Omelia (18-02-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Conversione, necessario cambiamento per tutti Anche a prescindere dalla spiritualità e dalla religione è evidente, specialmente in questi ultimi decenni, come diventi fondamentale che gli uomini debbano rientrare in se stessi per autoidentificarsi, poiché, complice il progresso della tecnologia, della robotica e della scienza in generale, si sta perdendo la propria identità di soggetti umani. Fra tutte le specie homo esistenti milioni di anni or sono, quella che ha prevalso è l'homo sapiens, ma un recente saggio di Sartori rileva che si sta instaurando in noi l'identità dell'homo videns, succube dell'avvenuto trionfo dell'immagine (tv e social) sulla parola he toglie alla persona la capacità di creatività nella comunicazione ed esula dalla realtà e dalla concretezza. Ci auguriamo che il progressivo affermarsi della robotica, con le varie macchine umanoidi che fanno già soppiantando l'uomo in tantissime attività lavorative riducendo notevolmente anche la possibilità di impiego, non diventi tale da renderci assolutamente succubi dei robot anche nei comunissimi usi casalinghi. Soprattutto se a prendere il sopravvento dovessero essere artefatti scientifici in grado di riprodurre l'intelligenza umana e di gestirla con autonomia. Sarebbe la fine dell'umanità stessa, perché segnerebbe l'atrofizzazione culturale, l'appannaggio mentale e il regredire inesorabile della nostra specie. Le macchine stesse diventeranno la "specie" prevalente della terra. A farci perdere l'identità sono stati anche gli innumerevoli conflitti che si sono susseguiti e che anche adesso sono in atto, che oltre a decimare barbaramente vite umane innocenti tolgono spazio psicologicamente alla nostra libertà e alla nostra personale serenità. Negli anni '90 da studente sentivo commentare qualcuno che osservava che "nel futuro avremo bisogno di mistici e di umanisti". Direi che adesso diventa sempre più indispensabile recuperare la spiritualità e l'individualità; è quanto mai urgente rientrare in se stessi e riconoscerci in una determinata specie animale dotata di intelletto e di volontà, che non si lascia dominare da nulla e che piega la tecnica e l'informatica e proprio vantaggio senza tuttavia diventarne schiavo né tantomeno lasciarsi sostituire o manipolare o condizionare da essa. "Tutto è lecito, ma non tutto giova. Tutto è lecito, ma non mi faccio dominare da nulla" (1 Cor 6, 13) affermava Paolo già agli inizi dell'era cristiana. Occorre operare un cambiamento che ci faccia rientrare in noi stessi, anche per individuare dove si è trasceso nel corso dei secoli e in quali punti ci si è abbandonati a un disordinato compromesso con il progresso che rischia di diventare regresso a nostro svantaggio. "Diventa ciò che sei" diceva Nietzche. Dicevamo che questa svolta di conversione è irrinunciabile per tutti. Per noi credenti è ancora più determinante perché ne vediamo le ragioni e le cause di fondo, che consistono nella tendenza globale ad escludere Dio dalla nostra vita, o altrimenti a concepire ciascuno un modello convenzionale di divinità per se stessi. Occorre cambiare, rinnovarsi e tornare in se stessi e proprio questo è l'appello alla conversione che ancora una volta Dio ci rivolge: per recuperare l'uomo e per non renderlo succube del suo stesso ingegno innovativo occorre tornare a Dio, convertirci a lui riconoscendo la nostra insufficienza e limitatezza. La descrizione che la Genesi (I Lettura) delinea del mondo rinnovato all'indomani del diluvio universale ci ragguaglia che niente si oppone a che Dio possa trasformare l'umanità stessa repentinamente e senza che questa possa condizionarlo: Dio distrugge il mondo peccaminoso per poterlo poi riedificare, purificando il sordido e l'impuro e richiamando il mondo a vita nuova. A Dio non costa nulla aver riguardo per sole otto persone che, uniche fra tutto il genere umano, gli sono rimaste fedeli e meritano così di essere salvaguardate dallo sfacelo. Dio ciò può fare tutto, in qualsiasi momento e senza alcuna limitazione da parte nostra, per rinnovare il mondo e questa umanità. Ciononostante Dio preferisce chiamarci a conversione perché realizziamo innanzitutto la nostra nostra comunione con lui. Quale Dio amore e misericordia tende a riconciliarsi lui stesso con noi specialmente nel suo Figlio Gesù Cristo, Parola del Dio vivente che resta sempre al di sopra della vacuità e dell'insulsaggine dell'homo videns o di altre alternative al progetto originario con cui Egli ha creato l'uomo con amore. Questo stesso Gesù Cristo viene adesso descritto da Marco mentre è in procinto di addentrarsi nel deserto per essere tentato da Satana, il principe delle tenebre fautore dell'errore. Anche in tempi successivi e in occasioni differenti Gesù cercherà dei luoghi desertici di solitudine e di abbandono lontano dalla gente, ai fini di pregare, cioè di accrescere l'intimità con il Padre; anche in altre occasioni Gesù incontrerà il maligno nelle vestigia di ossessi e indemoniati dai quali farà uscire gli stessi spiriti immondi che nulla avranno da fare se non obbedirgli con riverenza, considerandolo il Santo di Dio. Come successivamente sarà in grado di sedare la tempesta mentre la barca viene sballottata dalle onde, così potrebbe anche bonificare il deserto a suo vantaggio, mutando radicalmente anche la condizione personale del Maligno che lo sta tentando. Gesù potrebbe insomma esigere da noi conversione reale ed effettiva ricorrendo a tutti i mezzi davvero appropriati per noi; e invece agisce ora da uomo dimesso e sottomesso come dice Pietro "per lasciarci un esempio perché ne seguiamo le orme"(1Pt 2, 20 - 25); lo farà soprattutto al momento della sua passione e della sua morte di croce, ma di questa adesso ci offre un saggio e un monito per rendersi egli stesso modello ed esemplare di conversione e di cambiamento. Gesù non esorta solo alla conversione, cioè all'adesione concreta alla chiamata di Dio alla comunione con sè e alla riscoperta del suo amore per noi; ci indica i percorsi di questo itinerario ed egli stesso lo percorre con noi, condividendone tutte le tappe e gli immancabili ostacoli e le insidie poste da chi ad esso costantemente si oppone, cioè il diavolo. Anche se in Gesù non vi è peccato ed egli stesso ci libera dai peccati (1Gv 3, 5), ha voluto mostrare condivisione e familiarità con i peccatori in questo esporsi inesorabile al principe delle tenebre. Come già era avvenuto alla riva del Giordano, Gesù si fa solidale con i peccatori camminando fra le zolle del deserto: quale altro luogo è più pertinente per comprendere lo stato di debolezza e di smarrimento in cui si trovano gli uomini quando sono tentati al male o quando si illudono di prevaricare Dio stesso? E' l'incentivo più indovinato perché noi possiamo comprendere il valore della conversione per incentivare la comunione con lui e per ciò stesso la relazione immediata con noi stessi. Esso in realtà non si esaurisce al solo periodo delle cinque settimane in vista della Pasqua: riguarda ogni momento della nostra vita, ci interessa ciascuno nella sua dimensione e ci tocca ciascuno nel proprio vissuto e non conosce limiti di tempo. Convertirsi è infatti prerogativa di tutta la vita cristiana perché in ogni istante occorre che rivediamo noi stessi senza presumere di aver raggiunto il traguardo della perfezione. Questo tempo precipuo che la liturgia ci mette a disposizione è tuttavia un'occasione perché consideriamo questo appello come appunto facente parte dell'intero vissuto globale e perché non ne disattendiamo le tappe né gli aspetti. |