Omelia (07-04-2024)
diac. Vito Calella
Cristo nostra pace è il Cristo della nostra fede

L'annuncio di pace del Cristo risuscitato risuona forte in un contesto di guerre
Le orribili scende delle guerre in atto nel mondo, con poche speranze di un immediato "cessare il fuoco", amplificano l'annuncio del Cristo risuscitato, ripetuto tre volte nel vangelo di questa seconda domenica di Pasqua: «La pace sia con voi» (Gv 20,19.21.26).
Gesù stesso aveva preannunciato agli apostoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo» (Gv 14,27). Sul monte degli Ulivi, contemplando la maestà di Gerusalemme, Gesù, con le lacrime agli occhi e con il cuore gonfio, rimproverò il suo popolo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace!» (Lc 19,42).
La pace di Gesù è la sua fede nella comunione con Dio Padre
Per donarci la vera pace Gesù dovette affrontare l'annullamento della pace nel disprezzo totale, operato dalle forze del male, della sua dignità umana e della sua missione, quando morì crocifisso. Una sola cosa non fu sconfitta dalla forza brutale dell'egoismo umano (il mondo): il suo abbandono fiducioso alla comunione con il Padre, paragonabile alla consegna fiduciosa di un bambino, appena generato, nel seno della sua mamma. Questa fu la fede di Gesù: sentirsi l'eterno generato dal Padre, mai abbandonato, anche quando le forze dell'egoismo umano sembravano stravincere vanificando completamente tutto ciò che lui aveva detto e fatto nella sua esistenza terrena. La piena fiducia nella comunione con il Padre fu l'esperienza di pace di Gesù crocifisso. Egli morì sapendo che sicuramente sarebbe stato rigenerato alla vita eterna della risurrezione. Così Gesù morí dicendo: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46 = al 30,6), «consegò lo Spirito» (Gv 19, 30c), non solo al Padre, ma a tutta l'umanità. E vinse la forza della comunione, vinse la pace, vinse il sentirsi generato dal Padre, vinse la certezza di una nuova nascita, dalla morte alla vita con la forza della comunione mai infranta con il Padre.
Alla sera del giorno di Pasqua, «venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,19b-20). Per l'apostolo Giovanni Gesù è l'eterno «generato dal Padre», è il rigenerato dall'evento della risurrezione: «Chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato» (1Gv 5,1).
La pace del Cristo risuscitato è il dono dello Spirito Santo
La pace del Cristo risuscitato, la vera pace, non è come quella che dà il mondo, poiché si riduce sempre ad un faticoso accordo di cessar fuoco, frutto di interminabili discussioni diplomatiche a difesa di interessi delle due parti in causa.
La pace di Cristo è la forza unificante, liberante, santificatrice, rinnovatrice della gratuità dell'amore.
La vera pace del Cristo risuscitato è il dono dello Spirito Santo: «soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo "» (Gv 20,22). Solo Dio Padre, uno con il Figlio, con la forza unificatrice dello Spirito Santo, ha il podere di ridare fiducia a un gruppo di apostoli impauriti, increduli, divisi tra di loro (Tommaso non era con loro nel giorno della prima apparizione del Cristo risuscitato): «Pace a voi. Come il Padre ha mandato me, anch'ío mando voi» (Gv 20,21).
Solo Dio Padre, uno con il Figlio, con la forza unificatrice dello Spirito Santo, ha il podere di scrivere diritto sulle linee storte dei nostri peccati, dando l'opportunità di una nuova rinascita, dopo che abbiamo sperimentato le sofferenze delle conseguenze disastrose del nostro e altrui agire egoistico. Ha donato agli apostoli il potere di rimettere i peccati, a condizione di riconoscere il dono dello Spirito Santo effuso nei nostri cuori: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23).
L'esperienza di «Cristo nostra pace» coincide con l'esperienza della nostra fede
Contempliamo Gesù, l'eterno generato dal Padre e rigenerato dalla sua morte di croce alla vita di Risuscitato. Egli ritorna al Padre, ospitando per sempre tutta la nostra umanità.
La pace di Cristo coincide con la nostra fiducia nel suo corpo ecclesiale
Oggi siamo invitati dalla parola di Dio a gioire per l'esperienza della nostra fede, che ci permette di sperimentare la pace di Cristo nonostante viviamo coinvolti in molti conflitti, con relazioni umane divisive, segnate da atteggiamenti di sfiducia verso la nostra famiglia, o verso la nostra comunità cristiana, o verso il nostro gruppo di appartenenza. Siamo coinvolti in relazioni rotte da atteggiammenti di autosufficienza, condizionate dalla nostra necessità di sicurezze umane, con la paura di rischiare di buttarci nell'esperienza della consegna fiduciosa, come Gesù nell'ora della sua morte di croce.
Identifichiamoci in Tommaso nella settimana di Pasqua: era isolato dalla comunità, non era presente nella sera di quel giorno di Pasqua. Nonostante la sua ammirazione per Gesù, nonostante la sua fatica di elaborare il lutto della sua morte, non aveva fiducia nella comunità dei suoi amici e fratelli. La comunità gli aveva annunciato: «Abbiamo visto il Signore!» (Gv 2025b). Quelle parole non scalfirono il suo orgoglio e la sua autosufficienza. Doveva cavarsela da solo, toccando e vedendo personalmente il Risuscitato, senza confidare nella comunità. Tommado aveva perso la fiducia nel valore della sua comunità di appartenenza.
L'apostolo Giovanni, nell'anunciare che «chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio» (1Gv 5,1a), ci fa gioire nel ricordo del nostro battesimo, paragonato ad una nuova nascita. Con il Battesimo diventiamo membra vive del corpo ecclesiale di Cristo risuscitato e siamo chiamati ad «amare i figli di Dio, amando Dio e osservando i suoi comandamenti» (1Gv 5,2), per dare testimonianza al mondo di essere una comunità di pace, dove «siamo un cuor solo ed un'anima sola e dove nessuno considera sua proprietà quello che gli appartiene, perché tutto è messo in comune» (cfr. At 4,32).
Riscopriamo allora il valore della nostra comunità! Invochiamo lo Spiito Santo per non perdere mai la fiducia nella forza liberatrice che proviene dalla nostra comunione ecclesiale. La comunione ecclesiale è forza di pace, è forza di liberazione. Lo Spirito Santo ci faccia rinascere sempre nella comunione ecclesiale, confidando nella grazia del perdono dei nostri peccati attraverso il dono del sacramento della Riconciliazione
La pace di Cristo coincide con la nostra perseveranza nella comunione con Cristo quando non vediamo i segni della sua vittoria sulle forze del male e dell'egoismo.
Identifichiamoci nuovamente in Tommaso, nell'ottavo giorno di Pasqua. Aveva ricucito la sua comunione con il gruppo degli apostoli, era insieme a loro. Riconciliato con i fratelli e sorelle, mancava la sua compartecipazione al mistero della morte di Gesù: cioè, fare l'esperienza di perseverare nella comunione con Cristo senza pretendere di vedere i segni della sua vittoria sulle forze del male e dell'egoismo umano.
Il Cristo risuscitato si rivolse personalmente e particolarmente all'apostolo Tommaso, che aveva dimostrato di avere un atteggiamento di autosufficienza e di sfiducia nella comunità. Di fronte a questo atto radicale di fiducia, Tommaso pronunciò una delle più belle professioni di fede in Cristo: «Mio Signore e mio Dio!"» (Gv 20,28). Cominciò a sperimentare la vera pace del Cristo risuscitato. Ma non è la pace completa. La pienezza della pace la dovette sperimentare quando, come fece Gesù con il Padre, fu chiamato a perseverare nella comunione con Cristo nell'ora della prova della croce, quando cioè, le forze dell'egoismo umano prevalsero anche su di lui, su tutti gli sforzi da lui fatti di promuovere la pace e la giustizia, la fraternità, l'armonia nelle relazioni umane.
Sia lui, sia tutti noi, saremo «beati se crederemo senza avere visto» (Gv 20,29), perché anche noi, potremo sperimentare di essere stati trattati come pietre di scarto, ma, per la nostra perseveranza nella nostra consegna fiduciosa a Cristo, diventeremo, per l'azione dello Spirito Santo, pietre di grande valore (Cfr Sal 117,22).