Omelia (31-03-2024) |
don Alberto Brignoli |
Magari, invece, è il Dio della Vita! Quante volte, nella vita, abbiamo detto - e ci abbiamo anche provato! - di voler "risorgere a vita nuova" da situazioni difficili e complicate... e poi non ci siamo riusciti. Magari, un giorno ci siamo imbattuti nel buio della noia, del "non senso" delle cose, della depressione, di quel "male di vivere" che ti corrode dentro e chi ti fa vedere e sentire tutto pesante, impossibile da portare avanti, a volte addirittura catastrofico. Magari, abbiamo anche chiesto aiuto e quasi tutti, anche tra coloro che ritenevamo fossero nostri amici, ci hanno detto di no, prendendo la scusa che loro non potevano fare molto, che non si ritenevano in grado di aiutarci, che per queste situazioni ci volevano persone competenti.... Poi, finalmente, le persone competenti le abbiamo trovate: e ci siamo sentiti dire che molto dipendeva da noi, dalla nostra forza di volontà, dalla nostra capacità di reagire... Certo, è tutto terribilmente vero: ma quando poi torni a casa, e questa forza di volontà ti viene meno, e questa capacità di reagire ti manca e ti ritrovi solo, cosa fai? Magari, invece, questo "male che ti corrode dentro" un giorno è stato proprio un male fisico, di quelli che invalidano, di quelli che uccidono, e magari non ha colpito te - altrimenti non saresti qui a parlarne - però ha colpito i tuoi affetti e i loro volti concreti, quelli del tuo papà, della tua mamma, del tuo sposo, di tua figlia, di tuo fratello, della tua amica... e te li ha portati via. Il mondo intero pare proprio caderti addosso... e anche lì, per quanto possa avere persone buone che stanno al tuo fianco, alla fine sei da solo, solo con il tuo dolore... O magari, il male ce l'hai dentro perché te l'ha fatto qualcun altro; magari proprio quel qualcuno che non ti aspetteresti mai, quello di cui ti fidavi di più, quello "che mangiava il pane con te" - direbbe la Bibbia -, quello che amavi più di ogni altra cosa al mondo, quello con cui ti sei sentito "un metro sopra il cielo" e che poi invece ti ha sbattuto tre metri sotto terra, perché la terra ti è crollata sotto i piedi e ti ha sepolto. Poi, magari, arriva l'amico o l'amica di turno che tenta di consolarti: "Ci sono passata anch'io"... "Devi rifarti una vita"... "Dai, sei ancora giovane"... Hanno tutti un bel dire... però intanto la dignità ferita è la tua, e i cerotti sul cuore te li devi mettere tu, e ancora una volta in perfetta solitudine. E magari ti ha fatto del male chi ti ha detto che "da qualche parte bisogna tagliare con le spese", per cui tu domani sei a casa dal lavoro, alla meno peggio in cassa integrazione perché, se è crisi, è crisi per tutti, tranne per chi non fa mai parte dei "tutti", perché c'è sempre chi ha la grammatica apposta, quella con le voci del verbo "avere", "potere" e "tener stretto"... Tu intanto sei a casa, e non è vero che "trovi sempre qualcosa da fare", perché a 45 anni, per il mondo del lavoro, se vuoi ricominciare, sei già vecchio, e soprattutto, un'altra volta, sei da solo... A volte ti viene da pensare che l'unica soluzione sia quella di Nicodemo e di Giuseppe d'Arimatea: metterci una pietra sopra. E morta lì. Però, magari, c'è anche una storia dal finale diverso. A me, per esempio, è stato detto che quella pietra, per quanto pesante fosse, era stata rotolata via, e che il sepolcro era stato trovato vuoto. A me hanno raccontato che una donna stava piangendo per un amico morto, ma che si è sentita chiamare per nome da lui... E mi hanno raccontato anche di due uomini depressi che tornavano da una festa terminata in tragedia perché era stato ucciso il loro capogruppo, ma che fermandosi a mangiare un boccone in un locale gli è parso di vederlo ancora vivo a tavola con loro, ed erano talmente contenti e convinti di questa cosa che sono tornati dagli altri della compagnia a dir loro che non era finito nulla, e che aveva ancora senso vivere. E mi hanno pure detto che dei pescatori avevano perso la barca, le reti e il posto di lavoro, ma han cercato comunque di pescare tutta la notte (inutilmente, ovviamente) e invece all'alba si son sentiti dire: "Non mollare, getta ancora la rete", e han fatto il colpo dell'anno! E che tutta questa gente, alla fine, si è ritrovata insieme, un pomeriggio, tra i monti della Galilea, per ascoltare una Parola che diceva loro: "Non siete soli, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Magari, quella Parola, oggi, ci racconta che non dobbiamo più credere al dolore come ultima e definitiva parola sulla nostra vita. Magari, Colui che l'ha proclamata, oggi, vuole dirci che dobbiamo tornare a credere nell'Amore, perché l'Amore è più forte anche della morte. Magari - visto che "magari" è un avverbio che significa "felici" - quella tomba trovata desolatamente vuota al mattino del primo giorno dopo il sabato, è lì proprio per renderci felici. Di sicuro, ci vuole ostinati a credere ancora, nonostante tutto, nel Dio della Vita. |