Omelia (01-05-2024) |
Missionari della Via |
Gesù viene riconosciuto come «il figlio del falegname». Giuseppe era conosciuto per il suo mestiere, che insegnò a sua volta a Gesù, il quale lavorò per tanti anni insieme a lui. Perciò, quando Gesù iniziò la missione pubblica tutti si stupirono: come è possibile che il figlio del falegname parli così? E perché opera miracoli? Come ha ricordato papa Francesco: «Il termine greco "tekton", usato per indicare il lavoro di Giuseppe, è stato tradotto in vari modi. I Padri latini della Chiesa lo hanno reso con "falegname". Ma teniamo presente che nella Palestina dei tempi di Gesù il legno serviva, oltre che a fabbricare aratri e mobili vari, anche a costruire case, che avevano serramenti di legno e tetti a terrazza fatti di travi connesse tra loro con rami e terra. Pertanto, "falegname" o "carpentiere" era una qualifica generica, che indicava sia gli artigiani del legno sia gli operai impegnati in attività legate all'edilizia. Un mestiere piuttosto duro, dovendo lavorare materiale pesante, come il legno, la pietra e il ferro. Dal punto di vista economico non assicurava grandi guadagni, come si deduce dal fatto che Maria e Giuseppe, quando presentarono Gesù nel Tempio, offrirono solo una coppia di tortore o di colombi (cfr Lc 2,24), come prescriveva la Legge per i poveri (cfr Lv 12,8)». Da questo possiamo cogliere una cosa importante: l'importanza del lavoro. Il lavoro non soltanto permette di avere una fonte di sostentamento, ma permette di realizzare realizzandosi. Nel mondo biblico il lavoro è il compito che Dio ha affidato all'uomo per portare avanti l'opera della creazione, collaborando con Lui. Ne capiamo bene l'importanza pensando alla sofferenza che si prova quando non si lavora: quante persone si sentono ferite nella dignità perché non lavorano? Ecco perché ci farà bene fermarci e pregare un momento per chi non ha lavoro; e se possiamo far qualcosa per creare lavoro, darci da fare. Non solo. Qui possiamo cogliere un invito bellissimo a mettere il cuore nel nostro lavoro, per fare ogni cosa in modo bello, limpido, completo. Non è il lavoro che ti dà il tuo valore, ma sei tu che dai valore a ciò che fai a seconda di come lo fai e per chi lo fai. Posso essere un medico o un imprenditore e lucrare sul sangue della povera gente, agendo superficialmente o solo per interesse personale; oppure posso essere un contadino ma curare con amore le piante e tirar su con sacrificio frutta e vegetali che sfameranno molti. Cosa conta? Chi di questi sta dando valore a ciò che fa? Pensiamo a san Giuseppe lavoratore, che con impegno e sacrificio ha portato avanti il suo lavoro, aiutando molti, sostenendo la sua famiglia, insegnando il mestiere a Gesù. Che mistero grande: un uomo che ha insegnato a Dio a lavorare con le sue mani d'uomo! E Gesù - passate la battuta - per trentanni ha lavorato, ha costruito tavoli e sedie; certo, li avrà fatti "da Dio", ma sempre tavoli e sedie ha fatto, mostrandoci così la strada: riscoprire il valore del lavoro, il gusto del sacrificio, del costruire qualcosa grazie al frutto delle proprie fatiche. Ecco, chiediamo allora al Signore di riscoprire il valore del nostro lavoro quotidiano, che sia materiale o mentale (come lo studio), cercando di fare ogni cosa secondo il suo cuore; fai le pulizie? Falle con impegno, grazie a te ne avranno beneficio altri! Fai il pane? Fallo con il cuore, felice che altri possano fruirne. Progetti case? Fallo con dovizia, ci vivranno delle persone! E così via... compreso il lavoro che oggi spetterà a te! «Questo dato biografico di Giuseppe e di Gesù mi fa pensare a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro - abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono state parecchie -; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare... Mi permetto di ripetere questo che ho detto: i lavoratori nascosti, i lavoratori che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche: pensiamo a loro. A coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero, a coloro che danno lo stipendio di contrabbando, di nascosto, senza la pensione, senza niente. E se non lavori, tu, non hai alcuna sicurezza. Il lavoro in nero oggi c'è, e tanto. Pensiamo alle vittime del lavoro, degli incidenti sul lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare: questo è terribile! I bambini nell'età del gioco devono giocare, invece sono costretti a lavorare come persone adulte. Pensiamo a quei bambini, poveretti, che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare. Tutti questi sono fratelli e sorelle nostri, che si guadagnano la vita così, con lavori che non riconoscono la loro dignità! Pensiamo a questo. E questo succede oggi, nel mondo, questo oggi succede! Ma penso anche a chi è senza lavoro: quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: "C'è qualcosa da fare?" - "No, non c'è, non c'è...". La mancanza di lavoro! E penso anche a quanti si sentono feriti nella loro dignità perché non trovano questo lavoro. Tornano a casa: "Hai trovato qualcosa?" - "No, niente... sono passato dalla Caritas e porto il pane". Quello che ti dà dignità non è portare il pane a casa. Tu puoi prenderlo dalla Caritas: no, questo non ti dà dignità. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane, e se noi non diamo alla nostra gente, ai nostri uomini e alle nostre donne, la capacità di guadagnare il pane, questa è un'ingiustizia sociale in quel posto, in quella nazione, in quel continente. I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno dà loro la dignità. Il lavoro è un'unzione di dignità, e questo è importante. Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente, vivono alla giornata. E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e desiderio di vita. In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro - lo sappiamo - e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. Vorrei oggi ricordare ognuno di loro e le loro famiglie. Facciamo un istante di silenzio ricordando quegli uomini, quelle donne disperati perché non trovano lavoro» (papa Francesco). |