Omelia (20-05-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Giovanni 14, 27-31a

Gesù, dopo aver parlato dello Spirito Santo, dona ai suoi discepoli la sua pace. Essa sintetizza la pienezza dei beni messianici e si differenzia da quella del mondo che si esaurisce nella gioia effimera del piacere e del successo (Gv 16,20). Inondato dalla pace di Cristo, il cuore dei credenti non deve turbarsi o spaventarsi per la prossima partenza del Maestro, perché egli ritornerà da loro (vv.27-28).

I discepoli non devono rattristarsi, ma rallegrarsi perché Gesù va dal Padre che è più grande di lui. In realtà il Padre è più grande di tutti (Gv 10,29), anche del Figlio suo, perché è la fonte dell'essere, della vita e dell'agire del Figlio e di tutte le creature (Gv 5,19ss). Egli è l'ideatore delle storia e della salvezza.

Gesù informa in anticipo i suoi amici della sua partenza per favorire la loro fede quando questo avverrà (v.29). Gli avvenimenti finali della vita terrena di Gesù stanno concludendosi: il Rivelatore è alle ultime battute della sua missione. Il principe di questo mondo ha già scatenato la sua ultima offensiva (v.30). Egli può dominare gli uomini e servirsene come satelliti, ma non ha alcun potere su Cristo. Con l'esaltazione del Cristo, il demonio è stato sconfitto e detronizzato (Gv 12,31), è stato giudicato e condannato (Gv 16,11).

Gesù però deve dimostrare il suo amore per il Padre, eseguendo il suo piano di salvezza che esige il suo sacrificio, perciò deve accettare la sconfitta della croce che è la vittoria effimera del principe di questo mondo.

Facendo la volontà del Padre, sottomettendosi spontaneamente alla sua passione dolorosa, Gesù mostra all'umanità fino a quale punto egli ama il Padre (v.31). Questo sembra l'unico passo del vangelo di Giovanni nel quale si parla dell'amore di Gesù per il Padre.