Omelia (25-02-2024)
don Giampaolo Centofanti


Anche a noi può essere capitato di sperimentare una gioia bella nel rapporto con Dio, con qualche fratello e in quel momento eravamo veramente noi stessi. Ma poi la gioia è passata, magari è venuta qualche difficoltà e ci è parso che quell'esperienza bella si sia rivelata nel lungo periodo solo una sensazione passeggera. Il vangelo di oggi invece ci dice che era un seme. Per questo in certi momenti possiamo non sentirla più. Il seme deve crescere in ogni aspetto della nostra vita, in ogni parte del nostro cuore. La reazione di Pietro a quell'esperienza possiamo averla anche noi. Prima ci può venire quasi naturalmente da impossessarci di quel bene, di gestirlo noi. Facciamo tre tende. Vogliamo che quella gioia ci sia sempre, si ripeta allo stesso modo ma come detto la vita ha tanti aspetti e il seme non si è ancora sviluppato in essi. Pietro vuole incasellare persino Gesù, Mosè ed Elia. Inquadriamo e dunque limitiamo il bene nei nostri schemi. La vita ci spiazza, non sentiamo più niente e allora possiamo essere portati a lasciar perdere, a sottovalutare quel seme. O entriamo in crisi. La nube rappresenta tutto questo: sottovalutare o non sentire più niente, o restare confusi, scoraggiati. Nell'episodio di oggi Dio ci indica una strada: non stupirsi della nube, di non sentire più, di essere confuso, scoraggiati, ma ascoltare quella voce che non è una regoletta astratta ma è Dio stesso che ti ama immensamente in Gesù. Anche tu in Gesù sei il suo figlio adorato e Dio non ti parla a regolette astratte ma ti comunica in Gesù una parola d'amore proprio per te, ti ama senza condizioni e ti aiuta a trovare la serena, semplice, tappa del tuo aprire gradualmente il cuore. Per questo Gesù non ha scritto, non annuncia teorie astratte ma parla con amore a misura per te. E allora perché i vangeli sono scritti? Sono nati da una predicazione orale, dal vivo e la Parola di Dio è fatta prima di tutto per venire tradotta dal vivo, nella specifica comunità cristiana, così come quando fu tramandata le prime volte.
Ed è una parola che nella Trasfigurazione, ossia nella cresima di Gesù, viene con una grazia nuova. Ora i discepoli ascoltano subito Gesù che ha chiesto loro di non parlare per il momento di quei fatti. Non capiscono il perché ma accolgono con fiducia quell'invito. Anche noi nella cresima riceviamo il dono di trovare la nostra autentica strada, come per Gesù fu quella di testimoniare a Gerusalemme la venuta del Messia promesso. E come per Gesù la vocazione non è solo o sposarsi o farsi prete o suora. La tua personalissima strada è quella della tua vocazione momento per momento, la via verso la pienezza della tua vita che, in uno scambio reciproco, diventa sempre più un dono anche per gli altri. E dunque anche il dono di venire ascoltati e da qualcuno in particolare, come Gesù lo fu dai suoi discepoli. Restò Gesù solo: tutto lungo il cammino viene sempre più vissuto in Gesù, in lui andiamo verso la pienezza con ogni bene.
Dunque il vangelo di oggi ci incoraggia nelle gioie e negli spaesamenti, proprio come accadde a Pietro. Andiamo avanti con fiducia, nel bene pieno di buonsenso nella fede che possiamo con semplicità vivere. Quando sentiamo e quando non sentiamo. Ricordiamo di tante persone della Bibbia, come Pietro, che hanno sperimentato proprio la vita venire gradualmente, anche talora nella nube. Ma anche ascoltiamo chi al nostro tempo prima di noi ha percorso questo cammino e ha sperimentato anch'egli gradualmente tante semplici gioie, tanta semplice pace, anche appunto talora in mezzo a prove che però talora su tale via ha potuto superare, talora ha vissuto in modo diverso, col sostegno crescente della grazia.