Commento su Giovanni 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Li compravano per offrirli a Dio. Non giudichiamo ma proviamo a capire. I popoli antichi avevano paura di tante cose. Avere una divinità capace di dominare queste cose era considerato una soluzione al problema, ma bisognava ottenere la sua benevolenza dandogli qualcosa in cambio. Così nasce l'idea del sacrificio, dando alla divinità cose che noi consideriamo importanti e che ci costano. E' cosi che nasce il commercio religioso. Pensavano che Dio fosse un po' come noi e che quindi si potesse comperare i suoi favori.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà"
Perché Gesù fa questo gesto clamoroso? Notiamo che Giovanni lo mette all'inizio del Vangelo, perché quello che fa è alla base della novità che lui vuole portare. Gesù non ce l'ha col Tempio, tant'è vero che lo chiama "casa del Padre Mio". Di per se non ce l'ha neanche con chi vende o compra. Gesù ce l'ha con una mentalità: quella secondo cui il favore di Dio va comprato o pagato. Vuole cacciare fuori una mentalità religiosa che fa fatica a morire anche oggi. Perciò dicevo prima non giudichiamo ma proviamo a capire per evitare di fare la stessa cosa. Anche oggi, se vuoi ottenere qualcosa, devi guadagnartela, devi pagare, e facciamo fatica a credere che con Dio non è così. Sembra quasi che la gratuità dell'amore di Dio ci dà fastidio, ci destabilizza e non riusciamo ad accettarla. Non ci fidiamo della gratuità dell'amore di Dio, abbiamo sempre paura che prima o poi, ci presenterà il conto. Quante volte sento persone che stanno male e dicono: "Dio me l'ha fatta pagare!" Per questo Gesù deve andare in croce. A un morto non posso dare niente.
Per fare un esempio banale, quando sento dire che è bene patire un po' di freddo in chiesa perché così aumentano i nostri meriti, non so se arrabbiarmi o deprimermi. Oppure che se facciamo i fioretti, Dio ci vuole più bene. Che dobbiamo essere bravi, se vogliamo meritare che Dio ci ascolti. Abbiamo insegnato queste cose per secoli. Il problema è che così facendo vanifico la croce di Cristo. Perché? Il sacrificio nasce dal pensare che Dio va pagato. Anche noi ci rimaniamo male quando facciamo una cosa gratis e per amore, e l'altro decide di pagarci. O se facciamo un regalo e l'altro vuole pagarci. Con la sua croce Gesù vuole rivelarci la grandezza dell'amore di Dio, la sua totale gratuità. Dio non vuole sacrifici.
Contempliamo Gesù in croce che ci dice che preferisce pagare che essere pagato. Lui c'invita ad amare come lui, per essere in comunione con lui, ma non per meritare il suo amore. Il suo amore precede ogni nostra decisione. In sintesi il Signore ci invita alla comunione, e questo desiderio di comunione nasce dalla gratitudine, dall'aver ricevuto.
Mi vien da dire: "cosa pensi di poter pagare!? Ringrazia, contempla e taci".
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.
Buona domenica.
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