Omelia (07-04-2024) |
Omelie.org - autori vari |
COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Francesco Botta In questa seconda domenica di Pasqua, la Parola di Dio ci mette in cammino con il Risorto. Non sempre è facile riconoscere la sua presenza viva in mezzo a noi; tante volte ce ne accorgiamo dopo, ma lui desidera esserci e farci sperimentare la sua vicinanza nelle strade della nostra vita. Di fronte al mistero grande della risurrezione di Cristo, la liturgia oggi ci presenta con urgenza la necessità di sentirci parte della Chiesa, come luogo in cui incontrare Cristo e gustarne i frutti della sua presenza. Nessuno di noi basta a se stesso e tutti abbiamo necessariamente bisogno di incontrare Cristo nei volti delle persone che incontriamo e nella vita che ci circonda. Il desiderio di Dio, che abita dentro di noi, richiede di essere scoperto e goduto. Sentiamo, tante volte inconsapevolmente, il bisogno di sentirci riempiti dal Dio della vita. Quante volte ci sentiamo vuoti, incompleti, fragili... desideriamo Dio e spesso non ce ne accorgiamo. La Parola di Dio ci viene incontro, in ogni momento della nostra esistenza, soprattutto quando dentro di noi scende il buio e abbiamo paura. Il Vangelo di questa domenica comincia proprio con un'indicazione temporale: è sera, le tenebre sono scese. Sono tante le volte in cui dentro di noi si fa sera, ci sentiamo soli, ci sembra di non vedere. I discepoli si ritrovano insieme, dopo tutto quello che è successo e le porte della casa sono chiuse. Hanno paura, non vogliono saperne di ciò che succede fuori. È quello che capita anche a noi, quando non vogliamo lasciarci coinvolgere dalla vita e vogliamo chiuderci in noi stessi, chiudere le porte a ciò che potrebbe accaderci di nuovo. Cristo è risorto, questa è la notizia che comincia a girare. Eppure i discepoli hanno paura, temono di fare la stessa fine del Maestro. Hanno bisogno di ritirarsi in disparte e magari ricordare quello che hanno vissuto. È molto più facile ripensare al passato, senza soffermarsi sul presente. In tutto questo, all'appello ne manca uno: Tommaso detto Didimo. Forse lui è l'unico che ha il coraggio di affrontare la vita, ma è l'unico che non ha il coraggio di stare con la sua comunità, con i suoi amici. Forse pensa di farcela da solo. Come succede sempre nel vangelo, Cristo rompe tutti gli schemi. Non si mostra al coraggioso Tommaso, ma va dagli amici impauriti e chiusi in sé stessi. È nella Chiesa, nella comunità, nell'amicizia che Cristo si fa incontrare. Quando Tommaso torna dagli amici, questi non possono fare a meno di raccontargli quanto avvenuto. Il Signore, il centro della vita, è vivo e si è fatto incontrare di nuovo. Non è possibile... questo è il pensiero di Tommaso. Desidera vedere e fare esperienza personalmente, non gli basta il racconto dei suoi amici. A ciascuno di noi non basta sentire racconti di persone che amano, vogliamo amare noi stessi in prima persona. Anche con Dio succede così: non ci basta sentire che altri ne facciano esperienza, non ci basta sapere che lui ci sia, vogliamo incontrarlo noi stessi. Il Vangelo questa domenica ci presenta un luogo in cui incontrarlo: la Chiesa, una comunità di persone alla ricerca. Otto giorni dopo, come ci dice il testo biblico, Tommaso è con gli altri discepoli e il Signore di nuovo si rende presente. Tommaso riconosce il Signore attraverso un'esperienza molto particolare: mette le sue mani nelle ferite del Risorto. Sì, Cristo è risorto ma conserva le ferite della passione. Quando amiamo, spesso ci facciamo male dentro e il nostro cuore conserva le ferite d'amore. Tommaso riconosce il Signore da cui si è sentito amato, proprio attraverso le sue ferite. Anche nell'Odissea si racconta che Ulisse viene riconosciuto dalla sua nutrice proprio dalla cicatrice. Solo l'amore ci permette di trasformare una ferita in un riconoscimento. Le tante ferite che ci portiamo dentro possono diventare il luogo in cui riconoscere la nostra storia e la nostra identità. Questa icona biblica è immagine di tutta la nostra vita: la nostra esistenza è una continua ricerca di Dio. Ci portiamo dentro il desiderio e il bisogno di riconoscerlo. Perché siamo stati pensati da lui e non desideriamo altro che ritornare a lui... In questa seconda domenica di Pasqua chiediamoci quale sia il nostro rapporto con la Chiesa. Domandiamoci quali siano quei volti che ci aiutano a fare esperienza di Cristo. In quali luoghi riconosciamo di aver incontrato il Risorto? Come lo abbiamo riconosciuto? Il Signore ci conceda di fare questa esperienza, ci conceda di mettere le nostre mani sulle sue ferite d'amore e sentirci raggiunti da questo calore capace di riscaldare le parti più fredde di noi e di illuminare le nostre notti più buie. |