Omelia (11-02-2024)
don Michele Cerutti


Gesù ci mostra in questi primi passi nel ministero pubblico il vero volto del Padre.

Vicinanza, compassione e tenerezza. Vicinanza per ciascun uomo nessuno escluso perfino per un lebbroso.

Malato che doveva essere messo ai margini perché impuro e doveva perfino abitare fuori dai centri abitati. Gesù ascolta il grido di aiuto e si fa vicino a questo infortunato.

Compassione in Gesù vuol dire caricarsi di tutte le difficoltà dei fratelli che incontra e entrare in dialogo.

Il miracolo nasce da una intimità con Lui.

Non è un evento magico, ma nasce dalla fede.

In tutti i miracolati notiamo proprio che c'è un riconoscere Gesù come Signore o la consapevolezza che solo Lui è fonte di guarigione.

Uno dei rischi in cui può incorrere la fede è di andare da Gesù stesso come si va da un mago o uno stregone.

Tenerezza è l'altro aspetto che il Padre esprime nel Figlio.

Lo notiamo nel premunirsi di Gesù stesso affinché il lebbroso una volta guarito acquisti il suo posto nella società o non continui a sentirsi escluso.

Elementi molto semplici che tuttavia ci dicono la profondità e la larghezza dell'amore di Cristo che non rimane in superficie, ma porta e si carica su di sé le nostre fragilità.

Colpisce come tutti coloro che sono toccati dalla grazia non riescono a trattenere la gioia e si prodigano per annunziare.

L'esperienza di fede non è un qualcosa di intimo solamente, ma chiede di essere annunziata.

Il lebbroso guarito offre a tutti una grande lezione perché ci parla della responsabilità del cristiano di vincere la tiepidezza della fede che ci rende timidi nell'annunciare al mondo le meraviglie che Lui ha compiuto nella nostra vita.

Non è più tempo del nascondimento è tempo di uscire e di essere testimoni autentici.

Il cristiano non è chiamato a vivere nel salotto, ma è chiamato a essere tra la gente.