Omelia (29-01-2006)
mons. Ilvo Corniglia


Gesù ha appena iniziato il suo ministero pubblico e ha già con sé un gruppetto di discepoli (cfr. domenica precedente). Il brano odierno apre una sezione ricca di indicazioni temporali, che ci mostra come una "giornata tipo" di Gesù a Cafarnao. È sabato e Gesù prende parte all'incontro festivo nella sinagoga. Qui coglie subito l'opportunità di "insegnare".
Molto più degli altri evangelisti Marco applica Gesù tale verbo come pure il termine "insegnamento" (nel nostro testo ricorrono rispettivamente due volte ciascuno). E non si preoccupa tanto di riferirne il contenuto, ma sottolinea l'attività stessa di insegnare, in quanto tale attività rivela l'identità di Gesù, manifesta chi Egli è: colui che porta nel mondo la parola di Dio, il Vangelo. È Dio che attraverso Gesù ammaestra gli uomini e parla direttamente con loro. In altri termini, Gesù è profeta. Il profeta definitivo che Dio, secondo la promessa di Mosè, avrebbe "suscitato" per il suo popolo (Dt 18, 15-20: I lettura). Se Marco pare meno interessato a riportare il contenuto dell'insegnamento di Gesù è anche perché vuol mostrare che Gesù ha insegnato più con la vita che con le parole.
Questo insegnamento presenta due caratteristiche: "Una dottrina nuova insegnata con autorità". Novità che si fonda sull'autorità. Un insegnamento che è nuovo per quello che annuncia: Dio ci ama e vuole farci felici offrendoci la possibilità di un rapporto profondo con Lui. Chi ascoltava Gesù percepiva nuovo il suo insegnamento soprattutto per il modo con cui lo impartiva e che lo differenziava da quello degli altri maestri: la sua "autorità" (due volte). Tale "autorità" non indica tanto la competenza con cui uno possiede bene la materia: gli scribi possono essere competente. Infatti dipendono dai loro maestri e spiegano la lettera della Legge con accurata minuziosità. Ma Gesù non insegna come loro. Non ha imparato a scuola (cfr. Gv 7,15) e non si riferisce ad altri maestri. Egli ha coscienza di essere inviato da Dio e di parlare direttamente in suo nome. Così, interpreta non di rado la Legge in modo diverso e ha autorità su di essa (cfr. Mc 2, 27-28; 2, 17ss etc. Cfr. Mt 5, 21-22. 27ss). Non dice come i profeti: "Parola del Signore!". Ma parla di sua autorità, proprio perché è Lui la Parola del Signore. Manifesta quindi l'autorità stessa di Dio. E lo fa non solo con la parola, ma col suo comportamento non conforme alla mentalità legalista dell'ambiente nei confronti dei poveri, malati, peccatori, donne...Gesù è un uomo veramente libero e "liberante".

Un'autorità che è "potere"reale contro il male, nel senso che la parola di Gesù è una parola efficace, che opera la liberazione dell'uomo. Lo mostra all'evidenza la guarigione dell'indemoniato. Colpisce il fatto che il primo gesto di Gesù compiuto in favore dell'uomo è la sua liberazione dallo spirito maligno. Gesù scaccia un demonio semplicemente con la sua parola, un ordine secco e perentorio: "Esci da quell'uomo". E l'ordine viene immediatamente eseguito. Non c'è bisogno di ricorrere a rituali e formule magiche.
"Taci!". Il demonio pare riconoscere l'identità di Gesù: "il Santo di Dio", cioè colui che è in speciale rapporto con Dio e nel quale Dio agisce. Ma Gesù impone il silenzio. Perché? Il mistero di Gesù e la sua relazione intima con Dio saranno riconosciuti pienamente davanti al Crocifisso (cfr. Mc 15,39) e ciò sarà per puro dono del Padre. Ora non possono essere ancora compresi. Occorre un lungo cammino di fede. Inoltre Gesù non accetta una dichiarazione, anche esatta, da chi, come i demoni, non intende impegnarsi nella fede in Lui.
Questo intervento di Gesù mette in luce un aspetto importante della sua missione. Non si tratta di una semplice liberazione da un demonio, ma piuttosto della liberazione generale dai demoni. In effetti lo spirito impuro parla al plurale: "Sei venuto a rovinarci!". Il Regno di Dio, la sua presenza risanante e liberante, avanza attraverso l'opera di Gesù e Satana con tutte le forze del male è costretto a retrocedere. La rovina del suo regno è iniziata. L'interesse di Marco a interpretare l'attività di Gesù in chiave di lotta contro Satana (cfr. 1,34.39; 5,1-20; 9,14-29;6, 7.13 etc.) è qualcosa di sorpassato e inattuale? L'evangelista ci invita a leggere la storia in profondità: è in corso una lotta fra il bene e il male, fra Dio e il Maligno. Una lotta dove è in gioco l'uomo, la sua libertà la sua vita. Non possiamo ignorare la presenza potente e insidiosa del demoniaco nella storia, presenza molteplice. Ma la lotta – vittoriosa, anche se sofferta – che Gesù conduce contro Satana mostra che a Dio spetta l'ultima parola e quindi all'uomo è data la certezza di non essere abbandonato nel combattimento contro il male.

La reazione della gente all'insegnamento di Gesù impartito con "autorità"? È un'esperienza di "timore" ( il brivido che afferra l'uomo a contatto della realtà del divino) e stupore.

Indubbiamente l'autorità di Gesù è unica ed esclusiva. Ma alcune componenti dell'autorevolezza ed efficacia del suo insegnamento sono senz'altro esemplari e normative per noi. Possiamo richiamarne alcune.
- Gesù era "convincente" perché era "convinto" di quello che annunciava, disposto a morire per ciascuna delle verità che trasmetteva. Così io annuncio in modo autentico il Vangelo se credo fino in fondo in ciò che propongo.
- Gesù si sentiva inviato dal Padre ed era consapevole che il suo messaggio operava la salvezza dell'uomo. Che ha un compito di annuncio (chi non lo ha?) è cosciente di una missione che ha ricevuto, sicuro che educare nella fede è il servizio più prezioso e necessario che si possa rendere all'uomo?
- L'autorevolezza di Gesù derivava dal fatto che parlava per esperienza diretta e non per sentito dire: il suo messaggio scaturiva dal suo rapporto di comunione col Padre. Così chi comunica la Parola di Dio non insegna tanto nozioni imparate sui libri, ma annuncia una Persona, con la quale convive in un rapporto di intimità profonda. Più che maestro, è testimone.
- Gesù amava teneramente le persone a cui donava la sua parola, pronto a morire per loro ed esse lo avvertivano. Così il Vangelo si annuncia solo per amore e si annuncia amando. Solo l'amore è credibile.
- Gesù era quello che diceva. Così chi annuncia è convincente nella misura in cui la sua vita corrisponde al suo insegnamento.
- La parola di Gesù coinvolgeva immediatamente la vita delle persone, cambiandola. La nostra parola si perde nella teoria o mira alla concretezza della vita?
Pùò essere utile confrontarci su questi e altri aspetti ancora, che qualificano l'autorità di Gesù e che è possibile riportare nel nostro stile di vita.

San Paolo (1Cor 7, 32-35: II lettura) desidera che i suoi cristiani siano "uniti al Signore, senza distrazioni". La verginità è una via singolare per attuare tale relazione per quanti Dio chiama a questa forma di esistenza, che imita e riproduce quella di Cristo, anche Lui vergine. Uno stato di vita che – se vissuto secondo il Vangelo – rimane una parola "profetica" (cfr. I lettura) di Dio per l'uomo di oggi e di sempre: richiamo costante al primato assoluto di Dio e alle realtà definitive che ci attendono. L'essenziale è però che ognuno nella Chiesa sia fedele alla propria specifica vocazione.

Il messaggio di Gesù, contenuto nel Vangelo e attualizzato nell'insegnamento della Chiesa, riusciamo a coglierlo nella sua novità e freschezza?

Ci accade di stupirci e di provare gioia nello scoprirne nuovi aspetti?

Soprattutto, troviamo interessante e "sorprendente" la Persona di Gesù, suscitando in altri tale interesse e sorpresa?