Omelia (25-02-2024) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 9,2-10 Il prodigio della Trasfigurazione costituisce il centro virtuale di tutto il Vangelo, lo divide in due. Strada facendo, Marco ha già accumulato parecchi elementi per rispondere al quesito che più lo inquieta - spero inquieti anche noi! -: chi è Gesù? Da una parte, parole e gesti nei quali il Signore manifesta la potenza di Dio e suscita stupore e meraviglia. Dall'altra, la sua sconcertante debolezza: il Maestro di Nazareth non si sottrae al contraddittorio, al dubbio degli interlocutori e all'incredulità. Le due serie di dati, che Marco ci offre senza preoccuparsi di unificarli, trovano nella manifestazione sul Tabor il loro punto di incontro e la loro spiegazione: la via del Messia è la via della Croce! La narrazione è strutturata con forza e intelligenza. Dapprima un dialogo tra Gesù e gli Apostoli sul destino che lo attende, la Passione, appunto. Poi la prospettiva si allarga e coinvolge anche la folla: il tema è la sequela. Infine l'obbiettivo si stringe nuovamente intorno al Figlio del falegname e ai Dodici, e ha per oggetto la gloria del Nazareno. Ecco le tre coordinate - passione, morte e risurrezione - che definiscono la persona di Gesù. In questo complesso e articolato confronto su chi è Gesù intervengono tutti i protagonisti principali della vicenda: la folla, i discepoli, Gesù stesso, infine la voce del Padre. Assente all'appello, Satana; in realtà lo zampino del principe dei demoni c'è, nel rimprovero di Pietro a Gesù, al quale il Maestro risponderà duramente: "Dietro a me, Satana! Tu non pensi come Dio ma come gli uomini.". Anche le risposte alla domanda: "La gente chi dice che io sia?" sono in ordine crescente: un profeta, il Messia, il Figlio dell'uomo che dovrà soffrire, il Figlio, l'amato, che va ascoltato. L'intero affresco che culmina nella Trasfigurazione ha l'intento di insegnare al discepolo che non basta scegliere di seguire il Signore: si può essere contro Gesù negando la Sua messianicità; ma anche illudendosi di favorire l'avvento del Regno correggendone per così dire la traiettoria - in parole povere, evitando la vergogna della croce -. Satana è abile nell'esprimersi sia per bocca degli oppositori, sia per bocca dei discepoli. A colui che aderisce alla fede non si chiede solo di lasciare qualcosa per seguire Cristo; ma di abbandonare le proprie convinzioni su di Lui, sul Vangelo, sulla Salvezza, su Regno, sul Giudizio finale,... La vera crisis non è quella che approda alla scelta della fede; la vera crisis consiste nel constatare e nell'accettare quanto sia diverso il piano divino dalle umane aspettative e certezze... Prova ne sia la risposta di Pietro: "Tu sei il Cristo!", in sé giustissima; ma non appena Gesù spiega ciò che (Lui) dovrà sopportare per diventare il Cristo, ecco il rifiuto e la protesta dell'Apostolo. Del resto, non è umanamente concepibile un Messia sofferente; è una palese contraddizione in termini! Al capitolo 55 (v.8) del libro di Isaia, leggiamo: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie...". L'idea di Dio con tutto ciò che lo riguarda, come totaliter aliter, "totalmente Altro", espressione coniata dal teologo tedesco Rudolf Bultman, è già presente nell'AT e percorre trasversalmente tutta la Bibbia. Ed ecco la sfida: abbiamo il coraggio di abbandonare tutto ciò che sappiamo, tutto ciò in cui crediamo, a costo di andare addirittura contro noi stessi, come anche Cristo andò contro se stesso e pagò con la vita la sua fede? Venendo ora al fatto della trasfigurazione: dopo la gente che ritiene Gesù un profeta, e il discepolo che lo definisce Messia, e Gesù stesso che parla del Figlio dell'Uomo destinato alla croce, ecco la voce del Padre che dà l'ultima definizione su Gesù, quella autentica: "Questi è mio figlio, l'amato, ascoltatelo!". La nube, la voce celeste, la presenza di Elia e di Mosè in amabile conversazione con Gesù, sembrano evocare l'altrettanto famosa teofania sul Sinai: Gesù è il nuovo Mosè e in Lui si compiono le attese di Israele, la Legge e le Profezie. La gente e lo stesso Pietro rifiutano un Messia crocifisso, ma le Scritture gli danno ragione. Il trasfigurarsi della persona, il segno delle vesti candide sfolgoranti di luce, richiamano il Figlio dell'Uomo presentato dal profeta Daniele nel suo libro (7,9.13) un secolo e mezzo prima, e anticipano la Resurrezione. Dunque, quest'Uomo incamminato verso il Calvario, la vera montagna della vera trasfigurazione, (costui) è in realtà, fin da ora, il Signore glorioso. Non possiamo separare la croce dalla gloria del Cristo innalzato, come si esprime Giovanni nel suo Vangelo. Pietro non ha capito. Non ha capito che la Signoria del Figlio di Dio si rivela nella vergogna della croce. Il prodigio della Trasfigurazione non è il segno che la strada è giunta alla fine - un'idea nient'affatto peregrina, vista la fama del Maestro ormai alle stelle -; al contrario. Da ora in poi la vicenda non avrà più di questi intermezzi e correrà veloce verso la tragedia finale. L'ordine impartito dal Padre: "Ascoltatelo!" è tutt'altro che pleonastico: al momento della resa dei conti, nell'orto degli ulivi, nessuno lo ascolterà, cioè lo seguirà; tutti fuggiranno. L'invito di Gesù a mantenere il segreto sui fatti della Trasfigurazione è motivato dal fatto che, prima di innalzarlo, diremmo oggi, all'onore degli altari, bisogna aspettare la fine della storia. Soltanto allora, conosceremo veramente chi è Gesù e potremo scegliere se stare con Lui, oppure... ognun per sé... E Dio per tutti? |