ma di un continuo combattimento e di una continua vigilanza per evitare che, dopo essere stati liberati, il demonio ritorni insieme ad altri e, trovandoci impreparati, ci conduca ad una condizione peggiore della prima! «Questo Vangelo, dunque, mi aiuta a valutare la serietà del mio cristianesimo da due criteri: se come Gesù, mi oppongo al male dell'uomo, in tutte le sue forme; se come lui porto aria di libertà, una briciola di liberazione da ciò che ci reprime dentro, da ciò che soffoca la nostra umanità, da tutte le maschere e le paure. Un verso bellissimo di padre Turoldo dice: Cristo, mia dolce rovina, gioia e tormento insieme tu sei. Impossibile amarti impunemente. Dolce rovina, Cristo, che rovini in me tutto ciò che non è amore, impossibile amarti senza pagarne il prezzo in moneta di vita! Impossibile amarti e non cambiare vita e non gettare dalle braccia il vuoto e non accrescere gli orizzonti che respiriamo» (p. E. Ronchi).
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