Omelia (29-01-2006) |
don Mario Campisi |
C'e' Chi entra e chi esce... Con il Vangelo di questa domenica comincia il dipanarsi storico del ministero di Gesù, l'incipiente rivelazione della sua identità e il conseguente inizio dell'apprendistato dei discepoli che si pongono alla sequela del Maestro di Nazaret. Il luogo della scena è Cafarnao, particolare punto di appoggio dell'attività di Gesù. Di sabato Gesù, secondo l'usanza giudaica, va nella sinagoga. Gli edifici di riunione costruiti per le adunanze del sabato sorgevano di solito fuori dell'abitato, vicino all'acqua, e servivano soprattutto all'istruzione nella Tora. Tale culto comprendeva, accanto a preghiere e benedizioni, la lettura della Scrittura dalla Tora e dai profeti e la predica che a questa lettura si collegava. A ogni membro idoneo della comunità poteva essere richiesto di tenere questo discorso. La cosa che più desta stupore da parte dei presenti nella sinagoga è che Gesù "entrato..." "si mise ad insegnare". Da subito Gesù si presenta con il Maestro e ciò che insegna sconvolge il modo di comprendere la Legge fino ad allora annunziata e spiegata dagli scribi: "Ed erano stupiti del suo insegnamento... perché insegnava non come i loro scribi". Notiamo come Gesù si pone subito in antitesi con l'autorità religiosa costituita e preposta a custode ed interprete della Tora, della Legge di Dio. Diversamente dall'insegnamento degli scribi, che rimaneva solo a livello epidermico negli ascoltatori, quell'"entrare" di Gesù nella sinagoga è come se volesse dire che Gesù entra nella storia e nella vita stessa del popolo di Israele e lo fa con quell'autorità che non gli viene conferita dagli uomini ma da Dio Padre stesso. Gesù "entra" non solo nella storia di Israele, ma soprattutto "entra" nel cuore di chi lo ascolta sconvolgendo tutto il mondo interiore dell'uomo che adesso, libero dalle catene del maligno, riesce ad ascoltare l'unica vera ed autentica voce, quella di Dio. L'episodio dell'esorcismo nella sinagoga da parte di Gesù sta a testimoniare quanto detto sopra. Se Gesù "entra" nel cuore dell'uomo per condurlo al cuore infinito del Padre, dal posseduto "esce" lo "spirito immondo" che lo teneva prigioniero e schiavo delle tenebre. Bellissimo il contrasto che Marco riesce ad elaborare in questa prima metà della pericope evangelica di oggi: quando Gesù "entra" nel cuore dell'uomo il demonio "esce" perché non ci può più essere posto per lui. Siamo di fronte al tema conduttore dell'intero Vangelo di Marco: il "segreto messianico". La scena dell'indemoniato è una chiara conferma di questo "segreto". Infatti Gesù "sgrida" lo spirito immondo che "grida" la definizione di "Santo di Dio". La conoscenza del Cristo non è quella "gridata" di essere un taumaturgo, ma quella raggiunta gradualmente attraverso un cammino lento di ascolto e di ricerca. Il mistero di Cristo è un lento processo di penetrazione. Scriveva il grande Pascal: "La fede in Cristo è autentica non perché nasce da un miracolo ma in quanto è generata dalla croce". Nella liturgia di oggi parola ed ascolto si intrecciato. Nella cultura ebraica la parola non è il semplice flatus vocis dei latini o il chiacchierio vuoto e destinato al vuoto, ma atto efficace e solenne. La parola di Gesù è quando è detta che incide potentemente sul male e lo sconfigge: "Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci!". La parola di Gesù "entra" nella nostra storia per debellare il male. Tutti noi abbiamo bisogno di sconfiggere i demoni che sono dentro di noi e che si chiamano "prostituzioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza" (Mc 7,21-22). L'"autorità" di Gesù si svela nella sue parole e nelle sue opere, è nelle sue labbra e nelle sue mani. La liturgia di questa domenica provoca nell'uomo il desiderio di conoscere il volto autentico di Gesù. |