Omelia (15-05-2024) |
don Michele Cerutti |
Il dono delle lacrime Gesù ci ha insegnato in queste settimane a comprendere come vivere il distacco esortando i discepoli a restare innestati con Lui, chiamandoli amici e non servi e indicando lo stile del servizio sul modello della lavanda dei piedi. Oggi la Parola racchiude tutto questo insegnamento nella grande preghiera sacerdotale che Gesù eleva al Padre perché tutte queste esortazioni possano concretizzarsi una volta che è morto e una volta che risorge dai morti. Pensate Gesù sa benissimo che questi non sono campioni di fedeltà e di coraggio, ma anzi tutti se ne scapperanno a gambe levate tranne Giovanni e c'è chi per poco lo venderà ai sommi sacerdoti. Eppure Gesù li affida al Padre nella consapevolezza che gli sono stati affidati perché non abbiano a perdersi. Diventa un imperativo quindi per noi presbiteri a essere a nostra volta volti rivolti verso l'alto e mani alzate sul nostro gregge che ci è consegnato non per gestirlo come nostra proprietà, ma perché assapori già su questa terra la profonda comunione del Figlio con il Padre. Una preghiera che Gesù eleva in un periodo di grande sconforto come quello che sta vivendo perché tra poco inizierà una salita al Calvario dove sarà condotto come "agnello al macello" (Is 53,7). Una preghiera che viene espressa nel cuore e con la bocca per evitare la dispersione e poter così ricominciare nonostante tutto questo tradimento con la Risurrezione. Fa da specchio a questa preghiera il discorso di addio agli anziani della comunità di Efeso Paolo. C'è la preoccupazione dell'apostolo delle genti per la presenza di lupi rapaci che cercheranno di diffondere false interpretazioni del cristianesimo. Sappiamo tutti che dopo la morte di Gesù e dopo la diffusione dell'evangelizzazione ad opera di Paolo nelle comunità serpeggiano diverse eresie atte anche a sviare dalla dottrina originaria. Paolo porta nel cuore questa preoccupazione e il suo pianto diventa preghiera. Mi piace pensare guardando a questa icona degli Atti degli Apostoli come sia importante riscoprire, come ci dice Papa Francesco, sull'onda anche di quello che afferma Sant'Ignazio di Loyola, il dono delle lacrime. Paolo ci insegna in questo brano che anche questo è segno della tensione evangelizzatrice. Gesù ci dice la lettera agli Ebrei ci dice che nella sua vita Egli elevò preghiere e lacrime (Eb 5,7). Paolo ci offre anche lui un esempio dell'importanza di queste ultime come proprio strettamente unite al pregare. Allora anche i nostri addii, dal nostro ambiente di lavoro, dai nostri ambiti pastorali e dico anche dai nostri distacchi da questa terra debbono essere caratterizzati da questo stile dove tutti coloro che ci hanno accompagnato o abbiamo accompagnato vengono offerti alla comunione del Padre e del Figlio perché siano inseriti in questa unità. |