Omelia (26-05-2024) |
don Michele Cerutti |
Se vedi la carità vedi la Trinità Mi perdonerete se parto per la nostra riflessione, sulla Santissima Trinità, da un filosofo non cattolico quale Kant che afferma, in una sua opera del 1798, Il conflitto delle facoltà: «Nel suo senso letterale la dottrina trinitaria quand'anche si credesse di comprenderla, è sotto il profilo pratico del tutto inutile, e le cose van peggio se ci si rende conto che essa supera tutti i nostri concetti. Che nella divinità si debbano venerare tre o dieci persone, il discepolo lo accetterà con la medesima leggerezza, dato che non riesce a farsi alcuna idea di un Dio in più persone (ipostasi), ma ancor più perché da questa pluralità non può dedurre regole diverse per la sua condotta». Per questo filosofo illuminista possiamo dire che nulla può essere conosciuto di Dio né attraverso l'esercizio della ragione, né per mezzo della Rivelazione, perché l'unica via ch'egli accetta per riconoscere un senso al termine "dio" è quella pratica, ossia il punto di vista morale. Quindi l'idea di "dio" è necessaria per garantire la compatibilità tra virtù e felicità. Per questo motivo la stessa Trinitas Deus non può che risultare del tutto inutile per Kant perché frutto di un passato lontano abitato da dispute incomprensibili tra fazioni cristiane, in cui si faceva gara per arrogarsi il titolo dell'ortodossia. Questo filosofo sembra dirci che questa domenica stiamo perdendo tempo in riflessioni astruse. Il cristiano sa, invece, che guardando alla Trinità abbiamo chiaro chi è Dio e da questo cambia anche il nostro modo di cambiare la vita. Non lasciamo prendere la scena a questi autori perché troviamo la risposta a Kant nei Padri della Chiesa che molti secoli prima hanno offerto alla nostra riflessioni pagine stupende su questo grande mistero. Essi ci fanno comprendere che la Trinità è il fondamento di ogni relazione esistente al mondo perché l'unico Dio non è un sasso, ma possiamo affermare che è una catena montuosa di conoscenza e amore perché il Padre trova la propria immagine nel Figlio Unigenito e lo ama nel flusso infinito dello Spirito Santo. San Giovanni Damasceno immagina le relazioni delle tre persone divine come una danza di amore come un circolo fantastico di persone che ‘danzano in cerchio', trattenendosi nel vincolo della conoscenza e dell'amore; talmente unite da costituire un Dio solo. Queste tre persone sono talmente diverse da proiettarsi l'una verso l'altra come in un vortice proprio di conoscenza e di amore. Agostino d'Ippona afferma ancor di più: Se vedi la Carità, vedi la Trinità. Quindi noi conosciamo questo mistero perché con la nostra umanità siamo uniti al Figlio che ci conduce al Padre e con lui ci elargisce lo Spirito Santo, ossia, quando diviene consuetudine per noi aderire all'amore di Dio che ci apre alla carità verso i fratelli. Lasciamo le altezze delle riflessioni filosofiche e teologiche per rimanere sul piano della nostra quotidianità. La Trinità ci insegna che non siamo delle isole a sé stanti ma se chiamati a vivere nel mondo a immagine e somiglianza di Dio dobbiamo essere aperti e bisognosi degli altri e di aiutare gli altri. Allora quel segno di Croce che facciamo per aprirci a quell'intimità con Dio dovrebbe ispirare tutto il nostro modo di pensare e di essere. Noi siamo stati creati a immagine di Dio tanto da portarne impressa l'impronta quindi siamo chiamati a rivelare la Trinità ogni giorno nel segno della comunione e dell'amore. Smontiamo quindi i Kant di sempre non con grandi disquisizioni filosofiche o teologiche. Diffondiamo il profumo della Trinità nelle scelte quotidiane con piccoli gesti di attenzione perché consapevoli che se vedi la Carità, vedi sicuramente la Trinità. |