Omelia (03-03-2024)
padre Ezio Lorenzo Bono
Se devi amarmi, amami per nulla (Elizabeth Barrett Browning)

I.
I latini impiegavano il motto "Do ut des" per regolare i loro contratti commerciali e giuridici, di compravendita o altro tipo. "Do ut des" tradotto vuol dire "Ti do affinché tu dia", oppure in altre parole "Se faccio qualcosa per te, mi aspetto qualcosa in cambio". Questo sottintende che nessuno fa niente per niente (come si dice: "neppure il cane muove la coda per nulla").
La relazione tra gli uomini regolata dal patto "do ut des" fu trasportata anche nella relazione con la divinità: ogni religione aveva riti sacrificali propiziatori allo scopo di ricevere qualcosa in cambio dagli dei. Alcune religioni, oltre alle offerte di prodotti della terra e sacrifici di animali, offrivano anche sacrifici umani. Anche nella religione ebraica esistevano i sacrifici: la vicenda del sacrificio di Isacco sancisce la condanna e la fine dei sacrifici umani per dare spazio ai soli sacrifici di animali e alle primizie della terra. Anche le religioni greca e romana si basavano sui sacrifici propiziatori.

II.
Gesù, come ci dice il vangelo di questa domenica, quando arriva al tempio, scaccia i commercianti e i cambiavalute. Con questo gesto non vuole condannare la pratica del commercio, ma la pratica errata della religione concepita come uno scambio di interessi tra gli uomini e Dio. Nonostante i profeti avessero riferito più volte l'aberrazione di Dio verso i sacrifici, i grassi di montoni e di tori e gli incensi, ai tempi di Gesù ancora si continuava il sacrificio di animali che rendeva il tempio un mattatoio. Con questo gesto Gesù voleva porre fine alla logica del "do ut des" non solo nella relazione con Dio ma anche tra gli uomini, per sostituirla con la logica del "do ut do" ("do al solo fine di dare"), e cioè la logica della gratuità, della generosità, dell'altruismo, dell'agire disinteressato. E' la stessa logica dell'amore: non si deve amare con l'obiettivo di essere amato. Se io amassi per essere amato a mia volta, rimango ancora nella logica umana dell'amore interessato; se io invece amo per amore, già entro nella logica di Dio. Se Dio ci amasse per avere il contraccambio, da degli ingrati come noi, dovrebbe smettere di amarci prima ancora di cominciare. L'amore che ricevo in cambio ai miei gesti di amore, non dovrà essere il motivo del mio amare, ma la sua naturale conseguenza.

III.
Se Gesù venisse oggi nelle nostre Chiese, sarebbe più soddisfatto rispetto a duemila anni fa o prenderebbe in mano ancora la frusta? Le forme del culto sono cambiate (non si usano più animali da sacrificare) ma le intenzioni son rimaste le stesse. Rimane ancora dentro di noi una logica "commerciale" nel rapporto con Dio, come ha detto Papa Francesco in un Angelus: "La prima cosa da fare è liberarci di una fede commerciale e meccanica, che insinua l'immagine falsa di un Dio contabile, un Dio controllore, non padre. E tante volte nella vita possiamo vivere questo rapporto di fede ‘commerciale': io faccio questo perché Dio mi dia quello".
Spesso noi preghiamo Dio, accendiamo candele, facciamo sacrifici, voti, fioretti... in cambio di qualcosa. Come se Dio avesse bisogno delle nostre candele e dei nostri fioretti per darci quello che chiediamo. Dio ci ama solo per amore, e non per le quisquilie che potremmo dargli in cambio. Con il sacrificio di Cristo non c'è più bisogno di altri sacrifici.
Dobbiamo allora smettere di chiedere cose a Dio, di accendere candele o di fare fioretti? Quello che dobbiamo smettere è relazionarci con Dio pensando al nostro tornaconto. Dobbiamo invece pensare solo a Lui. Questo vale anche nel rapporto con gli altri. Quante volte le nostre relazioni sono dettate da interesse, così che quando l'altra persona non ci procura un tornaconto o non ci dà più piacere, la scartiamo, esattamente come scartiamo Dio quando non abbiamo più bisogno di Lui. Quando un rapporto, con le persone o con Dio, finisce, è perché non è mai cominciato.

IV.
Vorrei concludere con alcuni versi della bella poesia di Elizabeth Barrett Browning (1806-1861) dal titolo "Se devi amarmi": Dopo gli ultimi anni dela sua vita trascorsi in Italia, morì a Firenze il 29 giugno 1861 tra le braccia del marito, il quale disse che morì "sorridendo, felicemente, e con un viso come quello di una ragazza". L'ultima parola che lei pronunciò fu "Beautiful" (bellissimo), mentre guardava il tramonto.
"Se devi amarmi, amami per nulla
solo nel nome dell'amore. Non dire:
‘L'amo per il sorriso, per lo sguardo, per il modo
dolce di parlare, per un atteggiamento di pensiero
che ben s'adatta al mio, e che certo causò
un senso di gradevole accordo quel tal giorno'.
Poiché simili cose, esse stesse, amato,
possono cambiare, o cambiare per te, e l'amore nato
così, può così essere disfatto".
Anche Gesù nel vangelo di oggi ci invita ad "amare per nulla", cioè a liberare l'amore, l'amore verso Dio e l'amore verso gli altri. Liberare l'amore dagli attaccamenti e dal possesso; dalle barriere anguste che lo imprigionano; dagli interessi e tornaconti personali; dalle inibizioni e dai timori.
Liberare l'amore è "amare per nulla", è amare come Dio.

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