Omelia (21-04-2024) |
padre Ezio Lorenzo Bono |
KINTSUGI: le cicatrici dorate I. Chirone era un centauro (metà uomo e metà cavallo) della mitologia greca, abile nell'arte della medicina e dell'istruzione. Un giorno mentre insegnava a Achille a usare l'arco, venne accidentalmente ferito da questi con una freccia avvelenata che gli procurò una ferita dolorosissima e inguaribile. Essendo immortale, ottenne da Zeus di essere liberato dall'immortalità e venne trasformato in una costellazione, del Centauro appunto. Chirone, definito come il "guaritore ferito" è stato preso come modello per i guaritori e i terapeuti i quali sostengono che chi ha sperimentato su di sé la sofferenza può capire meglio la sofferenza altrui e aiutare ad affrontarla. Il nostro centauro rappresenta quindi non solo la capacità di guarire gli altri, ma anche l'importanza di abbracciare la propria vulnerabilità e trasformarla in un dono per gli altri. Quello che sembra un punto di fragilità diventa quindi un punto di forza. Carl Gustav Jung, il padre della psicologia analitica o psicologia del profondo, affermava che "il terapeuta può guarire gli altri nella misura in cui è ferito egli stesso". Attraverso la sua propria ferita il terapeuta è in grado di entrare in contatto con il proprio dolore che gli permette di sintonizzarsi su quello altrui. Decenni fa avevo letto il libro del famoso scrittore di spiritualità, lo psicologo e sacerdote olandese Henri Nouwen, dal titolo "Il guaritore ferito. Il ministero nella società contemporanea", con il quale tentava di rispondere alla domanda "Cosa significa essere ministri nella società contemporanea?". Egli delineò i tratti essenziali della figura del sacerdote come quella del "guaritore ferito". Anche lui si basò sulla metafora di Chirone, per esplorare il tema del dolore e della sofferenza nel ministero religioso. Affronta la questione della vulnerabilità del sacerdote, la sua propria umanità e le sfide che affronta nel suo servizio agli altri. Insiste sulla necessità di accogliere la propria fragilità come parte integrante del servizio spirituale. II. La quarta domenica del tempo di Pasqua che celebriamo, è stata scelta come giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, in quanto il Vangelo ci parla della figura del Buon Pastore. Vi devo confessare che tra tutte le definizioni che Gesù si è attribuito (Io sono la porta, la vite, via-verità-vita, maestro, etc.) quella del pastore è quella che mi piace meno. Infatti, qual è la missione del pastore? Quella di prendersi cura delle pecore perché muoiano di vecchiaia felici e contente riparate nel recinto dell'ovile? No, la missione del pastore è di far arrivare le pecore nella miglior forma possibile al mattatoio per essere macellate. Aggiungere l'aggettivo "buon" (buon pastore) è solo per addolcire la pillola, ma non cambia la meta finale (il mattatoio). Sarebbe come chiamare buono un boia che si prende cura del condannato e lo tratta con gentilezza mentre lo accompagna alla ghigliottina. Nei nostri giorni poi, dove le immagine auliche della pastorizia sono pressoché aliene ai più, l'esempio del pastore non dice molto, anzi, può suscitare una reazione nell'uomo contemporaneo che aberra di essere comparato a dei pecoroni (già a suo tempo Nietzsche aveva inveito contro il "pecorismo nazareno"). Penso che se Gesù venisse oggi non userebbe più la metafora del pastore ma forse quella del maestro o del medico che hanno come obiettivo non quello di condurre al mattatoio, ma alla conoscenza, alla vita (la guarigione) che è lo stesso obiettivo di Gesù Via-Verità-Vita. Mi piace molto vedere nel sacerdote la figura del guaritore ferito, come un compagno nel cammino di fede che anche lui, come i suoi compagni di viaggio, percorre la via, sostenendo chi vacilla nella fede. Anche lui un povero essere umano come tutti gli altri, che a sua volta può cadere e chiedere aiuto per rialzarsi, per confermarsi a vicenda nella fede. Se per Jung un buon terapeuta non dovrebbe allontanarsi mai dall'idea di se stesso come paziente, così il sacerdote non dovrebbe allontanarsi mai dall'idea che anche lui è un cristiano fragile in cammino. In questo modo potrà suscitare in ogni cristiano che cammina con lui quell'affascinante potere di trovare dentro se stesso, anche in fasi di grande sofferenza un dolce guaritore. Questo povero cristiano, che è il sacerdote, nonostante tutte le sue fragilità, è stato però investito del più grande dono che un essere umano possa ricevere, quello di trasformare del pane e del vino nel corpo e sangue di Dio, e di perdonare i peccati. Un miracolo che solo lui può operare, nessun altro lo può fare né in terra né in cielo. Il Santo curato d'Ars, patrono dei sacerdoti, è arrivato anche a dire qualcosa che sembra paradossale: "Andate a confessarvi con la Santa Vergine o con un angelo. Vi assolveranno? Vi daranno il corpo e il sangue di Nostro Signore? No, la Santa Vergine non può far discendere il suo divin Figlio nell'ostia. Anche se aveste duecento angeli là per voi, non potrebbero assolvervi. Un sacerdote, per quanto semplice sia, può farlo. Può dirvi: andate in pace, vi perdono". Lo stesso San Giovanni Maria Vianney disse che se il sacerdote si rendesse pienamente conto di cosa sta facendo quando celebra la messa, impazzirebbe di felicità. Per questo vi dissi già in un'altra occasione che quando celebra la messa, il sacerdote entra in una specie di "sospensione della coscienza", altrimenti non potrebbe resistere alla forza travolgente del mistero che sta celebrando. Preghiamo oggi e sempre per le vocazioni, perché nel nostro cammino di fede non manchino mai questi compagni di viaggio che ogni giorno operano il miracolo di rendere presente Dio con il suo corpo e il suo sangue e il perdono dei peccati. III. In conclusione. Nella tradizione giapponese esiste un'arte di riparare ceramiche, vasi, tazzine rotti usando oro fuso. Questa arte è nota come "kintsugi" (o "kintsukuroi" che significa riparare o legare con l'oro - kin) e consiste nel riunire i pezzi di un oggetto rotto usando una resina speciale o colla, e nel riempire le crepe con polvere d'oro o oro fuso. In questo modo non solo si ripara l'oggetto danneggiato, ma si crea anche un nuovo design che mette in risalto le cicatrici e le imperfezioni, trasformando così il danno in bellezza. Questa arte del kintsugi riflette il concetto filosofico che le cicatrici e le fratture possono arricchire e valorizzare la bellezza e il valore dell'oggetto riparato, così come le sofferenze possono far diventare una persona ancora più bella. Il sacerdote è come un artista del kintsugi, che dopo aver riparato le fratture della propria anima facendovi colare l'oro divino, aiuta gli altri a ricomporre le loro fratture colandovi lo stesso oro, seguendo l'esempio di Gesù che imparò l'obbedienza (l'ascolto) dalle cose che patì. Dalle sue piaghe siamo stati guariti. l risultato finale sarà strabiliante: se l'artigiano kintsugi ricreerà il manufatto striato d'oro, percorso da linee che lo rendono nuovo, diverso, bellissimo, così il "guaritore ferito" ci aiuterà a sanare le nostre cicatrici rendendoci ancora più forti e belli, perché saremo rimessi insieme non da un metallo "destinato a perire", ma dall'oro divino che è il corpo e sangue di Gesù e il perdono dei peccati, con la cui potenza unificatrice nessun oro del mondo potrà mai competere. Non preoccupiamoci dunque delle nostre cicatrici perché sono cicatrici dorate che ci donano una forma di bellezza e di perfezione superiore: dalla loro accettazione e rimarginazione, prendono il via i processi di rigenerazione e di rinascita interiore che ci rendono persone nuove, risorte, ancora più belle di prima. ______________ I video (in italiano, portoghese e inglese) dei miei commenti al Vangelo della Domenica li potete trovare sulla mia Pagina Facebook, sul mio canale Youtube o sul mio canale Whatsapp. I testi dei commenti tradotti in inglese e portoghese li potete trovare sulla mia WebPage. |