Omelia (11-05-2024)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Gv 16,28b

Come vivere questa Parola?

Il piccolo versetto che ho scelto è inserito in una pericope più lunga che mette al centro il tema della preghiera. L'era nuova predetta dal Signore ai suoi consiste nella comprensione del rapporto reciproco che esiste tra il Padre e il Figlio e nella manifestazione di Gesù con il dono della preghiera. I discepoli non erano abituati a pregare nel nome di Gesù, ora invece, per mezzo dello Spirito inviato dal Padre è stato inaugurato il tempo nuovo in cui essi possono rivolgersi al Padre nel nome di Gesù, perché il loro Signore, in forza del suo ritorno in cielo è diventato il vero mediatore tra Dio e l'uomo. E' nella preghiera che i discepoli conosceranno l'intima relazione tra Gesù e il Padre e di questi con loro stessi. Ognuno di noi poi verrà esaudito perché esisterà, tramite lo Spirito Santo una intima conoscenza e reciprocità di amore vicendevole.


VIVO LA PAROLA: "Non vi lascio orfani"


La voce di un Papa e Dottore della Chiesa

Nella festa di Pasqua la risurrezione del Signore è stata per noi motivo di grande letizia. Così ora è causa di ineffabile gioia la sua ascensione al cielo. Oggi infatti ricordiamo e celebriamo il giorno in cui la nostra povera natura è stata elevata in Cristo fino al trono di Dio Padre, al di sopra di tutte le milizie celesti, sopra tutte le gerarchie angeliche, sopra l'altezza di tutte le potestà. L'intera esistenza cristiana si fonda e si eleva su una arcana serie di azioni divine per le quali l'amore di Dio rivela maggiormente tutti i suoi prodigi. Pur trattandosi di misteri che trascendono la percezione umana e che ispirano un profondo timore riverenziale, non per questo vien meno la fede, vacilla la speranza e si raffredda la carità. Credere senza esitare a ciò che sfugge alla vista materiale e fissare il desiderio là dove non si può arrivare con lo sguardo, è forza di cuori veramente grandi e luce di anime salde. Del resto, come potrebbe nascere nei nostri cuori la carità, come potrebbe l'uomo essere giustificato per mezzo della fede, se il mondo della salvezza dovesse consistere solo in quelle cose che cadono sotto i nostri sensi?

Perciò quello che era visibile del nostro Redentore è passato nei riti sacramentali. Perché poi la fede risultasse più autentica e ferma, alla osservazione diretta è succeduto il magistero, la cui autorità avrebbero ormai seguito i cuori dei fedeli, rischiarati dalla luce suprema.

Questa fede si accrebbe con l'ascensione del Signore e fu resa ancor più salda dal dono dello Spirito Santo. Non riuscirono ad eliminarla con il loro spavento né le catene, né il carcere, né l'esilio, né la fame o il fuoco, né i morsi delle fiere, né i supplizi più raffinati, escogitati dalla crudeltà dei persecutori. Per questa fede in ogni parte del mondo hanno combattuto fino a versare il sangue, non solo uomini, ma anche donne; non solo fanciulli, ma anche tenere fanciulle. Questa fede ha messo in fuga i demoni, ha vinto le malattie, ha risuscitato i morti.

Allora la fede, più illuminata, fu in condizione di percepire in misura sempre maggiore l'identità del Figlio con il Padre, e cominciò a non aver più bisogno di toccare nel Cristo quella sostanza corporea, secondo la quale è inferiore al Padre. Infatti, pur rimanendo nel Cristo glorificato la natura del corpo, la fede dei credenti era condotta in quella sfera in cui avrebbe potuto toccare l'Unigenito uguale al Padre, non più per contatto fisico, ma per la contemplazione dello spirito.

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, Papa


Roberto Proietti - robertocerreto82@gmail.com