Omelia (25-02-2024) |
don Michele Cerutti |
Trasfigurazione, anticipo di risurrezione Facciamo un piccolo passo indietro e consideriamo lo sgomento e lo smarrimento di Pietro e degli apostoli dopo l'annuncio degli eventi della Passione e della risurrezione. Nel meditare questo brano che si pone nei passi iniziali del cammino quaresimale dobbiamo tenere in considerazione che Marco scrive il suo Vangelo negli anni 70 e occorre considerare che la Croce andava costituendo una sorta di impedimento per l'accettazione di Gesù come Messia. La Croce un vero e proprio ostacolo nel considerare Gesù come Cristo. Quello di Marco è la raccolta di predicazioni fatte da Pietro a Roma, quindi, c'è un chiaro intento da parte del Principe degli Apostoli aiutare quella Comunità a superare il trauma della Croce e a considerare questa né uno scandalo, né una follia, ma l'espressione del potere e della sapienza di Dio. Teniamo anche conto anche della realtà persecutoria che le prime comunità stavano vivendo. A distanza di secoli e di millenni lo scandalo della Croce non è pacificamente risolta l'idea di un Dio che impotente va di fronte alla morte suona incomprensibile. Questo brano ci rimanda alla forza della Risurrezione che passa attraverso la Passione. Proponendoci questo episodio nella Liturgia quaresimale siamo chiamati a scoprire nella nostra vita momenti in cui il Signore si rende presente nel suo splendore. Il rischio è di vivere una esperienza di fede come quella che abita gli apostoli molto legata guardando terra e poco diretta verso le realtà ultime a cui tutti siamo indirizzati. La fede non è il placebo della nostra vita, ma ci spinge a vivere la vera vocazione di tutti quanti il risorgere. Gesù vuole mostrare a Pietro, Giacomo e Giovanni che la sua missione non è politica, volta a liberare quelle terre dall'occupazione romana, ma è destinata a scardinare le catene del peccato che legano l'uomo. Siamo dei risorti prima di tutto e sappiamo che per giungere a quel traguardo non possiamo fare a meno della realtà della Croce. Come viverla questa dimensione ce lo indica Dio stesso nel Padre quando ci esorta a metterci in ascolto del Figlio. Alla sequela del Verbo la nostra salita sul monte diventa meno impegnativa. Solo alla scuola del Figlio riusciamo a comprendere cosa voglia dire risorgere dai morti. I discepoli pur essendo testimoni delle bellezze della Trasfigurazione, anticipo della risurrezione, non comprendono cosa voglia dire questo mistero. Cari amici, non succede forse la stessa cosa anche a noi? Se pensiamo al Natale, la nascita del Bambino divino ci è in qualche modo immediatamente comprensibile. Amiamo il Bambino, immaginiamo la notte di Betlemme, la gioia di Maria, la gioia di san Giuseppe e dei pastori e il giubilo degli angeli. Diversa è l'esperienza della risurrezione che non entra nell'ambito delle nostre esperienze, e così il messaggio spesso rimane in qualche misura incompreso, una cosa del passato. La Quaresima con il suo cammino impegnativo ci sprona a scoprire la Risurrezione come mistero che permea tutta la nostra esperienza di fede. Non è un cammino penitenziale fine a se stesso, ma con un traguardo ben fisso che è la Pasqua. Rimanendo soli con Gesù come gli apostoli nel brano evangelico al termine della trasfigurazione riusciamo a penetrare in profondità la meta della nostra esistenza. Il brano prosegue con Gesù che scendendo dal monte insieme ai suoi viene invitato a guarire un giovane abitato da uno spirito muto. La fede cristiana rimane incarnata dentro una storia ben precisa non ci esula da questa. Domenica scorsa Gesù ci indicava come vincere gli attacchi del male ancorandoci alla sua Parola questa domenica siamo invitati a scoprire il fatto che la Quaresima è pedagogica nel comprendere che siamo cristiani impastati in un vissuto rivolti verso l'eterno. |