Omelia (29-01-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
E’ scomodo essere profeti Se c'è un tempo - ma è sempre stato così - in cui c'è bisogno di profeti, è questo. Ossia di uomini e donne che dialoghino con chiarezza, e direi con il coraggio che viene dal sapere che quello che affermano non è una loro opinione, che può essere discutibile, ma la verità che viene solo da Dio. Assistiamo tutti i giorni ad una mentalità che cerca di imporsi come verità della vita, direi ancora meglio "bene" della vita, e non accetta di essere contrastata. Vuole via libera ad ogni costo. Provate a parlare male di certe mode che gettano alle ortiche non solo la virtù ma la stessa decenza e vi sentirete aggrediti come non adatti al nostro tempo "che cambia". Provate a dire male della corsa al benessere, che a volte calpesta la legalità fino a sconfinare nella criminalità, e vi sentirete dire che non conosciamo le vie del benessere. Ci troviamo di fronte a fatti che scuotono la coscienza e, giustamente, gettano pericolose nubi sul futuro, come i comportamenti da criminali di bande formate da adolescenti, e non abbiamo altro che la esecrazione... ma se osiamo dire che quello che è urgente è una sana, cristiana pedagogia, fin dalla nascita, si rischia di essere derisi. Ricordo quando ero giovane studente religioso, dopo la grande guerra e la liberazione, eravamo un poco tutti schierati contro la Russia che incarnava la dottrina di chi vuole cancellare il cielo per creare qui in terra "un paradiso di operai": e sappiamo tutti l'assurdità dei risultati, non solo ma qualcosa di più orribile. Esaltavamo l'America per quel suo amore alla libertà, che è il grandissimo bene dato da Dio ad ogni uomo, non conoscendo però il male che anche lì vi era, seppure meno appariscente, forse! Un giorno - e mi piace ricordarlo, perché è stata una preziosa lezione di vita che mi ha accompagnato ed aiutato a leggere i tempi - il mio superiore generale, un grande uomo di Dio, filosofo, che sapeva scrutare i tempi, radunò tutti noi chierici e ci disse pressappoco: "Avete pienamente ragione nel condannare i propositi del comunismo. Cancellando Dio dall'uomo e dalla terra chi si porrà al suo posto? Il niente o l'egoismo dell'uomo e così veramente la terra diventa un inferno. L'uomo non è Dio e non può assolutamente dare ciò che è di Dio; ha- bisogno di Dio, perché Dio è la sola atmosfera in cui è possibile vivere. Ricordatevi, nessuno e nulla può sostituire Dio per l'uomo. Senza Dio il mondo diventa un inferno di violenza, egoismi, abbattendo ogni regola di amore e dando via libera al male. L'America, è vero, rispetta la libertà dell'uomo, non si propone di cancellare Dio...anzi, fa molta esibizione di fedeltà a Dio. Ma ha un male interiore che è come il cancro e può divorarla nel tempo e questo male è il consumismo, ossia mettere al posto di Dio o vicino a Dio il culto del benessere, che può diventare un altro Dio. 'Non avrai altro Dio, fuori di me', ci ha detto il Signore". E noi tocchiamo con mano come anche da noi lentamente si cerca di mettere in un angolo la fede e la santità per dare spazio ad altri "dèi", che generano quei mali che suscitano orrore, riducono gli spazi della speranza e della gioia, e quasi a volte fanno dimenticare l'amore non solo di Dio, ma degli uomini. Come è ai nostri giorni. Quando la Chiesa, come suo dovere, ha alzato la voce richiamando al rispetto della vita di tutti, a cominciare dal concepimento, tanti si sono scandalizzati come se avesse invaso terreni di politica, ignorando che la politica è al servizio della persona umana, della sua vita, dei suoi diritti, e non "padrona" dell'uomo, fino a erigersi come creatori della vita e non creature di Dio. E' stato molto bello ciò che il Santo Padre ultimamente disse a proposito dell'embrione, ossia di questa vita che inizia il suo cammino verso l'esistenza nel seno della famiglia: "l'occhio di Dio si posa sorridente e gioioso subito sull'embrione', come lì avesse inizio la Sua Creazione ossia la storia del suo amore. E' veramente tempo oggi di profeti e di testimoni. La profezia altro non è che la Parola di Dio messa sulle labbra della Chiesa e dei cristiani: a cominciare dai genitori nella educazione dei figli, a tutti noi. Ci sono poi circostanze in cui Dio fa udire la sua voce a noi che rischiamo di perderci, suscita alcuni che vanno decisamente contro corrente e sono come un efficace schiaffo a noi che a volte diventiamo ciechi e seguiamo le vie del mondo o ci rassegniamo al male senza opporci, per paura. Ma la forza della profezia è il coraggio che Dio sicuramente dà, come è nella storia dei profeti. "Così dice Dio a Mosé: "Io susciterò un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire" (Dt 18,15-20). Toccò anche a Gesù, Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, ossia la sola Parola che contiene tutto l'amore ed il bene per ciascuno di noi, conoscere la sorte dei profeti: quella di "dare fastidio e di sentirsi indesiderato"... tante volte non capito. Basterebbe il fatto dell'annuncio dell'incredibile dono della Eucarestia. Un discorso che tutti dovremmo sapere a memoria per la sua bellezza e perché davvero è il perno della nostra santità. "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna. Fate questo in memoria di Me". Non solo non venne capito, ma fu lasciato solo, al punto che, disgustato forse, disse ai suoi discepoli: "Volete, andarvene anche voi?" Fu Pietro che a nome di tutti rispose: "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna". La risposta di Pietro è di grande attualità. Da chi davvero andremo, oggi, di fronte a tanti discorsi devianti che ci assediano; a volte mettendo in crisi la nostra stessa identità di cristiani? "Da chi andremo?" Il vangelo di oggi ci mostra Gesù che nella sinagoga di Cafarnao insegna. "Ed erano tutti stupiti del suo insegnamento perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi". E subito ha la contestazione da un uomo posseduto da uno spirito immondo che gli urla: "Che c'entri con noi Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei". E Gesù di rimando: "Taci! Esci da questo uomo". E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. (Mc 1,21-28). Quante volte sentiamo, impropriamente usata, questa parola, noi vescovi o cristiani, nelle stesse famiglie: "Taci!". Che rispetto c'è alla persona, comunque la pensi, intimandogli "taci"? La si può e la si deve dire questa parola, come Gesù, quando si vuole chiudere la bocca al male. Lì ci vuole il profeta. I miei lettori sanno molto bene che la mia vita nel Belice e qui ad Acerra è trascorsa come assediato dalla criminalità organizzata che con violenza impone il silenzio, in tutti i sensi, alla persona. Si condanna così una comunità al silenzio, defraudandola di quel grande dono che è la libertà di pensiero, di parola, di gioia che è la bellezza dell' uomo. Un "taci", come a non volere ostacoli nel fare il male. Potevo, come pastore, accettare questo silenzio. Accettarlo avrebbe avuto il senso della diserzione dalla mia missione, e permettere che il male regnasse. Era ed è pericolo alzare la voce e chiedere giustizia e rispetto. Quante volte sentii questo ammonimento, che era come un avvertirti del pericolo che potevi correre se non tacevi. Ma era un silenzio impossibile per un pastore. "Le pecore sono state affidate alla mia cura, dissi una volta a chi mi minacciava, non a voi. Voi siete dei mercenari che non hanno scrupolo di portare tutti al macello". Sapevo di vivere pericolosamente, ma non accettavo di vivere con paura. Con i miei confratelli Vescovi della Campania, come in Calabria e Sicilia, scrivemmo quella lettera pastorale dura, ma necessaria, profetica: "Per amore del mio popolo non tacerò". Un documento di grande attualità. La gioia è di avere dato la libertà a chi il Signore mi ha affidato... anche se ho dovuto rinunciare alla mia. Non resta che pregare che Dio ci renda tutti profeti, se davvero desideriamo una società ed un futuro a misura di civiltà di amore. Profeti coraggiosi come fu il grande Giovanni Paolo II, ultimamente. Come furono in altri campi Gandhi, Martin Luther King. Profeti capaci di togliere la maschera a chi vuole essere la nostra coscienza, per ridonare la bellezza del volto che Dio ci ha donato nella santità. |