Omelia (05-05-2024) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Giovanni 15,9-17 Ricordate, domenica scorsa concludevo l'omelia con le parole di Gesù: "Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici". Il Vangelo di oggi, VI domenica di Pasqua, riporta proprio queste parole! Potremmo chiamarlo il grande affresco sull'amore che Gesù di Nazareth dipinge per i suoi amici più intimi. È una sorta di testamento spirituale; e come ogni testamento assume valore vincolante alla morte del testatore, anche queste parole faranno da carta costituzionale della Chiesa nascente, quando il Signore avrà lasciato questa valle di lacrime e lo Spirito Santo della Pentecoste avrà fecondato la prima comunità, pronta ormai ad annunciare il Vangelo con le parole e con il dono totale di sé. Il primo elemento che il Vangelo odierno rivela è che l'amore con il quale Cristo ama i suoi discepoli - compresi noi! - è lo stesso con il quale il Padre ama Lui. Per tutta la pagina, il Signore mantiene l'intima relazione che lega Lui e suo Padre quale paradigma dell'amore cristiano. Gesù osserva i comandi del Padre: la Sua obbedienza è ciò che garantisce la durata nel tempo del vincolo; la condizione per rimanere nell'amore di Gesù è la stessa: rimanere fedeli ai Suoi insegnamenti. La sera in cui mangiarono insieme per l'ultima volta, i Dodici non avevano ancora "misurato" tutta l'altezza, la profondità, l'ampiezza del sentimento che il Maestro nutriva per loro... Il mistero della Passione e Risurrezione avrebbe fugato ogni dubbio, vinto ogni timore, superato ogni esitazione. Perché i fatti della Passione mostrarono loro e mostrano oggi al mondo intero, che quanto detto prima di entrare nell'orto degli ulivi, non fu solo un "dire", una di quelle frasi di circostanza che possono andar bene per tutto, cioè per nessuno... Quelle parole si sarebbero realizzate in fatti concreti. E, che fatti! Del resto, che senso ha parlare di amore eterno se poi si fanno distinguo tra chi merita e chi no? Che senso ha predicare il perdono, se poi si nutre rancore verso chi offende e uccide? Che senso ha augurare la pace, se poi si prende tempo, si proclamano diktat,... e intanto la pace si allontana ogni giorno di più? C'è un aspetto che credo sia doveroso chiarire: Gesù parla di amicizia, e intanto impone l'obbedienza ai suoi comandamenti... Se c'è un sentimento, un legame che non conosce vincoli, condizioni, obblighi e pretese è proprio l'amicizia. Giovanni ha ragione nell'esaltare l'amicizia come la forma più nobile ed elevata di amore; proprio per la totale libertà che la contraddistingue, rispetto al legame coniugale, per esempio, stipulato e regolato dalle leggi civili e religiose. Al tempo stesso, l'amicizia rivela il suo lato fragile in questa assoluta libertà: il vincolo nuziale che lega tra loro i due partners, non è solo una catena che scoraggia le trasgressioni alla fedeltà, e forse, ai nostri giorni, scoraggia anche le giovani coppie a compiere il passo. Il legame matrimoniale costituisce, prima ancora, una radice, dalla quale gli sposi possono trarre forza e vitalità. Questa forza, questa vitalità, l'amicizia può riceverla esclusivamente dal desiderio individuale di rimanere fedeli l'uno all'altro. Ma, allora, sti comandamenti che dobbiamo osservare per rimanere amici di Cristo, e Lui amico nostro? Tirare in ballo il rapporto di amicizia, non è forse un escamotage un po' furbetto, per addolcire la pillola della fede, che resta pur sempre un rapporto di soggezione e di obbedienza a Colui che è l'Onnipotente e come tale ha diritto di vita e di morte sull'uomo? Il rischio di pensarla così c'è... ed è proprio per questo che il Verbo si è fatto carne! Per mostrare coi fatti e non solo con belle parole che Dio vuole relazionarsi con noi non come un padrone con i suoi servi. Certo, la statura dell'Interlocutore - Dio fatto uomo - può spaventarci... Ma il sacrificio di sé da Lui compiuto dovrebbe - il condizionale è d'obbligo - convincerci che Dio non è come noi temiamo che sia: un giudice che, se non subito, alla fine del mondo, assolverà i buoni e condannerà i cattivi; ma un compagno di viaggio che sta sempre dalla nostra parte, cammina con noi, soffre con noi e per noi, gioisce con noi e per noi, pronto a tutto purché noi siamo felici, pur di conservare il nostro affetto... Rinunceremo a un Dio così?... a un Amore così? Se sì, allora vuol dire che non abbiamo capito il messaggio... qualcuno ce lo ha trasmesso in modo sbagliato, esagerando nei toni, strumentalizzando il Vangelo ad usum delphini... per manipolare le coscienze, per blandire le menti e cuori dei piccoli e dei deboli... Rifiuteremo il messaggio di Cristo?...e perché? Per orgoglio esagerato! O per ignoranza crassa quanto alla fede; ma anche quanto ai sentimenti... Sì, perché non abbiamo capito nulla sul valore dell'amicizia e sul prezzo da pagare per diventare anche noi amici-per-gli-amici. Il mio illustre confratello Tommaso D'Aquino, scrivendo a proposito dell'amicizia, dichiara che un amico è amico per l'amico: c'est-à-dire, vale a dire: l'amicizia è frutto di scelta libera - "non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi", dice il Signore -. E soprattutto: o l'amicizia è reciproca e simmetrica, oppure non è! Quando Gesù era in agonia, appeso alla croce, affidò a sua madre l'amico Giovanni, e a Giovanni Maria sua madre. Tra i due amici si era verificato ciò che i maestri di spirito definiscono "lo scambio dei cuori": il loro amore era talmente intimo e profondo che Giovanni era diventato per Gesù un altro "sé" e viceversa. Un amore così non è per tutti e non è di tutti. Vi auguro di trovare almeno una persona per la quale possiate nutrire un amore così grande, e per il quale possiate dire: "Per te io morirei!". Forse, soltanto allora, avremo capito qualcosa dell'Amore di Cristo per noi. |