Omelia (18-02-2024) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 1,12-15 Il Vangelo di oggi ci parla di tentazioni: molti fedeli non sanno che cosa significhi essere tentati - da chi, o da che cosa? -; e che non conoscano il valore della tentazione si intuisce perché se ne confessano come di un peccato. La tentazione non è peccato, non ancora, almeno! La tentazione può inclinare al peccato. La tentazione è una delle condizioni della scelta tra il bene e il male. Siamo spesso - sempre! - tentati di commettere il male, con pensieri, parole, gesti,... Se avremo fede e coraggio sufficienti per fuggire la tentazione, allora potremo andare a testa alta e ringraziare il buon Dio che ha vinto in noi le forze del male. E a proposito di coraggio, avrete notato che ho abbinato questa virtù con un verbo fuggire, che, abitualmente non denota affatto coraggio, ma, al contrario, viltà... Vile chi fugge!!, si pensa. Ebbene, parlando di tentazione, è proprio il contrario! Fuggire il male è una vera e propria virtù, che rasenta non di rado l'eroismo! José Escrivà de Balaguer, maestro di spirito tra i più famosi del secolo scorso, scrive un trattatelo sulle virtù, in forma di aforismi, facili da imparare a memoria; parlando del coraggio: "Di fronte alla tentazione, sii coraggioso: fuggi!" Ma prima di parlare delle nostre fatiche a tener testa alle tentazioni, è necessario concentrarci sulla persona di Gesù alle prese con il Tentatore: Marco evita la telecronaca del derby tra il Figlio di Dio e Satana, a differenza di Matteo che indulge parecchio sul dialogo tra i due protagonisti. Il racconto del secondo Evangelista presenta tre elementi tra loro apparentemente slegati: lo Spirito spinge - lett. "caccia" - Gesù nel deserto; Gesù dimora nel deserto quaranta giorni, tentato da Satana; (Gesù) dimora in compagnia delle bestie feroci, servito dagli angeli. Ma prima del deserto, il Signore ricevette il battesimo:...e subito lo Spirito lo sospinse nel deserto. Indizio che tra Battesimo e tentazioni c'è un nesso profondo, l'uno non può stare senza le altre. Se pensiamo alla nostra situazione, è facile intuire il senso di questo nesso profondo: senza la grazia di Dio, ricevuta in dono nel battesimo, come potremmo resistere alle seduzioni del male?...ne saremmo immediatamente soggiogati! Il deserto: un luogo ove gli autori ispirati del AT e del NT ambientano molte scene importanti della Bibbia. Il deserto può significare solitudine (deserto interiore), e anche il luogo ove abita il male. Nel Vangelo di Marco il deserto è il luogo della preghiera solitaria (1,35), del rifugio che sottrae all'impeto della folla (1,45), del riposo (6,31.32), della moltiplicazione di pani (6,35). Quaranta giorni: altra espressione, stavolta di tempo, che troviamo più e più volte in giro per la Bibbia: quaranta giorni del diluvio (Gn 7,12); quaranta anni del (futuro) Israele nel deserto (Sl 95); quaranta giorni di Mosè sul Sinai (Es 34,28; Dt 9,18); quaranta anni di dominio dei Filistei su Israele (Gdc 13,1); quaranta giorni di cammino di Elia nel deserto (1Re 19,8). Secondo il racconto di Marco, il Tentatore non giunge alla fine dei quaranta giorni, ma accompagna Gesù per tutto il tempo. Il verbo tentare traduce il greco peirazein, mettere alla prova: Dio mette alla prova l'uomo; l'uomo mette alla prova Dio. lo stesso verbo verrà usato nel contrasto tra il Signore e i farisei, che lo mettono alla prova con le loro domande provocatorie. Gesù stava (nel deserto) in compagnia delle bestie feroci; il fatto viene interpretato dagli esegeti in modi diversi: uno allude ai pericoli che un uomo solo può incontrare nel deserto. Un'altra interpretazione, ripeto, molto distante dalla precedente, evoca la pace paradisiaca che regnava tra l'uomo e il creato; ad un tempo memoria degli inizi del mondo, e profezia del futuro regno (dei cieli), definitivamente riconciliato. Se gli animali (feroci) richiamano, secondo alcuni, il pericolo, gli angeli sono simbolo dell'aiuto di celeste; la restaurata comunione tra l'uomo e Dio. A li là di queste annotazioni testuali, certo importanti, il valore della pagina è un altro: a Marco interessa presentarci Gesù tentato dal male, più che elencare le varie e diverse tentazioni - il potere religioso, il potere materiale, il potere politico,...-. (Marco) non intende offrire alla comunità un prontuario delle principali tentazioni con le quali dobbiamo fare i conti; è più importante sottolineare che Gesù, anche lui, dopo il battesimo, fu tentato da Satana. Lo Spirito sceso su di Lui mentre stava immerso nel Giordano, non preserva, non separa dalle ambiguità e dai pericoli della storia: al contrario, (lo Spirito) colloca Gesù nel cuore della lotta, che nella storia si svolge. Come risposta alla grazia battesimale, Gesù restituisce per così dire decuplicato il dono ricevuto per mano del Battista: un'esistenza nella quale sperimenterà il difficile confronto col male e, contemporaneamente, l'aiuto di Dio Padre. Si vive nella lotta e insieme nella pace. In definitiva, siamo di fronte al mistero di Gesù: Figlio di Dio, eppure tentato dal diavolo. Ma questo è anche il mistero di ogni battezzato: la vita nella quale il battesimo introduce è gravata dalla lotta, ma resta sotto il segno della vittoria del bene e della pace. Chi vuole seguire Cristo deve sapere che incontrerà a ogni passo la tentazione. Perciò sono richieste lucidità e vigilanza. C'è la tentazione di far coincidere il progetto di Dio con i nostri progetti umani. C'è la tentazione di pretendere segni chiari e risolutori dal Cielo; e se Dio non li compie, saremo tentati di compierli noi in nome di Lui. C'è soprattutto la tentazione di allearsi ai poteri forti, per imporre (con la violenza se necessario) il Regno di Dio. La radice di queste tentazioni è la stessa: la paura che il Vangelo resti una parola debole, non competitiva nei confronti di altri messaggi, di altre parole suggerite dalla saggezza umana-soloumana: altre strategie suggerite dagli uomini che sembrano più efficaci a realizzare la missione che il Cristo ci ha affidato! Cadiamo così nel compromesso col mondo: questa è la vera tentazione! |