Omelia (14-02-2024)
don Lucio D'Abbraccio
Preghiera, digiuno, elemosina!

Iniziamo la Quaresima con un rito simbolico: l'imposizione delle Ceneri. Dopo l'omelia il sacerdote benedice le ceneri e le impone sul nostro capo dicendo: «Convertitevi e credete al Vangelo» oppure «Ricordati, uomo, che polvere tu sei e in polvere ritornerai». La polvere sul capo ci ricorda che veniamo dalla terra e che alla terra torneremo. Siamo, cioè, deboli, fragili, mortali. Il nostro è un pellegrinaggio. Su questa terra siamo di passaggio. Davanti all'immensità delle galassie e dello spazio siamo minuscoli. Siamo polvere nell'universo. Ma siamo la polvere amata da Dio. E a Dio, ci ricorda oggi la prima lettura, dobbiamo ritornare «con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti». Il profeta Gioele, inoltre, scrive che il Signore dice: «Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Questo ammonimento significa che ai gesti esteriori deve sempre corrispondere la sincerità dell'animo e la coerenza delle opere. A che serve infatti - si domanda il profeta Gioele - lacerarsi le vesti, se il cuore rimane lontano dal Signore, cioè dal bene e dalla giustizia? Ecco ciò che conta veramente: ritornare a Dio, con animo sinceramente pentito, per ottenere la sua misericordia.
Questo tempo forte dell'anno liturgico è, dunque, «il tempo favorevole», per rinnovare il cammino della conversione, del ritorno a Dio: si tratta di rifiutare gli idoli seducenti che, nonostante la vita di fede, allontanano i credenti da Dio, li inducono a dimenticare il Vangelo, a contraddire la volontà di Dio. Nel Salmo responsoriale più volte abbiamo ripetuto il ritornello: «Perdonaci, Signore: abbiamo peccato». Sì. Abbiamo peccato! E come peccatori dobbiamo chiedere perdono a Dio. Il vero credente, infatti, consapevole di essere peccatore, aspira con tutto se stesso - spirito, anima e corpo - al perdono divino. Il santo vescovo Agostino osserva che chi vuole camminare nell'amore di Dio e nella sua misericordia non può accontentarsi di liberarsi dai peccati gravi e mortali, ma «opera la verità riconoscendo anche i peccati che si considerano meno gravi... e viene alla luce compiendo opere degne. Anche i peccati meno gravi, se trascurati, proliferano e producono la morte».
Nella preghiera Colletta abbiamo così pregato: «O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male». Gli strumenti (armi della penitenza) che abbiamo a disposizione per intraprendere il cammino di Quaresima (come combattimento contro lo spirito del male) hanno come obiettivo l'incontro personale e comunitario con il Signore: la preghiera (di lode, di supplica, di ringraziamento, che ci permette di riscoprire il primato di Dio nella nostra esistenza); il digiuno (come ritorno all'essenziale, alle cose che contano, a Dio e alla sua Parola); l'elemosina (per il ripristino della giustizia e della pace e un vissuto di carità nei confronti dei poveri e degli ultimi).
Nel Vangelo, infatti, come ribadisce Gesù quest'oggi, l'amore deve tradursi in gesti concreti verso il prossimo, specialmente verso i poveri e i bisognosi. In questa pericope evangelica notiamo che vi è una lotta all'ipocrisia, all'ostentazione, alla ritualità esteriore, soddisfatta e compiaciuta dei suoi atti ma senza incidenza nell'interiorità, nell'impegno esistenziale e sociale. Gesù affida solo a Dio ogni giudizio e ogni ricompensa. Non preoccupiamoci, allora, del giudizio degli uomini, ma del giudizio del «Padre che è nei cieli», che «vede nel segreto» e che «ricompenserà» quanti fanno il bene in modo umile e disinteressato.
La concretezza dell'amore vero si traduce in gesti che non escludono nessuno, sull'esempio del buon Samaritano che, con grande apertura d'animo, aiutò uno sconosciuto in difficoltà, incontrato «per caso» lungo la strada (cf Lc 10,31).
Ebbene, preghiera, digiuno ed elemosina sono i tre elementi classici della vita spirituale e ascetica. San Pietro Crisologo, nel commentare questa pericope evangelica, scrive: «La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia (elemosina) riceve. Perciò preghiera, digiuno e misericordia siano per noi un'unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un'unica difesa, un'unica preghiera sotto tre aspetti». Dunque, questi tre elementi non vanno separati, perché uno non è efficace senza gli altri. Di solito, invece, noi li sentiamo trattati separatamente e quasi mai si sente parlare del digiuno. Gesù, invece, li unisce e ne fa - come spiega san Pietro Crisologo - un'unica realtà. Proviamo allora anche noi a vivere la Quaresima nell'esplicitazione di queste tre forme insieme, e vivere ogni giorno l'unione continua di preghiera, digiuno ed elemosina. In questo modo busseremo, otterremo e riceveremo.
Entriamo nel clima tipico di questo periodo liturgico con questi sentimenti, lasciando che la parola di Dio ci illumini e ci guidi. Animati da un forte impegno di preghiera, decisi a uno sforzo più grande di penitenza, di digiuno e di attenzione d'amore ai fratelli, incamminiamoci verso la Pasqua, accompagnati dalla Vergine Maria, Madre della Chiesa e modello di ogni autentico discepolo di Cristo. Amen!