Omelia (12-05-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Ascensione, universalità e creatività Luca nella sua esposizione che fa seguito al Vangelo descrive il compimento della vita terrena di Gesù e la sua dipartita materiale dall'esperienza diretta degli apostoli. Gesù cioè, terminato il suo pellegrinaggio di quaranta giorni dopo la sua resurrezione, adesso "ascende al Cielo", abbandona definitivamente i suoi rapporti interpersonali con ciascuno dei suoi e recupera in pienezza la sfera del divini, "sedendo alla destra del Padre", che secondo il linguaggio biblico vuol dire essere uguale a Dio. Come Paolo poi spiegherà, è normale che sia "asceso" poiché era prima "disceso". In un primo momento aveva voluto raggiungere gli uomini e intrattenersi con loro e pagare il loro prezzo sulla croce; adesso invece, ascendendo, vuole raggiungere la pienezza e portare a compimento definitivo il progetto di salvezza che era iniziato nell'incarnazione (Ef 4, 9 e ss.). Di conseguenza, glorificato e acclamato Signore datore di vita, è stato innalzato e adesso lo vediamo recuperare la sua vera dignità di Maestà divina. A dire il vero l'ascensione, in un certo qual modo si integra alla Pasqua, perché già appena risorto dai morti Gesù entra nella gloria e tale si manifesta ai suoi e ad altri nelle apparizioni. E' già elevato, approvato dal Padre, votato verso l"alto" e quindi verso l'Assoluto. Con questo episodio narrato in modo differente da Luca e da Marco, si vuole sottolineare che adesso la sua gloria è piena e definita, al punto che dal punto di vista tattico si distacca da noi e abbandona la realtà del quotidiano. Continuerà a restare accanto ai suoi in tutto il tempo in cui lo Spirito Santo animerà la Chiesa per renderla missionaria e mandataria del suo annuncio: sarà lui stesso a parlare e ad operare nelle opere degli apostoli grazie alla forza sostenitrice dello Spirito e la sua presenza certa e indubbia sebbene differente sarà sempre incoraggiante e di monito. In questo frattempo, nel quale procediamo come Chiesa verso il pieno compimento della sua rivelazione che si realizzerà all'epilogo della nostra storia, mentre di giorno in giorno edifichiamo non senza la sua presenza il Regno che lui è venuto ad apportare e che giungerà appunto in pienezza nel giorno del Giudizio, eccoci animati e spronati a vedere Gesù nella prospettiva della fede. A vederlo cioè non più sotto le garanzie della sensorialità e dell'esperienza diretta, ma con il fondamento della fiducia, dell'apertura e a coltivarne la stessa presenza immersi nella speranza. Secondo la sua stessa promessa, Gesù è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28, 20) e ci sprona a superare la paura che subentra sempre quando viene a mancare chi ci infondeva sicurezza con la sua presenza: in forza dello Spirito Santo promesso che verrà diffuso, colmerà la lacuna della sua assenza fisica con una presenza reale e ancora più consistente, perché diffusa in tutti i luoghi, contemporaneamente attiva e coinvolgente in ogni luogo in cui ci si riunisce nel suo nome e soprattutto dove nel suo nome si agisce. Gesù è invisibile, ma riscontrabile in quello che è il "fondamento delle cose che si sperano, nonché la prova di quelle che non si vedono"(Eb 11, 1), appunto la fede che è la risorsa primaria più congeniale per instaurare il rapporto con Dio, in Gesù Cristo fonte di vita e di salvezza. La fede non soltanto permette di riscontrare Gesù vivo e presente, ma anche di superare le inquietitudini, i dubbi, le perplessità e di riprodurci nella carità operosa e nella condivisione continua dello stesso Cristo. E' la fede che permette che vediamo oltre le apparenze per vivere intensamente la realtà e per elevare noi stessi sullo stesso esempio di Gesù Cristo asceso al Cielo. Siamo cioè spronati, nella misura il cui Gesù è Asceso, a intensificare la nostra ascesi. Non soltanto in ordine alla preghiera e alla spiritualità per innalzare lo spirito e liberarlo dalle effimeratezze e dalle voluttà passeggere affinché guadagni Dio; ma anche per accrescere noi stessi in fatto di vocazione e di edificazione personale: l'ascensione invita anche noi ad "ascendere", cioè ad elevarci e a progredire sotto tutti gli aspetti, a vincere la tentazione della mediocrità e delle abitudini consolidate per acquisire nuove esperienze, facendo fruttificare e allo stesso tempo accrescendo il nostro potenziale. Del resto, il cristiano non si ristagna e non si ghettizza in una sola realtà di comodo nella quale crogiolarsi o nella quale restare assuefatto, ma con rinnovata intraprendenza e discrezionalità, è protratto sempre in avanti, atto a progredire e a migliorarsi per edificare il mondo che lo circonda. Gesù che adesso siede "alla destra del Padre", ci invita proprio all'esercizio di questo progredire continuo che è istoriato da fiducia ed entusiasmo e ci rammenta il nostro obiettivo ultimo al quale aspiriamo non senza il preventivo impegno su questa terra, l'obiettivo della Patria dei Cieli. In ultimo, Gesù è tornato al Padre eppure è con noi, ogni giorno, in tutti i luoghi. La sua presenza ineffabile e misteriosa la si riscontra dappertutto, soprattutto dovunque vi siano i segni visibili della sua presenza invisibile, cioè i Sacramenti. Questo ci mette al corrente che, come lui è universalmente presente, anche la Chiesa non può mancare in nessun luogo, ma deve apportare il Vangelo che le è stato affidato in tutti i luoghi, configurandosi e sentendosi Chiesa universale, comunione e missione. Siamo tutti spronati a vivere in prima persona questa fede per esserne testimoni produttivi nella creatività e nell'universalità. |