Omelia (11-02-2002) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Commento su 1Re 8,10-13 Dalla Parola del giorno Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio. Allora Salomone disse: "Il Signore ha deciso di abitare sulla nube. Io ti ho costruito una casa potente, un luogo per la tua dimora perenne" Come vivere questa Parola? L'inaugurazione del tempio di Gerusalemme è un momento di somma importanza per la storia di Israele. L'aver costruito a Dio una casa imponente dà a Salomone l'impressione di aver conseguito qualcosa di sacro estremamente grande. Il mistero di quella nube che riempie e sovrasta il tempio è poi il segno della grande presenza di Dio. Simbolo del suo nascosto ma certo "esserci", richiama i tempi in cui, nell'Esodo, il popolo camminava protetto dai dardi del sole mediante la nube e sapeva che Dio era con lui. Noi però sappiamo qualcosa di più: che cioè il tempio era solo il simbolo di quel tempio vivente di cui Gesù disse: "Distruggete questo tempio e, in tre giorni, io lo farò risorgere". E Giovanni spiega: "Egli parlava del tempio del suo corpo" (Gv 2,21). Ma la vera inaugurazione di questo tempio vivente non si fece col sacrificio di agnelli e buoi a non finire, ma col sacrificio stesso del suo corpo. Morendo in croce, lasciandosi trapassare dalla lancia fin dentro il suo costato, Gesù ci introduce nella sacralità vivente della sua persona e, in lui, ecco abbiamo accesso al mistero di Dio, all'intimità d'amore con lui. E' questo che mi fermerò a meditare oggi rientrando al cuore. E prenderò coscienza che, ad ogni comunione eucaristica, avviene proprio questo: Gesù entra in me e io attraverso lui mi inoltro nell' AMORE INFINITO di Dio. La voce di un teologo Il sacrario dell'antico tempio, il santo dei santi, era inaccessibile al popolo, che doveva restare tutt'intorno lì fuori. In Cristo invece noi entriamo in Dio, unitissimi a lui come tralci alla vite. A. Vanhoye |