Omelia (05-02-2006)
Suor Giuseppina Pisano o.p.
Commento a Mc 1, 29 39

Oggi, il racconto di Marco ci introduce alla contemplazione di Gesù, visto nel suo " quotidiano", il brano del Vangelo, infatti, è intitolato da alcuni commentatori come "una giornata di Gesù a Cafarnao"; una descrizione che mostra il Maestro in tutta la sua umanità, nella ricchezza e profonda delicatezza dei sentimenti, quali l'amicizia, la tenerezza, la compassione.
Possiamo ben pensare che, dopo la predicazione in sinagoga, dopo le guarigioni in essa operate, Gesù, assieme ai suoi, avesse anche bisogno di riposare e di consumare un pasto; ed ecco che la casa di Simon Pietro lo accoglie, come forse altre volte; qui "...la suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei..."

Il particolare non avrebbe grande rilievo, non è infatti, uno di quei casi, che incontreremo nel corso del Vangelo, là dove si parla di ciechi, paralitici, ossessi, qui si tratta solo di una febbre, che costringe l'anziana donna a letto, ma è il gesto di Gesù a dar rilievo al particolare, che non è cronaca, ma segno salvifico, tutto espresso nel gesto delle mani, vorrei dire nella poesia delle mani: "la sollevò prendendola per mano "

E' un quadro bellissimo, questo ritratto di giovane rabbi che si accosta all'anziana donna e la solleva dalla condizione che ne impedisce l'attività, anche quella modesta di donna di casa, che accudisce i familiari e gli ospiti. La donna ormai è libera di sfaccendare, e possiamo immaginarla intenta a preparare qualcosa da mangiare, per i suoi ospiti, e, sicuramente non sbagliamo; tuttavia, Marco usa un verbo: "servire", che non è il semplice servire a tavola, ma è sinonimo di "seguire ".

La suocera di Pietro entra, presa per mano da Gesù, alla sua sequela.
Il racconto, che può anche esser resoconto di una situazione reale, ha un risvolto salvifico, e ci dice che la compassione e la tenerezza del Signore Gesù si china su ogni debolezza, e la libera da ogni limite che fa da impedimento nel cammino operoso della vita.
Il Figlio di Dio, prendendoci per mano, ci risana ci risolleva e ci chiama alla sua sequela.

Dopo di ciò la giornata di Gesù continua operosa, "Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affIitti da varie malattie e scacciò molti demoni...."; e dopo il riposo, ancora una giornata, della quale Marco, descrive l'inizio.
"Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava "
Origene, nel suo trattato sulla preghiera, si interroga sulle motivazioni di questa azione, e ne indica tante, ma una sembra essere la più valida: anche Gesù, il Figlio di Dio, ha pregato, Lui che come Figlio era sempre in comunione col Padre, sempre in ascolto della Sua parola, così come, sempre, godeva della Sua visione beatifica; qui, come Maestro, testimonia la necessità della preghiera, non con le parole, ma mettendosi lui stesso in preghiera.
Il testo precisa che ancora non era sorto il giorno e Gesù si raccoglie in preghiera.

La preghiera è come luce che illumina il tempo, il nostro tempo: la vita con le sue le inevitabili zone d'ombra e, di essa, feconda e rende chiari anche gli spazi aridi, le solitudini dolorose, radicandovi la presenza di Dio, che, solo, può risanare e dar gioia anche nell'afflizione più amara.
Se Giobbe, che ancora non conosceva la venuta del Salvatore, poteva dar sfogo alla sua angoscia dicendo: "... a me sono toccati mesi d illusione e notti di dolore mi sono state assegnate.... si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino all'alba. I miei giorni sono stati più veloci d'una spola, sono finiti senza speranza. Signore, ricordati che un soffio è la mia vita, e iI mio occhio non rivedrà più Il bene " (Gb. 7,14.64); ora, nel cuore dell'uomo, non c' è più posto per la disperazione, perché Dio stesso, in Cristo, è presente ed operante nella nostra storia; è presente dall'alba al tramonto, nella malattia e in qualunque altro dolore; è presente con la sua parola che illumina e con la sua mano che risolleva e risana; è presente con la sua preghiera, sempre. Ecco perché è giusto, è di importanza vitale, fare spazio a Dio nell'orazione: uno spazio che sia, almeno per una parte della giornata, abitato soltanto da Lui.

E' l'esempio di Gesù, che, in solitudine, pregava il Padre, finché non lo raggiunsero i discepoli, fatti portavoce di quanti avevano assistito alle guarigioni, e che lo aspettavano, quasi sicuramente, perché avrebbero voluto tenerlo con loro, ma il progetto del Maestro è un altro.
In risposta alle sollecitazioni dei discepoli, egli usa un imperativo: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché lo predichi anche là; per questo, infatti, sono venuto!».
Quell'avverbio " altrove " è determinante, in quanto sottolinea che il cammino dell'evangelizzazione non è circoscritto nello spazio e nel tempo, ma va sempre oltre.

Così la missione affidata a Gesù dal Padre, è la stessa missione consegnata da Cristo agli Apostoli, e da questi alla Chiesa; di questa missione Paolo afferma:"... non è per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! (1 Cor 9, 16 19)
" ..un dovere per me.."; un dovere per ogni battezzato, ovunque; è lo stesso Maestro che ci sollecita a vivere " l'oltre " dell' evangelizzazione, senza fermarci mai.


Sr Mariarita Pisano o.p.
Monastero Domenicano
SS.mo Rosario
Marino Laziale RM