Omelia (28-03-2024)
padre Gian Franco Scarpitta
Amore veramente disinteressato

Qualcuno osserva che se c'è un elemento davvero compendioso e riassuntivo dell'intero triduo pasquale questo è quello della "Cena del Signore." In essa si riscontrano infatti in una sola sintesi tutti gli avvenimenti che riguardano Gesù dal suo ingresso a Gerusalemme fino alla morte e alla Resurrezione. Che cosa avviene in quella sala che secondo gli evangelisti viene messa a diposizione da un fedele discepolo e addobbata a dovere per accogliere Gesù e gli apostoli? Si consuma una cena i cui commensali sono Gesù e gli apostoli. Secondo gli sinottici (Matteo, Marco, Luca) essa corrisponderebbe alla cena della Pasqua ebraica, che commemora la fuga degli Israeliti dall'Egitto a seguito di dieci piaghe imposte da Dio su quel paese, con il passaggio prodigioso del Mar Rosso. Giovanni invece la indica come una cena svolta in prossimità della Pasqua, ma almeno un giorno prima, una sorta di antivigilia nella quale Gesù si accommiata dai suoi e smaschera l'apostolo indegno e traditore. I volti dei partecipanti sono tutti plumbei e contristati, specialmente perché vengono a scoprire che fra di loro vi è sempre stato un infido traditore, falso e ipocrita oltre che ladro. Gesù certamente biasima il suo atteggiamento imperdonabile e nella versione di Marco palesa anche che "meglio per quell'uomo se non fosse mai nato", indicandolo suscettibile così di pena eterna. Tuttavia non esita a manifestare nei suoi confronti la stessa attitudine di condiscendenza e di amicizia rivolta agli altri. L'amore di Gesù prevarica la millanteria, la falsità e la doppiezza e la religiosità solo affettata e interessata di Giuda: intinge un boccone nel piatto e glielo porge. Secondo Matteo e Marco, intinge un boccone insieme a lui. Gesto quest'ultimo proprio del padre di famiglia, che nell'intimità della casa soleva così comunicare la sua predilezione per i figli, la sua attenzione e il suo amore. Anche Giuda quindi, nonostante le affermate condanne di Gesù, rimane oggetto del suo amore e della sua misericordia. Il suo guaio sarà che fuggirà di notte, vale a dire non soltanto confondendosi e sparendo fra le oscurità del paesaggio dopo il tramonto del sole, ma anche perdendosi nelle tenebre dell'errore e della perversione, senza desistere dal suo proposito di inganno nei confronti di Gesù. Questi in ogni caso non si scompone e gli usa il medesimo tratto e lo stesso rispetto degli altri, anche perché sta per vivere appunto il culmine estremo dell'amore; l'inverosimile della passione e della morte redentrice sta per compiersi e ne da' un anticipo anche attraverso due episodi che di verificano durante e dopo il pasto: 1) la lavanda dei piedi. Gesto impensabile da parte di un maestro, che di solito viene lavato egli stesso nelle estremità. E infatti nei confronti dei suoi discepoli Gesù si comporta da schiavo, umiliandosi fino al servizio più assurdo e inconcepibile per quei tempe e anche per i nostri. Lavare i piedi è sinonimo di servizio disinteressato e umile, che non si aspetta di ricevere ricompensa alcuna, ma che si preoccupa solamente di esternare amore eroico e senza riserve che diviene pedagogico per i suoi discepoli. "Se io sono il maestro e lavo i piedi a voi, anche voi dovete fare lo stesso. Dovete cioè amarvi gli uni gli altri nella forma straordinaria, senza vergognarvi di farlo nelle modalità che si solito tutti deprezzano. 2) L'istituzione dell'Eucarestia. Un altro elemento di amore che assicura la continua presenza del Signore nel corso della storia fin quando non farà ritorno. Già la distribuzione del pane, anch'essa tipica usanza di famiglia durante i pasti, indica nel mondo ebraico il concedersi del padre di famiglia ai suoi figli. Gesù si spazza in quanto concede se stesso come dono perenne nello specifico del pane che sarà il suo corpo per il riscatto di tutti, associato al suo Sangue divino
Entrambi i gesti sono la massima espressione del dono di sé, concesso risolutamente e senza riserve; l'abbassamento più impensabile che si possa concepire in ordine al servizio e soprattutto la concretezza indiscussa dell'amore con cui Gesù (è lo stesso testo che parla) aveva amato i suoi discepoli fino alla fine.
Nel pane eucaristico, consumando il quale ci nutriamo dello stesso Signore per la comunione stretta con lui e fra di noi, sperimentiamo che l'amore di Gesù è perenne e che valica ogni nostra ambizione e ogni confine. E che indubbiamente è un amore puro e trasparente, privo di interessi, ma che ha come obiettivo il solo bene di colui al quale viene destinato. Amore umile e disinteressato che supera anche qualsiasi tradimento.
Amore illimitato perché associato sempre all'umiltà e alla mansuetudine.