Omelia (24-03-2024)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47

Per accendere la nostra riflessione, può essere utile partire da un dato, solo a prima vista marginale. Tenendo presente che l'attività pubblica di Gesù si è sviluppata in tre anni circa, mentre quella della settimana santa in appena cinque giorni, ne risulta che la metà di tutti i versetti è utilizzata dall'evangelista Marco per raccontare di circa 1000 giorni di predicazione di Gesù, mentre bene 1/3 per narrare le cinque giornate di Cristo a Gerusalemme, e addirittura 1/6 circa dell'intero testo viene adoperato per le sue ultimissime ventiquattr'ore. Questo sta a dire la centralità e l'importanza dell'ultima settimana di Gesù, e in particolare dei giorni e delle ore della sua Passione. La morte di Gesù è di gran lunga l'evento più rilevante della sua breve vita terrena, ma nessuno dei Vangeli presenta quella morte come un avvenimento fortuito, accidentale, senza nessun nesso con ciò che precede: il racconto evangelico conduce al processo, e il processo alla condanna.

Gesù è morto. Perché? Che cosa ha detto, che cosa ha fatto per essere liquidato in quel modo così violento dopo solo una trentina di mesi di attività pubblica?

In altri termini: che cosa ci sarebbe voluta per evitare una fine tanto ignominiosa?

Un Gesù che muore come Maometto, circondato dall'affetto dei figli e nipoti; o come Budda, che pronuncia le sue ultime massime in un alone di venerazione generale; o come Socrate, che fa dell'ironia con i suoi discepoli mentre trangugia la cicuta "quasi fosse un dolce liquore", così racconta Platone, discepolo fedele e testimone oculare, non è mai esistito.

Gesù è morto giovane, ma non è morto né di infarto né di cancro. Non si è suicidato non è rimasto di prima di un incidente fortuito o provocato. Non è morto la dato clandestinamente, non è stato freddamente liquidato da un sicario prezzolato. Perché?

Gesù è morto, dopo un processo sbrigato rapidamente: bisognava finire prima della Pasqua, per evitare ripensamenti nella folla e allontanare il rischio di una sommossa. Ma perché è stato processato? La occasione prossima è stata costituita dalla cosiddetta purificazione del tempio, quando Gesù, dopo essere entrato trionfalmente in Gerusalemme, si mise a scacciare i mercanti dall'atrio di pagani: un gesto simbolico, interpretato come un attacco frontale al sistema commerciale del santuario. D'altronde i Sadducei, scrupolosi osservanti della legge mosaica e delle tradizioni degli antichi, non potevano non rimanere scandalizzati per l'atteggiamento di Gesù ti violava il sabato, frequentava repubblicani e peccatrici e si riteneva svincolato da ogni tabù rituale e culturale.


Ma come si è posto Gesù di fronte alla morte? Farsi questa domanda equivale a interrogarsi non solo perché, ma per chi lui è morto. Per Lui la morte non è semplicemente lo sbocco inevitabile e prevedibile di ciò che egli dice e fa, l'esito ultimo delle reazioni violente che suscita. Egli vede in essa espressione di una fedeltà totale al disegno d'amore di Dio, quale vuole essere sempre totalmente disponibile all'uomo, anche di fronte alla sua malvagità. Nei confronti dell'umanità peccatrice Gesù si era posto come "il Figlio dell'uomo", venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti. Egli si è quindi identificato con la misteriosa figura del servo del signore fedele alla sua missione fino alla morte, che offre se stesso in espiazione dei peccati dell'umanità, e per questo diventa via di salvezza per tutti. Per avere la conferma di questa piena e lucida autocoscienza di Gesù di fronte al senso della sua morte, è decisivo il racconto della istituzione eucaristica. Pane spettato e offerto il vino versato sono simboli già di per sé molto chiari e si riferiscono senza dubbio alla passione e alla croce. Se vista in superficie la passione di Gesù sembra essere semplicemente frutto della malvagità degli uomini, letto in profondità, alla luce del testo eucaristico, mostra di essere un preciso e consapevole dono che Gesù fa di se stesso.


Donare la vita è la verità di Gesù. All'inizio della settimana Santa, crediamo perché abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua Passione per partecipare alla gloria della sua Risurrezione.


E allora domandiamoci:

Come singolo, come coppia, come famiglia, come comunità, sappiamo far morire in noi ogni forma di egoismo e interesse per risorgere a vita d'amore in Cristo?


Mariagrazia e Claudio Righi di Pisa