Omelia (03-03-2024) |
diac. Vito Calella |
Il cristianesimo è religione del “rispetto” e del “dono” Il cristianesimo non è un commercio religioso! È un'esperienza comunitaria di rispetto e di gratuità, coerente con la predicazione di «Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (1Cor 1,23). Le religioni possono diventare una proposta commerciale La Parola di Dio in questa III domenica di Quaresima ci mette in guardia dal pericolo di trasformare la nostra esperienza religiosa in una pratica commerciale di relazione con Dio e con gli altri, ognuno praticando la propria spiritualità individuale. La prima lettura ci offre il racconto di uno degli annunci dei dieci comandamenti, inserito nel contesto dei capitoli 19-40 del libro dell'Esodo, dove viene raccontata l'alleanza di Dio con il popolo d'Israele, liberato dalla schiavitù d'Egitto (alleanza dei Sinai). I dieci comandamenti sono la "Costituzione", sono la base di tutte le altre leggi, contenute sia nel codice di alleanza di Es 20,22-40,38, sia negli altri libri successivi del Pentateuco. La religione del giudaismo, al tempo di Gesù, guidata nelle sinagoghe dagli scribi e dai farisei, era diventata l'imposizione del pesante fardello dell'osservanza di 613 precetti. L'obbedienza ad essi determinava il diritto del popolo a esigere da Dio la benedizione della salute fisica e spirituale, della prosperità economica, della pace e della giustizia. La disobbedienza alle norme della legge giustificava disgrazie e malattie, problemi familiari ed economici, giudicati come "castighi divini". Il rapporto con Dio, secondo la teologia della retribuzione, diventava una questione commerciale: uno scambio di favori. La logica commerciale della religione giudaica divenne scandalosa nella città di Gerusalemme, a causa dei culti sacrificali praticati nel tempio. Ogni anno, in occasione della festa di Pasqua, le famiglie dovevano compiere un pellegrinaggio alla città santa di Gerusalemme e portare le proprie offerte sacrificali. Prima della nascita di Gesù, il re Erode aveva fatto iniziare i lavori di rifinitura del maestoso tempio di Gerusalemme (19 a.C.). Quando Gesù iniziò la sua missione pubblica, i lavori erano già nella fase finale del completamento: «ci sono voluti quarantasei anni per costruire questo santuario!» (Gv 2,20a). Gesù predicò il Vangelo e compì segni (miracoli) per circa tre anni. L'evangelista Giovanni ci racconta i tre pellegrinaggi che compì insieme ai suoi discepoli (cfr. Gv 2,13.23; il secondo in Gv 6,9 e il terzo in Gv 12,1;13,1;18,28; 19, 14). L'espulsione dei mercanti e dei cambiavalute, secondo l'evangelista Giovanni, fu effettuata in occasione del primo pellegrinaggio di Gesù, per dire che il suo rapporto con i capi della religione giudaica (il Sinedrio di Gerusalemme) fu teso fin dall'inizio della sua missione evangelizzatrice. La città di Gerusalemme, che normalmente contava circa 55.000 abitanti, durante la festa di Pasqua accoglieva circa 125.000 pellegrini. Nel tempio venivano sacrificati circa 18.000 agnelli, destinati alla celebrazione della Pasqua. All'epoca esisteva un commercio di animali e di cambiavalute, poiché le offerte di denaro a quel luogo sacro potevano essere fatte solo con monete ebraiche. Il culto sacrificale del tempio di Gerusalemme era diventato un affare commerciale molto redditizio per l'intera classe sacerdotale e l'èlite religiosa del giudaimo. Il gesto di Gesù, riportato nel vangelo di questa domenica, ci dice che la sua proposta di vita religiosa non è uno scambio di favori tra noi e la Santissima Trinità. La vera pratica religiosa è basata sul rispetto per l'altro La "Costituzione" dei dieci comandamenti della prima alleanza di Dio con il popolo di Israele è ancora valida per noi cristiani. Di fatto, il "Catechismo della Chiesa Cattolica" riassume il progetto di vita morale dei discepoli di Gesù, recuperando la saggezza del decalogo, in quanto è una proposta per una vita morale basata sul rispetto dell'altro. Innanzitutto è fondamentale rispettare la differenza tra noi esseri umani, che siamo creature, e Dio (l'Altro), rivelatoci da Gesù, come vero e unico Creatore, Redentore e Santificatore. Questo è il senso dei primi quattro comandamenti del decalogo, che ci aiutano ad assumere, nella nostra vita quotidiana, il riconoscimento che: «Dio è Dio, l'uomo è uomo». Nessuno di noi può sostituire Dio. Nessuna opera umana, come il potente sistema finanziario del denaro, come la potenza della conoscenza tecnico-scientifica, come il sistema informatico dell'intelligenza artificiale, può prendere il posto di Dio! La venerazione esagerata della Madonna e dei santi è una spiritualità che deve essere corretta, se non è rispettata la priorità data all'incontro orante con la Parola di Dio, all'invocazione incessante dello Spirito Santo e alla centralità del sacramento dell'Eucaristia. Il divieto di "fare immagini scolpite" di divinità entrò nella religione ebraica al tempo dell'esilio babilonese e del post-esilio per aiutare il popolo a rispettare la grandezza e il mistero di Dio. La pratica sacra del riposo sabatico del popolo d'Israele, per noi cristiani, è la scelta consapevole di rispettare e celebrare il giorno del Signore, riconoscendo la centralità dell'evento liberatore della morte e risurrezione di Gesù per la nostra vita e per l'intera storia dell'umanità insieme a tutto l'universo creato. Gli altri sei comandamenti del decalogo ci aiutano a vivere le nostre relazioni umane valutando la nostra capacità di rispettare l'altro nella sua dignità umana e come figlio amato di Dio Padre. La prima testimonianza della gratuità dell'amore divino, data attraverso il nostro corpo, divenuto tempio dello Spirito Santo, è il rispetto della persona umana e dei beni materiali che gli permettono di avere una vita dignitosa. Accogliamo, allora, la proposta della parola di Dio, di assumere i dieci comandamenti come dono divino affinché possiamo essere popolo di Dio, libero e felice in questo mondo! La vera pratica religiosa è basata sulla libera donazione, coerente con la predicazione di «Cristo crocifisso, scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani». Nel vangelo di Giovanni non troviamo i tre annunci di passione, morte e risurrezione, rivelati da Gesù ai suoi discepoli, mentre compiva il suo ultimo viaggio verso Gerusalemme. Questi tre annunci si trovano nei vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca (primo: Mt 16,21,23 // Mc 8,31 // Lc 9,22; secondo: Mt 17,21-23 // Mc 9, 31 // Lc 9,43-45; terzo: Mt 20,17-19 // Mc 10,33-34 // Lc 18,31-33). Nel Vangelo di Giovanni troviamo un unico annuncio, fatto a noi in questo giorno: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere!» (Gv 2,19). Nel contesto di quell'azione zelante di Gesù, dopo aver «cacciato tutti dal tempio, con le pecore e i buoi, e aver sparso le monete e rovesciato le tavole dei cambiavalute» (Gv 2,15), quelle parole sembravano folli e insensate, tanto quanto la zelante azione che aveva appena compiuto. Ma l'evangelista ci commenta: «Gesù parlava del tempio del suo corpo» (Gv 2,21). Tutta la missione di Gesù, tutti i suoi insegnamenti, gli incontri, i miracoli, fino alla morte in croce, sono stati una semina abbondante della proposta del Regno di Dio a tutte le persone che incontrava, a cominciare dai più poveri e peccatori, senza escludere nessuno. Gesù ha sempre agito in obbedienza alla volontà di Dio Padre, ha vissuto in comunione con il Padre, consegnando la sua corporeità vivente all'azione della gratuità dell'amore divino, che era lo Spirito Santo, vivo e operante in lui. Il suo corpo era il santuario "esistenziale" del nuovo tempio di Gerusalemme. Il rispetto degli altri si fonda sulla gratuità della nostra donazione, apparentemente folle e insensata, come lo è stata la croce di nostro Signore Gesù Cristo! Il vero rispetto per l'altro consiste nell'applicare i comandamenti di Dio nelle nostre relazioni umane, però, con un atteggiamento di gratuità, senza mai attendere una risposta immediata secondo le nostre attese. Guidati dallo Spirito Santo, che abita nel tempio del nostro corpo (cfr 1Cor 6,19-2), come Gesù, vogliamo realizzare azioni che favoriscano la condivisione di ciò che abbiamo e siamo con il nostro prossimo; compiere gesti di solidarietà nascosta e discreta con i sofferenti; ascoltare con attenzione chi cerca conforto; avere pazienza con le persone dal cuore duro; perdonare credendo nel recupero degli altri! Sia chiaro: queste croci folli e scandalose che portiamo nella nostra vita quotidiana, nel nome di Cristo, ci renderanno partecipi della gloria della sua risurrezione. |