Omelia (03-03-2024) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Giovanni 2,13-25 Il quarto Evangelo, lo abbiamo ripetuto tante volte, è sostanzialmente diverso dai Sinottici (Mt, Mc, Lc); non è una storia e non segue una cronologia - dall'annunciazione dell'angelo a Maria, all'Ascensione del Risorto - ma sviluppa un pensiero teologico, dal primo versetto all'ultimo. Siamo al capitolo 2, e i primi gesti compiuti dal Maestro di Nazareth sono eminentemente "gesti liturgici", hanno cioè a che fare con il culto, in particolare con l'Eucaristia: il miracolo di Cana - l'acqua mutata in vino ad una festa di nozze - e la purificazione del Tempio. Sul miracolo di Cana, non è il caso di spendere tante parole: la scena è piena di riferimenti eucaristici: il clima della festa, l'ora di Gesù, il vino-sangue-di-Cristo di qualità superiore, la manifestazione della gloria di Gesù che suscita la fede nei discepoli. Concentriamoci sul secondo segno, la purificazione del Tempio, oggetto del Vangelo di oggi: è un gesto citato anche dagli altri Evangelisti, che lo collocano però alla vigilia della Passione di Gesù, dunque uno degli ultimi segni compiuti dal Figlio del Falegname, prima di essere ucciso. Giovanni sostiene la tesi che il rinnovamento della vita di un credente scaturisce dal rinnovamento radicale del culto: affermare di credere in Cristo, ma non frequentare regolarmente i sacramenti - il cuore della liturgia cristiana -, significa non aver capito la sostanza della nostra fede. Prevengo l'obbiezione: "fr. Massimo è un prete, dunque deve ribadire il precetto della Chiesa dell'obbligo di andare a Messa la domenica, dal quale, la necessità di praticare... È fondamentale chiarire il necessità e obbligo: non è necessario andare a Messa perché è obbligatorio, in quanto prescritto dalla Chiesa; ma è obbligatorio andare a Messa perché è necessario, cioè vitale per la fede! Quel pezzo di pane diventato corpo di Cristo, quel sorso di vino diventato sangue di Cristo, sono costati la vita di Dio! bisogna saperlo e bisogna dirlo a coloro che credono di poterne fare a meno, magari sostituendo il sacramento dell'altare con qualche gesto di carità, di promozione umana, o con qualche preghiera fatta da soli... Sia chiaro, io non sto svilendo la preghiera personale, tantomeno la carità e la promozione umana! Ma c'è un senso nella fede cristiana legato indissolubilmente alla persona del Nazareno, che fa la differenza rispetto a tutte le altre fedi religiose; e questo senso è il dono fatto da Gesù del suo corpo! Quando il prete depone l'ostia consacrata sulla mano del fedele, dichiara: "Il corpo di Cristo"; e il fedele risponde: "AMEN", cioè "ci credo, rendo grazie e mi impegnerò a vivere come Lui ha vissuto!". Il mistero della Passione e morte del Signore emerge dalle stesse parole che Lui pronuncia rispondendo a quei Giudei che avevano assistito sconcertati al gesto di cacciare dal Tempio i mercanti: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?"; "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere!". Naturalmente i presenti non capiscono che sta parlando del (tempio del) suo corpo. Dunque, fin dal suo esordio, il Vangelo di Giovanni è intriso di Passione. E tutto questo è presente, realmente presente, nell'Eucaristia! A ragion veduta, il Concilio Vaticano II dichiara che la liturgia, segnatamente la Cena del Signore, è FONTE E CULMINE della vita cristiana (SC 9-10). E non è un caso che i lavori del Concilio siano iniziati ed abbiamo prodotto come primo, in ordine di uscita, il documento sulla sacra liturgia, quale radice, sorgente, punto di partenza per rinnovare la Chiesa e la vita cristiana. Il Vangelo di oggi è pieno di notazioni simboliche: "Si avvicinava la Pasqua del Giudei...": i riti della Pasqua si inauguravano con la macellazione degli agnelli nel Tempio, trasformato in un vero e proprio mattatoio; in quei giorni si bruciavano chili di incenso, il cui aroma doveva coprire il tanfo insopportabile del sangue. Proprio in questi giorni, Gesù sente il bisogno di salire a Gerusalemme, a compiere un gesto, per indicare che Lui era, Lui è l'unico, il vero Agnello, che, immolato, è in grado di togliere i peccati del mondo, prendendoli su di sé; dunque il Suo sacrificio soppianta e sostituisce tutti gli altri sacrifici. Il giorno in cui Gesù muore in Croce è la Parasceve, la vigilia della Pasqua ebraica. Anche questo non è un dettaglio casuale, e voi intuite il perché! "Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!": è una indicazione importante, ai fini della giusta interpretazione del sacramento, ma, soprattutto, delle ricadute pastorali e morali dello stesso: in altre parole il Signore ci vuole insegnare che il sacramento non si paga con offerte in denaro! Questo va detto chiaramente, onde evitare l'equivoco, ahimé diffuso, che un fedele - sono tanti! - pretenda la Messa personale, solo perché l'ha prenotata, l'ha pagata, e ha il diritto di sentire nominato il defunto!... Se vogliamo ipotizzare una qualche forma di restituzione del dono ricevuto di Cristo, l'unica restituzione possibile è la conversione personale, il cambiamento di vita, come scrive Giovanni, al cap.4 del suo Vangelo: "in spirito e verità". Mi piace richiamare queste parole del Signore, a conclusione della presente riflessione domenicale: "...in spirito e verità" è il modo con il quale Gesù dichiara che si deve adorare Dio. Risponde così alla domanda della donna Cananea: "(...) i nostri padri hanno adorato Dio sopra questo onte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare Dio"; "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità." (4,20-24). Questa dichiarazione (di Gesù) segue a ruota la vicenda della purificazione del Tempio. La pandemia di COVID ha influito in senso non certo positivo sull'osservanza del precetto festivo. Ora, possiamo accusare la Chiesa di molte cose, ma non possiamo affermare che non sia ragionevole! Chi non si sente al sicuro in chiesa, per l'affluenza di pubblico, la ressa, la confusione, con conseguente maggior pericolo di contagio; e preferisce per precauzione restare in casa e seguire la Messa in TV, soprattutto se è anziano, o fragile, stia tranquillo! ...avrà santificato ugualmente la festa. Certo, la comunione spirituale non ha lo stesso valore di quella che si può ricevere partecipando fisicamente alla liturgia eucaristica... Tuttavia, come dicevano i Latini, "ad impossibilia, nemo tenétur"... |