Omelia (30-04-2024)
Missionari della Via


La pace che porta Gesù è diversa da quella del mondo, eppure noi conosciamo diverse tipologie di pace. Al tempo di Gesù avevano sicuramente una loro idea di pace: ad esempio, conoscevano sicuramente gli imperatori romani che affermavano, anche con costruzioni che inneggiavano alla pax, la grandezza dell'Impero Romano che, dominando, aveva dato vita a periodi di pace. Si tratta di un dominio tranquillizzante! È il dominio, per capirci, che può portare qualcuno che si impone, traendo dei benefici e portando una pacificazione. Per noi la pace spesso è questa, un'assenza di conflitti voluta da qualcuno. Anche nelle nostre famiglie spesso attribuiamo la pace al controllo o alla gestione di qualcuno. Anche se non lo chiameremmo dominio, in alcuni casi, sentiamo dire: "quando c'erano i genitori, riuscivano a tenere unita la famiglia!". L'opera amorevole di pacificazione dei genitori riusciva a far volere bene i figli. Eppure, ciò significa che la pace viene costruita dall'esterno, ci viene imposta e ciò ci deresponsabilizza, tanto che morti i genitori applichiamo il criterio della divisione. Già per l'eredità cominciamo a litigare: ecco la prima divisione, quella dei beni! Tutto ciò accade perché la pace è esterna. Per quanto i genitori si sono applicati a portare la pace, questo seme non ha attecchito perché rimasto esteriore, come uno stato di quiete. Ci sono poi altre categorie di persone, quelle violente che impongono la pace, non per amore come i genitori, ma per tenere buone le persone e continuare a guadagnare con il loro operato. Molti apprezzano tutto ciò e rimpiangono alcune dittature, perché con la forza si creava la pace come assenza di problemi. Con la dittatura c'è una soluzione ai problemi: "tutti si comportano bene e perciò andiamo d'accordo!". Queste idee di pace sono molto comuni, perché si tratta di semplificazioni. Pensiamo che stordendoci, non avendo problemi, non pensando alle cose da fare, costruiamo la pace e pacifichiamo la realtà. Eppure, Gesù ci dice che la sua pace è diversa. Già la shalom ebraica non significa assenza di guerra, ma al contrario fa riferimento all'abbondanza, e al possedere uno stato di tranquillità e fiducia abbondante che ci accompagna nelle sfide della vita. Perciò, possiamo dire che la pace può essere proclamata anche in mezzo ai conflitti. Infatti essa è frutto di una buona battaglia dentro sé stessi, lavorando attivamente per affrontare i problemi: non è l'equilibrio per far finta che non ci siano problemi. La pace di Gesù è fatta di dono ed è un dono, è un'abbondanza interiore, perciò quando non si possono risolvere i conflitti si può essere pacificati anche in mezzo alla guerra. Nel Vangelo leggiamo che Gesù annuncia che si recherà nuovamente dal Padre e lascerà la terra; preannuncia appunto una pace più profonda, di unità con il Padre che è tutto. È la stessa pace che dobbiamo coltivare e che ha il sapore dell'eternità. Alla pace del principe di questo mondo, colui che vuole dominare con i suoi schemi di prepotenza, si contrappone una pace come dono abbondante che ci chiama ad operare. Le idee corrotte di pace sono molto pericolose; infatti, molte nostre "guerre" sono nascoste sotto sembianze di pace. Le opere più sottili del male hanno la parvenza di sembrare pacifiche, cioè quiete. Quante volte ci facciamo distruttori della pace, come il diavolo che propaga il suo disordine agendo attraverso la menzogna? Una menzogna che senza guerra apparente genera odio e propaga divisioni, una calunnia che distrugge come un "venticello" che diffondiamo nel mondo e che presto diventa un ciclone devastatore. Il male opera per questo, perché noi con deliberato consenso rifiutiamo di essere operatori di bene e di coltivare la pace in noi e nelle relazioni.