Omelia (28-03-2024)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di padre Alvise Bellinato

Morire per scelta
Nel rito della Messa sono state inserite ultimamente delle lievi modifiche.
Alla consacrazione, le parole "Egli, offrendosi liberamente alla sua passione" sono state cambiate in "Egli, consegnandosi volontariamente alla sua passione".
Sembra una cosa da poco.
Pare che si voglia sottolineare di più la dimensione della volontà personale di Gesù: non si è semplicemente abbandonato ad un destino di sofferenza, un destino ineludibile deciso da altri, ma lo ha scelto personalmente, lo ha addirittura voluto fortemente.
L'inizio del Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci ricorda questo mistero: "Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine".
Quel "sino alla fine" ci colpisce stasera in modo vivo: ci dice che Gesù ha scelto in modo libero e volontario il gesto più grande: "Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15, 13).
Gesù sapeva che era venuta la sua ora. Sapeva chi lo avrebbe tradito. Sapeva che la fede dei suoi apostoli era debole. Sapeva ogni cosa. Eppure ha scelto e voluto fortemente donare la vita per i suoi amici.
Avrebbe potuto cambiare atteggiamento, cambiare il suo percorso ed evitare una fine atroce.
Ma non lo ha fatto.
Nella vita si possono accettare le sofferenze non volute, che ci raggiungono non per nostra libera scelta: si può farle nostre con un atto di coraggio e generosità. Già questo è difficile.
Oppure si può sceglierle volontariamente: questo è amore soprannaturale.
Amare chi ti tradisce
Sempre la preghiera eucaristica, quando rievoca il racconto dell'istituzione, dice: "Nella notte in cui fu tradito, prese il pane".
La sera del Giovedì santo, oltre ad essere il momento in cui si ricorda il dono volontario della vita, da parte di Gesù, è anche il momento in cui si rivive il suo tradimento.
Anche in questo caso, Gesù sapeva le cose in anticipo: già conosceva chi lo avrebbe tradito, o meglio: chi lo aveva già tradito con il cuore e si era già accordato per venderlo.
Eppure accetta di amare Giuda Iscariota, sino alla fine.
Quando Giuda lo viene a prendere e lo bacia, Gesù lo chiama "Amico". E sta dicendo la verità. Giuda è veramente un suo amico. Il tradimento non ha fatto cambiare idea a Gesù, non ha trasformato Giuda in un nemico. L'amore continua a fluire dal cuore di Gesù verso un traditore, uno che aveva trascorso con lui tre anni intensi, conoscendolo a fondo, vedendo i segni e prodigi che il maestro aveva compiuto.
Anche qui, potremmo fare una riflessione simile a quella relativa alla morte volontaria di Gesù: a tutti può capitare di essere traditi, anche in maniera atroce o inaspettata. Davanti a questa eventualità si profila la possibilità di iniziare un percorso di riconciliazione, a partire dal cuore. Ma una cosa è subire un tradimento non voluto, altra cosa è conoscere in anticipo chi ci tradirà e continuare ad amarlo, prima che il tradimento diventi "operativo".
Gesù aveva veramente la possibilità di cambiare percorso, conoscendo in anticipo le cose, ma non lo ha fatto.
Il tradimento di Giuda non avviene dopo la cena, nel giardino dei Getsemani, quando bacerà Gesù per indicare chi è colui che deve essere catturato dalle guardie. Il tradimento è già iniziato, molto prima: nell'accordo con chi voleva tradire Gesù, nella cena durante la quale il maestro dona la sua vita per amore.
Ma il tradimento non è in grado di interrompere l'amicizia, da parte di Gesù.
Lavare i piedi sporchi
Don Tonino Bello, profeta dei nostri tempi, diceva che Gesù, eterno sacerdote, non ha mai indossato una stola, o una casula, o un piviale. L'unico "paramento" che ha indossato è il grembiule.
Se lo è messo ai fianchi, nell'ultima cena, per compiere una liturgia diversa da quelle solite, un gesto dal significato profondo e inusuale. Qualcosa che può essere recepito prima dal cuore che dal cervello.
Di solito le cose le capiamo prima con la testa, poi scendono lentamente nel cuore.
Ma stasera accade il contrario.
Non occorre un grande ragionamento per capire il significato della lavanda dei piedi. Il cuore dice subito, agli apostoli, mentre sentono l'acqua toccare i loro calcagni e le mani di Gesù che li accarezzano e li asciugano, che questo è un gesto di umiltà, accoglienza, amore gratuito.
È il gesto di accoglienza in casa, quando si visitava un amico, dopo aver percorso le strade polverose della Palestina e aver sperimentato che la terra si appiccica bene al sudore dei piedi, formando una crosta puzzolente.
Soprattutto è un gesto che, come la consegna volontaria alla morte e l'accettazione del tradimento da parte di un amico, comunica amore Libero.
"Lasciati amare così come sei".
"Non devi sforzarti per meritare il mio amore".
L'amore di Gesù, oltre ad essere "fino alla fine" e "oltre il tradimento", è anche e soprattutto "senza condizioni".
Non è facile lasciarsi amare senza averlo meritato. Entrano in gioco categorie meritocratiche e (legittimi) ragionamenti umani: c'è chi è più degno di essere amato e chi meno.
Pietro, nella sua istintività, interpreta benissimo questa mentalità e dice: "Tu non mi laverai i piedi in eterno!". In un certo senso ci rappresenta bene tutti.
In Pietro vediamo noi stessi, con le nostre idee di Dio, ereditate o acquisite dall'educazione, dalla famiglia, dalle esperienze della vita, dai lutti, dalle sconfitte. Siamo noi che facciamo fatica a lasciarci amare in modo incondizionato. Che pensiamo che per essere amati da Dio sia necessario essere brave persone, puri dai peccati, coerenti, bravi cristiani.
È difficile per noi amare chi non se lo è meritato (magari perché ci ha fatto del male). È difficile anche lasciarci amare, quando sappiamo di aver sbagliato.
Invece questa sera il Signore ci dice che ci ama come siamo e ci invita ad accogliere il suo amore senza che lo abbiamo meritato.
Come sappiamo, Matteo, Marco e Luca ci riportano il racconto dell'ultima cena con l'istituzione dell'Eucaristia. Giovanni invece ci riporta il racconto della lavanda dei piedi al posto di quello dell'istituzione dell'Eucaristia.
Ma se ci pensiamo bene non c'è differenza: donare se stessi, il proprio corpo e sangue, per amore, significa fare della propria vita un dono gratuito agli altri, offrire un amore incondizionato.
Le mani di Gesù che spezzano il pane, sono le stesse che accarezzano i nostri piedi, spesso stanchi e feriti.